di Susan Stockes-Chapman
Neri Pozza, Febbraio 2025
Traduzione di Alessandro Zabini
pp. 448
€ 22 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Un romanzo storico che si intreccia al mondo misterioso delle ombre e delle tradizione folkloriche del Galles. Ancora una volta Susan Stockes-Chapman, acclamata autrice di Pandora, ci affascina con le sue ambientazioni e le ricostruzioni storiche di un mondo antico e trasognato, ma anche liminare, al confine tra magia e verità.
Henry Talbot è un chirurgo molto rinominato a Londra, che per una diagnosi sbagliata viene tagliato fuori dai maggiori ospedali della capitale ed è costretto ad accettare un incarico da medico di campagna, in un lontano paesino del Galles, Penhelyg nel Meirionydd. Qui conoscerà l’uomo che lo ha ingaggiato, il nobile Julian Tresilian, lord di un villaggio amministrato dalla cugina Gwen, affetta da una strana forma di malattia mentale. e dalla figlia Linette, orfana di padre e dai modi molto mascolini.
L’accoglienza del giovane medico inglese, da parte di una comunità in passato umiliata da precedenti padroni inglesi, non sarà facile. Inoltre Julian è spesso assente, per seguire i suoi affari fuori dal villaggio e per questa ragione vuole capire se anche la cugina Linette, a cui è affidata la gestione del patrimonio di famiglia, sia destinata ad una vita in preda alla malattia mentale.
Henry, uomo di scienza, sarà messo a dura prova dalla nuova vita, tra difficoltà linguistiche legate al gallese e superstizioni per lui incomprensibili. Tuttavia sembra che strani eventi si verifichino in quelle terre, dove scienza e magia vanno a braccetto e mal si conciliano nella mente del pragmatico chirurgo, chiamato in passato anche a far da consulente per la polizia londinese, proprio per le sue capacità di analisi molto sviluppate.
La prima cosa che non torna è proprio la presunta malattia mentale della madre di Linette, la quale, a sua volta, nonostante con il suo atteggiamento non possa di certo definirsi una perfetta gentildonna, non sembra per niente “fuori di testa” come vorrebbe far credere il cugino.
Henry scopre invece un mondo di pratiche occulte, alchiliche e molto esclusive, che affascinano i nobili del posto e che sembrano affondare le radici in un passato che accomuna anche la famiglia Tresilian e di cui, in un finale ricco di colpi di scena, scoprirà anche le connessioni legate alla sua stessa persona.
Il vero cuore del romanzo è l’equilibrio sapiente tra il rigore della ricostruzione storica — il Galles del 1783 è restituito nei suoi suoni, nei suoi odori, nelle sue contraddizioni — e l’atmosfera sospesa, quasi onirica, che avvolge personaggi e luoghi.
La scrittrice sa come giocare con il confine tra reale e immaginato, tra scienza e superstizione, con una voce tutta sua: più luminosa, meno gotica, più innamorata del folklore che del terrore.
Il piccolo villaggio gallese diventa una creatura vivente: ostile e materna, silenziosa e piena di segreti. Le descrizioni degli ambienti naturali — il bosco, la brughiera, il mare grigio che lambisce i confini — sono costruite con una delicatezza che richiama le pennellate impressioniste.
Henry Talbot è un protagonista affascinante nella sua fragilità: scettico, disilluso, ma ancora capace di stupirsi. Linette Tresilian, invece, è una figura femminile potente, anche se in modo silenzioso: non la classica eroina ribelle, ma una donna che lotta a suo modo per affermare la propria identità in un mondo che tende a definirla con categorie sbagliate.
Rispetto al precedente, questo libro si presenta come un’opera più matura: meno dipendente da un unico mito classico, più radicata in una tradizione culturale e popolare che si insinua in ogni dialogo e in ogni svolta narrativa. Si potrebbe accostare al filone dei romanzi storici “gotici ma solari”, come The Essex Serpent di Sarah Perry, dove il soprannaturale non si impone con la violenza dell’horror, ma scorre come un sussurro dentro la trama stessa della realtà.
È un romanzo che non si limita a raccontare una storia: ci accompagna dentro un territorio di confine, dove il sapere scientifico si sfalda di fronte all’antico potere delle leggende, e dove le ombre non sono soltanto presenze da temere, ma messaggeri di una verità più profonda.
Susan Stokes-Chapman costruisce un intreccio in cui ogni personaggio si muove tra le rovine di ciò che è stato perduto e la speranza di ciò che potrebbe ancora essere trovato. Henry Talbot e Linette Tresilian non sono eroi nel senso tradizionale: sono anime segnate, fragili, che imparano a sopravvivere non cancellando le proprie paure, ma attraversandole.
Tutto questo ci insegna che a volte aprire una porta non significa trovare risposte semplici, ma accettare il mistero. Accettare che ci sono cose che non possiamo spiegare, e che proprio in quella zona d’ombra si annida la parte più autentica di noi.
In fondo, come suggerisce questo romanzo raffinato e inquieto, il confine tra luce e oscurità non è mai netto. È un varco sottile. Sta a noi scegliere se attraversarlo o chiuderlo a chiave e seppellirlo.
Samantha Viva
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