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di Alessandra Minervini
Revolver, 29 maggio 2025
Revolver, giovane e agguerrita casa editrice che deve dichiaratamente il nome al settimo album dei Beatles e che abbiamo già conosciuto con l'ottimo Le massaggiatrici di A. D'Alconzo (2024), lancia il quinto titolo, Stellario, raccolta di racconti a cura dalla giornalista e scrittrice Alessandra Minervini. La corona con dodici stelle posta sul capo di statue e quadri della Madonna che dà il nome alla raccolta sottintende la presenza di un forte elemento simbolico e irrazionale in racconti dai titoli efficacissimi.
Con la mano sinistra intrecciata alla sua destra, mi spiegava che ogni stella corrisponde a una preghiera. Stringi una stella. Esprimi un desiderio. Chiudi gli occhi. Stringi. Esprimi. Desidera. (p. 63)
Stellario indugia nei sogni residui o nascenti di individui comuni, spesso incompiuti o paralizzati, e ne esplora i tentativi di rivalsa, riscatto o fuga; lo fa con ottimo piglio e una scrittura che padroneggia diversi registri e sa misurare ogni parola e cambio di ritmo.
In una settimana sono diventata ufficialmente una networker di Superlife. (p. 13)
Il primo dei diciassette racconti, Superlife, si prende velatamente gioco di alcuni meccanismi del marketing online e dei suoi guru, generatori assicurati di comicità involontaria per il pubblico di internet ma anche della televisione. Una madre si reinventa networker per un marchio dal nome, chiaramente, altisonante: ci appassioniamo al goffo sforzo di ritagliarsi credibilità in un mondo che non la vede e, parallelamente, di restare al passo di una figlia che ne prende distanza.
Come hai saputo dove abito?
Le mamme sanno tutto delle figlie. (p. 17)
Si dedica subito spazio al tema della maternità, raccontando di madri oppressive o di donne che madri vogliono diventarlo. Il rapporto di una madre e sua figlia è alla base non solo del primo ma anche del secondo racconto: in questo caso i ruoli si invertono e a raccontare è la più giovane.
Gradualmente, Alessandra Minervini mostra i guasti di numerose famiglie disfunzionali portando a riflettere sull'evoluzione della famiglia stessa, in cui l'anomalia costituisce la regola, al punto da credere che le famiglie disfunzionali costituiscano la normalità. L'irregolarità è causata da un cortocircuito comunicativo: genitori e figli usano due linguaggi diversi, che troncano quindi ogni possibilità di comprensione e annullano l'empatia.
Siamo una famiglia normale, benestante, accogliente. Non ci manca nulla. Siamo genitori affettuosi, comprensivi, aperti. Una situazione insopportabile per mia figlia. (p. 9)
Che fortuna che ha questo ragazzo a essere morto con una famiglia del genere. (p. 39)
L'assenza di comunicazione produce livore o distacco, irrequietezza, senso di inadeguatezza. A volte, un senso di mancanza insostenibile.
Pensai che se avessi preso un aereo per raggiungerla, chissà dove, e fossi morta in un incidente e il mio volto fosse rimasto carbonizzato e il passaporto distrutto e il mio nome occultato dalla legge sulla privacy per i minori, lei non avrebbe mai saputo quanto mi mancava. (p. 22)
Da un lato, genitori schiavi di costrutti e schemi che loro stessi hanno consolidato, dall'altro figli smaniosi di sganciarsi da quello che vedono nei genitori, auspicandosi di diventarne l'opposto e non la caricatura.
Uno stacco è causato dal sesto racconto, scritto al maschile e differente nei toni, nella scrittura, nella sensibilità. Il settimo dà il nome alla raccolta ed è una storia di amore e attesa, sofferta e metaforica. Particolare attenzione merita l'undicesimo racconto, che lega una cotta adolescenziale per Robert Smith dei Cure (pronti a sbarcare a Bari per un concerto nel 1989) a un evento di cronaca nera: la trama mescola, con efficacia, la nostalgia degli anni ottanta alla drammaticità di un evento atroce. Il racconto esprime bene l'abilità della Minervini nello strutturare la storia, che sfrutta atmosfere retrò e bollori infantili e punta un epilogo insanguinato e del tutto inatteso.
Hanno tutti vent'anni alla fine degli anni ottanta. Tranne me. (p. 93)
Al concerto dei Cure sono tutti innamorati. Io sono ubriaca. Finisco di bere la quinta birra e ho il voltastomaco. Mi allontano verso i bagni per vomitare. Quando ritorno non ci sono più. Sono scomparsi. Li ritrovo in un angolo dello stadio avvinghiati. Si sono abbassati i vestiti. (p. 94)
Tra i punti di forza della raccolta si segnala un'ironia tagliente, che placa la tensione dei momenti più incandescenti e offre una leggerezza di cui il testo sembra giovarne.
Per fortuna mi scambiano per pazza e ogni giorno come madre e come moglie me la cavo bene. A mio marito piace, una pazza in casa fa comodo. (p. 28)
Prima di salutarci mi rimprovera: scrivi troppo velocemente. E questa cosa di me non gli piace. Ora tocca sorbirmi l'editing pure su Tinder. (p. 130)
Scavando nei limiti degli esseri umani, Alessandra Minervini unisce malinconia e spensieratezza, costruendo una raccolta densa di simboli, sottotesti e rimandi cinematografici e letterari, che funzionano come punti di riferimento pop e favoriscono l'aderenza con quel piano di realtà che stanno raccontando.
Daniele Scalese
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