Estate in città? Ferie già finite? Se siete di Milano o giù di lì, un modo magnifico per sentirsi (ancora) in vacanza è regalarsi qualche passeggiata per la città con lo Stradario sentimentale di Milano, scritto da Andrea Kerbaker, alla mano. E vi accorgerete, come già Fabio Concato nella sua Domenica bestiale del 1982, di quanto Milano "è bella prima che cominci a correre e ad urlare". Cosa che, puntualmente accadrà ai primi di settembre.
In realtà la lettura di questo libro è un piacere che può accompagnare qualunque momento dell'anno perché unisce la felice combinazione di una conoscenza diretta e personale di Milano (tanto che, a mio parere, la parola che definisce meglio il libro sta nel titolo, "sentimentale) a una straordinaria capacità di racconto. Ma partiamo dall'inizio, ossia dall'autore. Andrea Kerbaker, un passato nella comunicazione di Pirelli, è docente di Politiche culturali alla Cattolica di Milano, scrittore, direttore artistico, segretario del Premio letterario Bagutta e soprattutto grandissimo collezionista di libri. Arrivato a 30mila volumi, ha deciso di condividerli con i milanesi, e non solo, creando la Kasa dei libri (K dall'iniziale del suo inconsueto cognome), un bellissimo spazio che, nel tempo, è diventato un centro culturale con un denso e interessante programma di eventi e incontri. Poi i libri sono aumentati e oltre alla Kasa dei libri esiste anche un Kapannone dei libri, ad Angera, nel Varesotto. Kerbaker è animato da un profondo amore per la sua città, sviluppato fin da ragazzino quando i giri in bicicletta diventavano sempre più larghi e ampi e lo portavano fino a Baggio, Gorla, Greco, quartieri che negli anni 20 del Novecento erano ancora paesi a sé stanti e invece poi sono entrati a far parte della grande Milano.
In questo volume, che segue, pur senza esserne la continuazione, la Milano in 10 passeggiate, pubblicato, sempre per BUR, nel 2021, Kerbaker sceglie quelle vie che nella sua vita hanno significato qualcosa e che, per un motivo o per l'altro, non erano entrate nel volume precedente. Ma che, in realtà, premevano per essere raccontate, quasi avessero preso a male l'esclusione. E allora l'autore sceglie, sulle oltre 4.500 strade milanesi, una quarantina di indirizzi, da via Amantea a via Trivulzio, in ordine alfabetico e ci porta per mano lungo un itinerario che da personale diventa condiviso. Sia che quelle vie ci dicano qualcosa sia che ancora non le si conosca. Perché ogni capitolo, dedicato a una via, una piazza, un largo, diventa un racconto che si intreccia con la Storia, con la letteratura, grazie al ricordo dei grandi nomi che in quella determinata via abitarono per poco o tanto tempo, con la musica, con il cinema, con l'architettura, con la società, la politica, la scienza, il giornalismo, lo sport, la pittura.
Ecco allora via Bagutta, con la trattoria, in cui nacque il famoso premio letterario, frequentata da Riccardo Bacchelli, Orio Vergani, Cesare Zavattini, solo per citare alcuni grandi dell'epoca, o via Bigli che ospitò niente meno che due premi Nobel, Eugenio Montale e Albert Einstein, o piazza Buonarroti, che conserva gelosamente (tanto che pochi ne sono a conoscenza) la tomba di Giuseppe Verdi, raffigurato nella statua posta nel mezzo dell'aiuola. Si passa poi per la via Gluck cantata da Adriano Celentano o la via Mecenate percorsa adesso, come in passato, dai giovanissimi aspiranti tennisti. e ancora la via Milazzo del Cinema Anteo, vera e propria istituzione culturale della città o il viale Monte Rosa dove nacque il primo supermercato Esselunga. La Piazza dei Piccoli Martiri dove una bomba sganciata da un aereo, nel 1944, centrò una scuola uccidendo più di 180 bambini o la via Trivulzio, sede della Baggina, il Pio Albergo Trivulzio dal quale partì l'epopea di Mani Pulite.
E insieme a Kerbaker scopriamo quanto Milano sia cambiata, è forse la città che meno conserva: quando decide di mettere mano a una zona rade al suolo e riparte.
Non penso di essere misoneista, ma certe volte mi domando se davvero quest'ansia di ripartire da zero che la nostra contemporaneità milanese mostra o ogni piè sospinto non sia soltanto un gigantesco spreco (p. 192)
Un continuo mutar volto che tiene Milano sempre al passo con le metropoli del mondo, vedi la pletora di grattacieli che, in ossequio alla modernità architettonica, hanno cambiato il volto umano di alcune zone. Ma che forse non è sempre sempre apprezzata dai cittadini. Con il pensiero che corre, poi, agli scandali dell'urbanistica che stanno riempiendo le pagine dei giornali. Ma questa è un'altra storia.
Poi la megalomania della Regione ha portato al gigantesco grattacielo firmato Pei (quello che ideato la Piramide del Louvre, per intenderci). Per la nuova torre altissima gli architetti hanno sempre smaniato, i cittadini assai meno (p. 99).
Si sta qui parlando di via Melchiorre Gioia, rigorosamente da citarsi con nome e cognome, non azzardatevi a Milano a chiedere indicazioni per via Gioia, pena fare la figura irrimediabile del "giargiana".
Lo stile che permea il libro è talmente pulito, bello, evocativo che è impossibile non rimanerne incantati. Piacevolissimo sia per chi ama e frequenta Milano, come me, pendolare per lavoro da oltre trent'anni... io che, cremonese, neolaureata a Pavia, dissi "Voglio lavorare a Milano", attratta da questa città-simbolo, e così è stato. E ancora ne sono felice. Io che puntualmente vorrei vedere molto di più del tragitto Rogoredo-via Burigozzo (negli anni, in realtà, molto di Milano ho visto), io che fantastico sulle destinazioni dei tram che prendo per un breve tratto. Come avranno fatto generazioni di tifosi che hanno preso il 15 per andare allo stadio, destinazione Axum (città etiope scelta per dare lustro alle nostre avventure coloniali). Ma il libro è prezioso anche per chi Milano non la conosce e vuole una farsi un'idea della città che è, che fu e che sarà. Perché "certe volte la topografia a Milano fa la Storia" (p. 178).
Sabrina Miglio
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