Oltre seicento pagine per un esordio narrativo dicono già qualcosa di Mara Carollo, insegnante in una scuola superiore vicentina. Tanto per cominciare, suggeriscono una sua fedeltà al romanzo otto-novecentesco, quello di ampio respiro, che mette al centro della narrazione una vita sola, a partire dalla quale si dipanano relazioni, pensieri, emozioni e sentimenti. Eppure c'è quell'occhieggiare la Storia senza che questa fagociti la narrazione principale, che è invece un tratto contemporaneo. In secondo luogo, oltre seicento pagine danno tutto il tempo per accompagnare la vita in minore di una protagonista alle prese con l'epopea del suo quotidiano: Caterina.
Nelle primissime pagine conosciamo una Caterina bambina che osserva con diffidenza un uomo che è appena tornato a casa dalla Prima guerra mondiale: è suo padre, provato dalla guerra in trincea, affetto da un'evidente sindrome da stress post-traumatico. Tutta la famiglia lo accoglie con gioia, come se fosse un miracolo, ma Caterina non capisce cosa trovino in quell'uomo triste, magrissimo e sporco, che fatica a stare in piedi e ha portato i pidocchi in casa. Anziché con lui, Caterina preferisce passare il suo tempo con Mario: benché siano solo un paio d'anni a separarli, Mario sembra conoscere molte più cose della vita. E quando inizia a leggere e a scrivere, Caterina, ancora lontana dall'età scolare, decide di cavarsela da sola.
E cavarsela da sola è un fil rouge che percorre l'intera opera, accanto al desiderio di Caterina di andarsene dal paesino montano per poter vivere diversamente da sua madre, lontana dai sacrifici quotidiani e dalla miseria. Basta con gli animali da far pascolare, basta con le zuppe che mettono insieme quel poco che resta, basta con la manciata di monete nascoste in casa: Caterina vuole studiare, andare almeno in una delle città che il nonno le ha nominato, magari vedere il mare. E per un po' di tempo pensa che, se Mario farà anche in quel caso da apripista, lei non resterà indietro.
Così l'infanzia e l'adolescenza di Caterina ci fanno intravvedere una determinazione straordinaria nel cercare di perseguire il suo sogno di cambiamento, sogno poco compreso dai genitori, dai fratelli e dalle sorelle. Loro vogliono bene a Caterina, ognuno a suo modo: non capiscono perché non si voglia sposare come tutte le altre, né perché la ragazza si ostini a voler lavorare.
Essendo un romanzo di trama, non si può anticipare molto, se non una caratteristica particolare, che distingue l'opera da tante altre presenti sul mercato: Mara Carollo non vuole rassicurare a tutti i costi, né ha creato un'eroina che perseverando riesce in tutto ciò che si è prefissata. Perché la vita non va così. Viceversa, Caterina ha dei sogni che devono essere rivisti, riadattati alla luce degli imprevisti che si abbattono su di lei e sulla sua famiglia. E dunque l'imperativo di realizzarsi viene sempre più spesso sostituito dalla necessità di rimandare e intanto resistere.
Allo stesso modo, capiamo fin dalle primissime pagine che Mario è una figura rilevantissima, è il primo amore che fin dall'infanzia si coltiva senza nemmeno saperlo, eppure – complici incomprensioni ed eventi sconvolgenti durante la Seconda guerra mondiale – il rischio di perdersi è grande. Così, senza disillusione ma anche senza false melensaggini, Promettimi che non moriremo racconta anche l'evoluzione di un amore idealizzato. Mario è spesso il pensiero che tiene in vita, la speranza per il futuro, quando il presente va in pezzi. Si tratta di un'illusione o semplicemente di una singolare forma di amor de lonh novecentesco?
Promettimi che non moriremo attraversa tutto il Novecento accelerando notevolmente nel raccontare gli ultimi decenni della vita di Caterina, tratteggiando accanto a lei personaggi ben caratterizzati, che si inseriscono bene nella struttura dell'opera, senza nemmeno uno stridore. Anche per questo il romanzo d'esordio di Mara Carollo merita una lettura se volete un'opera che tenga compagnia per ore di suspense e di speranza, senza alcuna forzatura di trama o di forma.
GMGhioni
Social Network