Un ragazzino sta affondando nel mare nero; una luce gli indica da che parte si trova la superficie ed emerge su una spiaggia del Siam il 4 luglio 1807. William Roberts, primo ufficiale di fregata, lo salva, lo accoglie sulla nave di cui è temporaneamente al comando e promette di riportarlo in Inghilterra. Il ragazzino, che ricorda solo di chiamarsi Abel, sembra un marinaio con esperienza e abilità che vanno molto al di là dei suoi anni.
A Plymouth, le tre giovani figlie del capitano Stevenson gestiscono la locanda di famiglia come meglio possono. Il fatto che il padre, dopo un’impeccabile carriera, sia stato accusato di omicidio e tradimento non sta giovando agli affari. Con la tenerezza che riserverebbero a un fratellino, accolgono Abel sotto il loro tetto mentre Roberts fa una corte discreta alla maggiore delle figlie.
Poche vie più in là, Rebecca, capelli rossi e occhi verdi che sono l’Irlanda regala, gestisce un bordello, ma il suo cuore e il suo corpo sono per il massiccio Nathan Macleod, comandante di una delle navi della Compagnia delle Indie. A dispetto del detto che recita che un marinaio ha una donna in ogni porto, Nathan sogna di poter mettere piede a terra e creare una famiglia con Rebecca.
Poco fuori dal porto di Plymouth, appena oltre una leggera foschia, occhieggia quello che sembra essere il profilo di una terra, di un porto. Il luogo non è visibile a chiunque, ma chi lo vede, come Abel e Rebecca, non possono fare a meno di dirigere sempre lì lo sguardo, come se casa li stesse chiamando.
Oltre a queste suggestioni di atmosfera la poesia e le storie già scritte e già dette sono il filo conduttore che permette, ogni tanto, di scorgere al di là della caligine per capire da dove viene Abel, perché Rebecca non vuole accasarsi con Nathan e cosa c’è dietro la vicenda del capitano Stevenson. «Ne ho abbastanza delle tue stupide storie! Mesi a cercare di dirmi qualcosa attraverso i libri…» (p. 118) esplode il giovane Abel quando non riesce a recuperare la memoria per sapere com’è finito in mezzo all’oceano e cosa lo lega alle figlie di Stevenson. Ma le storie sono uno strumento per vivere. Tra i versi di Blake, Coleridge e Wordsworth i personaggi cercano i motivi universali che li portano e vivere e seguire il tracciato del destino prima di poter accettare la pace che il porto fuori da Plymouth sembra promettere.
È un’opera dall’intensa delicatezza emotiva. Il dolore di Rebecca, costretta a prostituirsi dopo la morte del fratello maggiore nelle miniere di carbone, è vivido, ma pacato, simboleggiato dal piccolo cristallo di rocca dal quale non si separa mai. Le figlie di Stevenson nascondono, dietro una scanzonata sorellanza alla March, lo strazio per la perdita dell’amatissimo padre e la preoccupazione per un futuro in cui tre fanciulle nubili non sono libere né autonome tanto che la maggiore deve riflettere sulla corte di Roberts e la mediana sfoggia un’esuberante sensualità che è più una posa, un modo per guadagnarsi l’indipendenza con quella che ritiene essere l’arma migliore a disposizione di una donna. I “rudi” uomini di marina non sono da meno. Capaci di emozionarsi per le poesie sugli albatri e consapevoli che ci sono molti misteri nelle acque sotto i loro piedi, incarnano una versione romanticizzata della vita marinara che ha il pregio di indagare in profondità nelle debolezze maschili. Nathan Macleod, omaccione dal tocco delicato, passa dal nutrire gelosia verso Abel, al vederlo come il figlio che lui e Rebecca potrebbero avere: nonostante l’amore per il mare, sarebbe pronto a rinunciare a tutto se solo la donna accettasse di stare con lui. Gli uomini che navigano con lui sono ora saggi dispensatori di consigli, spietati rivelatori di verità o astuti doppiogiochisti. È un’avventura ricca di rivelazioni, riflessioni e colpi di scena che porta, in un più di un’occasione, a commuoversi.
Tutto il disegno è affidato al tratto di matita, senza colori. Delicato, come se fosse uno schizzo che un marinaio ha tracciato per ricordarsi un porto o una spiaggia – ed è proprio con un disegno che inizia l’opera – crea volti vividi, movimento nelle scenografie quasi si potesse sentire il vento soffiare tra le
pagine e il mare rumoreggiare.
Teresa Radice e Stefano Turconi, dopo l’ultimo tratto al Porto proibito, non se la sono sentita di abbandonare le atmosfere di quella che, forse, è la loro opera più famosa. Le ragazze del Pillar, uscito nel 2019, racconta, in episodi autoconclusivi, alcune vicende delle prostitute che lavorano al Pillar to Port, il bordello gestito da Rebecca.
Uscito per la prima volta nel 2015, Il Porto proibito ha fatto incetta di premi come Miglior Graphic Novel a Lucca Comics del 2025 e Miglior Fumetto a Napoli Comicon 2016. Anche senza tutti i riconoscimenti, è una storia che trasporta nell’atmosfera di inizio Ottocento inglese e fa desiderare di prendere la prima nave per sentire lo sciabordio delle onde di matita sotto i nostri piedi.
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