È proprio in questo spazio fragile, tra la paura e il desiderio di dire ciò che si prova, che si inserisce il racconto di una storia come tante, eppure unica. Una storia che non ha bisogno di urlare per farsi sentire, perché parla sottovoce, con l’intensità delle emozioni trattenute. Un racconto che ci mette davanti a quello specchio in cui raramente osiamo guardarci davvero: quello dell’onestà emotiva, del coraggio di lasciarsi andare, dell’umana inclinazione a restare in silenzio quando sarebbe invece il momento di parlare.
Con Dovevo dirti una cosa, Alberto Madrigal ci offre una narrazione delicata e profonda, illustrata con acquerelli che sembrano sciogliere la durezza della realtà e renderla più simile a quel mondo interiore che spesso preferiamo nascondere. Non è solo una graphic novel: è un invito a sentire, a riconoscere quanto sia rivoluzionario scegliere la sincerità, anche quando è scomoda.
Dovevo dirti una cosa è un titolo che pesa. Non per la sua lunghezza, ma per tutto ciò che lascia sospeso. È una frase interrotta, come se qualcuno ci parlasse al telefono e poi, proprio mentre sta per dirci qualcosa d’importante, cadesse la linea. Alberto Madrigal non racconta una storia fatta di grandi eventi, né di colpi di scena: racconta piuttosto quel momento esatto in cui si potrebbe cambiare tutto, e non lo si fa. Il cuore della sua narrazione sta lì, tra il desiderio e la rinuncia, in quel millimetro esistenziale dove si decide se dire la verità o lasciarla morire sul bordo delle labbra.
È così che le passioni si addormentano. Che l’amore, anziché incendiarsi, si ritira su se stesso. Dovevo dirti una cosa è una riflessione profonda sul modo in cui evitiamo di farci attraversare dalle emozioni, come se viverle fino in fondo potesse romperci. Madrigal, con la tenerezza di chi conosce bene le pieghe dell’animo umano, ci racconta una quotidianità in cui molti si riconosceranno: quella in cui si resta fermi, mentre tutto dentro urla per muoversi. Angela e Roberto sono due protagonisti che, nonostante l'apparente vicinanza, si trovano intrappolate in un silenzio emotivo che mina la loro relazione. Questo silenzio non è solo l'assenza di parole, ma un muro invisibile costruito da paure, insicurezze e incomprensioni. Angela, nel tentativo di liberarsi da questo peso, decide di seguire l'istinto, mentre Roberto si rifugia in una realtà parallela, quella dei libri, sperando che la finzione possa offrire risposte alla sua vita. Angela, in questo senso, appare come un personaggio che ha iniziato ad ascoltare le sue necessità. È lei che, lentamente, si sposta dal centro del compromesso verso la periferia della ribellione, della sincerità scomoda. Roberto, al contrario, rappresenta la fuga. La paura. L’illusione che la finzione — nei libri, nelle scuse, nei silenzi — possa proteggere da un dolore più grande. Ma la verità, come l’acqua, trova sempre una crepa da cui passare.
Madrigal esplora con delicatezza come il non detto possa essere tanto potente quanto le parole espresse. Il silenzio diventa un personaggio a sé stante, che guida le azioni dei personaggi e determina il corso degli eventi. La mancanza di coraggio nell'affrontare le proprie emozioni crea una distanza che, se non colmata, rischia di diventare incolmabile.
L’acquerello, con la sua natura effimera e trasparente, diventa così metafora del non detto, del fragile equilibrio tra ciò che si prova e ciò che si lascia trapelare. Come le emozioni dei protagonisti, anche il colore si muove per accenni, per dissolvenze. Non urla. Ma resta.
Dovevo dirti una cosa non è un’opera che dà risposte. Non propone soluzioni, non promette lieti fine. Ma, come tutte le opere oneste, ci restituisce un frammento di verità. Ci chiede di guardare con più attenzione alle cose che non diciamo, alle scelte che evitiamo, alle emozioni che mettiamo sotto chiave. E lo fa con una dolcezza disarmante, con la grazia di un autore che sa che non serve gridare per colpire nel profondo. È una graphic novel per chi ama le pause. Per chi si ferma a guardare la luce che filtra tra le tende. Per chi sa che la vita, spesso, accade proprio lì: tra quello che abbiamo avuto il coraggio di dire… e quello che è rimasto indietro.
Serena Palmese
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