La famosa luce olandese è così famosa perché viene riflessa dall'acqua, che si comporta come un enorme specchio, e per rappresentarla al meglio i paesaggisti olandesi del XVII secolo tracciavano l'orizzonte molto in basso nei loro quadri. Nei Paesi Bassi l'orizzonte non è che una linea retta, di per sé di una noia mortale. [...] Non è la terra o il mare, ma quello che succede sopra a rendere quel luogo ideale per i pittori. I maestri olandesi del XVII secolo capirono di cover cercare tensione e intensità sopra l'orizzonte, in quei cieli giganteschi in cui le nuvole affrontano silenziose battaglie cambiando ogni momento posizione e intensità. (p. 50)
Jan Brokken ci porta, con la perizia della sua voce narrativa, a conoscere le silenziose battaglie delle nuvole, l'intensità di un giallo o l'ineffabilità di un viso, nella visione dei pittori. La scoperta dell'Olanda, candidato al Premio Strega Europeo 2025, è un inno alla trasfigurazione artistica, alla bellezza delle piccole cose, fissate dallo sguardo dei pittori.
Poco lontano da Amsterdam, a Volendam, si trova un hotel sospeso tra terra e cielo e dighe e campi. Il vero protagonista del nuovo libro – non so se sia possibile chiamarlo "romanzo" – di Jan Brokken è proprio l’hotel Spaander, fondato nel 1881 e, dopo varie vicissitudini, aperto ancora oggi. La sua insegna è il dipinto di un uomo sorridente con una mano sporca di tempera blu e la scritta: «Benvenuto, artista». Nei suoi centocinquant'anni di vita, lo Spaander ha ospitato migliaia di artisti da tutto il mondo. Il libro ci parla delle loro vite, delle loro passeggiate per i canali, del modo in cui sceglievano i modelli per le loro tele. Brokken si chiede cosa abbia spinto americani, francesi, tedeschi, inglesi ad arrivare a Volendam, a trovare in quell'albergo un rifugio. Le pagine del libro ci accompagnano alla scoperta di ciò che tanti talenti da tutto il mondo hanno inseguito e cercato di catturare sulla tela a Volendam: la luce unica dell’Olanda. La luce e la bellezza, ma anche la fissazione dell'attimo, del gesto quotidiano, del silenzio di un mattino.
Quello che fa la luce, Di primavera e morte, Bianco notte, Ciò che disse, C'è tutto. Soprattutto quest'ultimo è un bel titolo; c'è tutto, è vero, bisogna solo accorgersene e saperlo cogliere, come fanno i poeti, o i pittori. (p. 14)
Si comincia con l'incontro di Brokken con il poeta Hans Tentije, con cui nel 1980 aveva visitato lo Spaander:
Pavimenti scricchiolanti, luce chiara che dall'acqua entrava nell'hotel diffondendosi sulle pareti coperte di dipinti. Bevemmo un caffè col latte; il poeta si accese la pipa e si mise a raccontare pensieroso, ora fissando lo sguardo sul volto rugoso di un pescatore dipinto in tonalità aspre e rosse, ora lasciandolo vagare liberamennte sull'acqua, un'acqua salmastra che un tempo era salata. (p. 13)
Nella poesia di Tentije, nelle tele che affollano le pareti dello Spaander e nelle pagine di Brokken, troviamo «acqua ovunque, vento nelle orecchie, gabbiani che volteggiano in un cielo argentato» (p. 15). Cosa cerca Brokken, narrando la vita dei tanti (da Monet a Picasso, da Kandinskij, Signac, Joseph Beuys, fino ad arrivare a Marcel Proust) che soggiornarono all'hotel Spaander? Nei riti antichi della comunità di mare di Volendam, lontani dal caos delle grandi capitali europee, gli artisti cercavano ciò che l'arte cerca da sempre: la Bellezza. A Volendam, questi artisti vissero in un mare di luce che illumina tutto ma non chiarisce nulla (citando ancora un verso di Tentije).
Leggendo il libro di Brokken viene subito la voglia di preparare uno zaino, mettendoci magari dentro matita e taccuino, e partire, andare a cercare ciò che La scoperta dell'Olanda ci mostra. Il volume, infatti, è impreziosito dalle immagini a colori dei quadri che hanno immortalato Volendam e così questo libro è anche un libro di arte, che immortala il momento d'oro dell'Olanda nell'immaginario degli artisti stranieri. Ciò che vi è di sorprendente, scrive Jan Brokken, è proprio che lo stesso paese che agli olandesi appariva antiquato nei suoi costumi tradizionali, fosse agli occhi degli artisti stranieri un luogo magico, pregno di visioni.
Evidentemente è molto difficile vedere ciò che c'è di speciale dietro l'angolo di casa nostra. Abbiamo bisogno che siano degli estranei ad aprirci gli occhi. Gli artisti inglesi, svedesi, tedeschi, francesi, americani, vedevano nei costumi tradizionali la forza dell'unità, della tradizione, dell'appartenenza, la prova visibile di un impegno e di uno stile di vita sano e, soprattutto, la ricerca della bellezza nel quotidiano. (p. 47)
Non sorprende che lo stesso Proust, per altri versi così restio a muoversi da casa, sia arrivato qua. Come non pensare alle pagine che dedica al muro giallo di Vermeer che ebbe tanta presa in Bergotte? Con il gusto dell'aneddoto e la prosa di un grande viaggiatore che narra i luoghi visitati, Brokken ci racconta le vite rocambolesche e avventurose degli artisti, ma attraverso di loro narra – da un piccolo punto appartato d'Europa – la Storia europea. Ma narra anche il popolo olandese, la sua faticosa lotta contro una Natura ostile, perché proprio il sistema di dighe e la sfida alle acque mostrano ancora una volta
che Dio ha creato i cieli e la terra, ma con l'eccezione dei Paesi Bassi, perché quelli li hanno fatti gli olandesi. (p. 172)
Deborah Donato
Social Network