Santelli, ottobre 2024
L’estate significa vacanze, costumi da bagno e gelati. Voi cosa preferite, cono o coppetta? Io personalmente la
coppetta: difficilmente ho trovato cialde di cono davvero buone, senza
tralasciare la comodità logistica di un contenitore su cui fare affidamento.
Su questa domanda, apparentemente banale, si appoggia l’ultimo romanzo di Mirko Zullo, Se la vita ti offre limoni, edito da Santelli. Marco, il protagonista, è un ragazzo, per sua stessa definizione, inconcludente e insicuro. Non sa nemmeno scegliere tra cono o coppetta – appunto – e si muove sulla base di entusiasmi che si sgonfiano ben presto. È fidanzato con Maria, segretaria in uno studio legale, dalla vita che scorre liscia su dei binari lineari, con destinazioni note. Due su tutte: lavoro fisso e stabilità.
Qui si osserva una prima dicotomia, due lati di una moneta,
la stessa che Marco vorrebbe lanciare ogni volta che si trova di fronte a una
decisione da prendere.
La stessa che l’autore ci mette in mano, e non per pagarci
il gelato di cui sopra, ma per proporci un losco gioco d’azzardo: vita lineare
e già decisa o corse pazze a cavallo di unicorni all’inseguimento di sogni più
veloci di aquile, scomodando il sommo Battiato?
La risposta sembra facile, almeno dalle nostre poltrone.
Marco comunque è convinto di non avere scelta: forse anche per questo accetta
il lavoro che gli offre Jacopo, bizzarro personaggio ferito dalla vita e
guarito a modo suo. Gira senza scarpe, indossa due orologi sullo stesso polso e
si fa accompagnare da un cagnolino cardiopatico. Si tratta di un lavoro come
regista di film a luci rosse. Ecco che Zullo ci passa un’altra moneta, più
grande, più pesante, che vale di più: accettare o no?
Marco accetta, dopo un lungo discorso circa l’etica e la morale, e dopo aver vacillato alla domanda di Jacopo: «Se la vita ti offre limoni, tu Marco ti fai una limonata o un gin-tonic?» (p. 23). Marco non risponde, probabilmente sta ancora pensando se preferisce cono o coppetta, ignorando Zullo e Jacopo farsi l’occhiolino. Tuttavia, decide di non dire nulla alla propria fidanzata, iniziando a mentire. Durante questo dialogo è chiaro ormai che Zullo non ha intenzione di andarsene, intento a cercare altre monete da passarci. La sua presenza è ingombrante ma per nulla fastidiosa. Dirglielo o no, al proprio partner?
Marco vorrebbe, immagina le parole da usare, le motivazioni
da dare, le scuse da inventare. Maria – d’altro canto – inizia a capire che c’è
qualcosa di poco chiaro, ma invece di affrontare il fidanzato, affida i suoi
pensieri a un diario. Zullo ci prova ad offrire qualche moneta anche a lei, ma
non raccoglie, in tutti i sensi. Si mette a correre, dietro alle bugie di
Marco, dalle gambe più lunghe del previsto, raggiungendole e braccandole.
Questa rivelazione non rovina la lettura, e non si può
nemmeno considerare spoiler, perché l’obiettivo dell’autore non è raccontare
una storia tra due fidanzati. È troppo impegnato a passarci monetine.
Quello che di primo acchito sembra un romanzo di formazione,
con un antieroe da manuale, si rivela un libro profondo, che rimaneggia e
fornisce moderne interpretazioni al più classico dei dilemmi, con la differenza
che Marco non stringe tra le mani un teschio, ma un gelato, un limone, una
moneta o qualunque cosa che comporti una scelta.
A far da sfondo, Genova con il suo mare, infestata da un
velo di malinconia. Una malinconia di quelle buone, che trasforma i ricordi non
in foto in bianco e nero ma almeno in tonalità seppia. Tutto ciò che Marco
racconta è esposto con rara sensibilità e nostalgia, arricchendo la lettura di
momenti indimenticabili ai quali si penserà a lungo, anche dopo la fine del
libro.
Persino la descrizione dei set di ripresa è in linea con la
strategica scelta stilistica con cui si sviluppa la narrazione: si parla di
attori colorati e chiassosi come fenicotteri, in netta contrapposizione con il
legno scuro della boiserie dello studio dove lavora Maria. Si può quindi
considerare profetica e paradossale – in tutti i sensi – la comparsa di Suor
Carlotta, migliore amica di Marco, che si farà carico delle confidenze di Marco
e Maria, non tanto tra sacro e profano ma tra aspettative e realtà, forse
l’unica moneta che ognuno di noi vorrebbe lanciare, per toglierci l’oneroso
compito di provare a realizzare i nostri sogni. Lo stesso Marco dice che «è
facile, molto facile, innamorarsi dei propri sogni. Molto più facile che
tentare di concretizzarli» (p. 16) e che «quasi sempre, nella vita, non
sono i propri sogni a essere sbagliati, ma le persone con cui cerchiamo di
realizzarli» (p. 28).
Ma Zullo questa moneta non ce la passa, probabilmente ne è
sfornito anche lui. L’unica cosa che possiamo fare è guardare tutte quelle già
lanciate fino a qui e chiederci se avremmo voluto che cadessero dall’altro
lato. O se addirittura potevamo ambire, ogni tanto, a monete completamente
diverse. Perché tra cono e coppetta, almeno a Genova, si può anche scegliere un
bel pezzo di focaccia.
Giovanna Scalzo
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