L'ordine generato
di Claudio Borghi
Neri Pozza, marzo 2025
Entità multiforme e sfuggente, l'energia, uno dei mattoni indispensabili alla costruzione degli edifici delle teorie fisiche, non consente di essere indagata nella sua complessità senza correre il rischio di banalizzazioni o impaludamenti tautologici. (p. 15)
È necessario, secondo Borghi, non accettare dogmaticamente la definizione riduzionista di energia come potenzialità di compiere lavoro, ma ripercorrere l'evoluzione storica di questo concetto, a partire da Leibniz e Lagrange, passando per Hamilton, la relatività, la meccanica quantistica ed approdando alla Loop Quantum Gravity e alla Quantum Information. Il concetto di energia, cioè, storicamente è stato inteso sotto tre aspetti: come energia ordinata legata alle interazioni fondamentali (gravitazionale, elettromagnetica, ecc...); come energia disordinata (termica) legata ai fenomeni dissipativi; come energia ordinata generata nelle strutture originarie (atomo, entaglement, stati quantici).
Indagando il mutare dell'interpretazione del concetto di energia, il saggio di Borghi mostra come si modifica la riflessione sulla natura del tempo.
Ne emerge che i concetti di energia e tempo, entropia e informazione risultano legati ai concetti di ordine generato e dissipato, alla cui luce è possibile rileggere i fenomeni fisici e le esperienze percettive. (p. 16)
Il primo capitolo, Necessità di un'analisi critica del concetto di energia, vuole infatti fornire una ricostruzione storica del concetto di energia, a partire dalla fisica aristotelica. Aristotele distingueva la dynamis, potenza della materia informe, dall'energeia, ossia la capacità attuale di un corpo di organizzare l'azione in funzione di uno scopo. L'energia era per Aristotele, quindi, la capacità di attingere nella materia una forma. Alla base di questa visione vi è l'impianto finalistico della fisica di Aristotele, impianto che verrà ripudiato risolutamente dalla fisica galileiana-newtoniana.
Il termine energia, impiegato per la prima volta per indicare una grandezza fisica da Keplero nell'Harmonices Mundi (1619) ed embrionalmente teorizzato nel concetto di forza viva da Leibniz nella seconda metà del Settecento, entra in misura consistente nella letteratura scientifica, a partire dalla seconda metà del Settecento, con l'opera di Lagrange. Fino a circa metà dell'Ottocento, tuttavia, il concetto è ancora legato alla matrice teleologica improntata alla fisica aristotelica, filtrata dal pensiero cristiano soprattutto tramite l'interpretazione che ne fornisce San Tommaso. (p. 19)
Il concetto di energia, secondo l'interpretazione che ne dà Borghi, tiene in vita il finalismo che le confutazioni di Galilei e Newton volevano estromettere dalla spiegazione dei fenomeni fisico-cosmologici. Questo perché il concetto di energia, e il suo legame con la visione aristotelico-tomistica, porta con sé
una complessità problematica di cui la fisica moderna ignora la portata, avendo fondato il proprio edificio sull'assunto assiomatico-dogmatico che i fenomeni naturali siano spiegabili alla luce delle forme logiche e geometriche di cui si serve l'intelletto. (p. 20)
Il concetto di energia non riesce a essere imbrigliato nella geometrizzazione del cosmo, portata avanti dalla fisica galileiana, e il carattere "eversivo" di tale concetto, già presagito dal conatus di Leibniz (ossia la distinzione tra forza viva e forza morta, ossia inerzia), viene fuori con la termodinamica. Nell'Ottocento, infatti, la termodinamica distingue tra energie di prima e seconda specie, ossia quelle conservative e quelle dissipative. Sarà Clausius a formalizzare il concetto di entropia, ossia la misura che quantifica l'incremento del disordine molecolare all'interno di un sistema isolato. Con l'utilizzo della probabilità, introdotta da Boltzmann per interpretare i fenomeni irreversibili, la ferita inferta all'Ordine Eterno scoperto da Newton e frettolosamente autenticato da Kant è anch'essa irreversibile.
Nella fisica del Novecento, il concetto di energia in relatività ristretta è stato messo in rapporto con quello di massa, mentre in meccanica quantistica, a partire dalla teoria di Plank sull'emissione e l'assorbimento di radiazione di un corpo nero, si è scoperto che l'energia non può più assumere un insieme continuo di valori. Il concetto di energia, dopo la rivoluzione einsteiniana, non è più interpretabile come interazione tra i corpi, ma come campo.
La relatività generale, summa del pensiero einsteiniano, prevede che l'energia e la materia informino lo spaziotempo circa le proprietà metriche che deve assumere, come si trattasse di un fluido elastico [...] L'energia è nel campo, connessa localmente al valore del potenziale; non è quindi una proprietà dei corpi, come nella meccanica di derivazione leibniziana-newtoniana. (p. 28)
Nella prospettiva einsteiniana, riformulando il concetto di energia viene anche profondamente a mutare quello di tempo. Di questo si occupano i capitoli Realtà e irrealtà del tempo (pp. 33-46) Analisi critica del concetto di presente (pp.99-118) e Energia, Essere e Tempo (pp. 119-126).
La discussione circa la realtà o l'irrealtà del tempo ha assunto negli ultimi anni i connotati di una disputa trasversale, a cavallo tra fisica, filosofia ed epistemologia. Come spesso è accaduto nel più o meno recente passato, il problema richiede un'analisi chiara, seppur sintetica, delle teorie che sostengono tesi contrapposte. (p. 35)
Il metodo argomentativo risulta convincente, perché Borghi ha un approccio machiano, ossia storico-critico. Ripercorrendo per ogni problema il pensiero dei predecessori, e anche dei contemporanei, il saggio assume quasi un valore sinfonico, in cui le varie voci si intrecciano, si ammutoliscono per poi lasciare ascoltare gli assoli di alcuni fisici o filosofi. Riguardo la negazione della realtà del tempo, Borghi intesse un dialogo con Barbour e Rovelli. Il problema della natura del tempo, come Borghi illustra con chiarezza nel capitolo Analisi critica del concetto di presente, è diventato centrale da quando il fondamento di matrice newtoniana è stato sradicato da Einstein. Ciò che Albert Einstein ha in effetti dissolto è il presente, o meglio: la possibilità di un attimo presente contemporaneo in differenti luoghi.
Secondo la teoria relativistica la realtà ha una struttura temporale, quindi chiedersi «che cosa è reale» senza specificare «quando» porta a mescolare eventi che sono reali ora con quelli che lo erano in passato ma non lo sono più. La realtà di qualcosa richiede di specificare un tempo, ma specificare un tempo non è sufficiente un numero, per il quale occorre localizzare una regione nell'accadere universale. Ci sono fatti che sono reali ora sulla Terra, fatti che erano reali in passato, o saranno reali in futuro rispetto a «qui e ora», e ci sono fatti reali su una galassia lontana in un tempo che non appartiene a un cono di luce degli eventi che formano il nostro futuro e il nostro passato, ma tuttavia sono nel passato l'uno dell'altro. (p. 108)
Quando noi guardiamo il cielo, guardiamo un cielo fossile, come si intitola un importante capitolo del saggio. La portata filosofica di questo ripensamento del concetto di tempo è poderosa e, per certi, non ancora del tutto esplorata. Claudio Borghi riallaccia le conseguenze del ripensamento in ambito fisico del concetto di realtà e di tempo, con le riflessioni filosofiche legate al problema dell'essere e del tempo di matrice non solo heideggeriana, ma - andando a ritroso nel pensiero occidentale - alla riflessione schopenhaueriana, nietzscheana fino ad arrivare a Parmenide. Nella dicotomia tra l'essere parmenideo e il divenire eracliteo, infatti, si trovano le varianti di una medesima radice problematica ancora presente nel pensiero contemporaneo.
L'errore dei fisici non sta nell'essersi affidati alla rete di deduzioni che si possono trarre da postulati empirici, ma nell'essersi convinti di poterne evincere delle sintesi generali, in particolare circa la struttura evolutiva del cosmo, concepite alla stregua di conquiste definitive del sapere che precludono il ritorno alla domanda originaria, che alcuni filosofi, relegati in un limbo di innocua inattualità, hanno ancora il coraggio di formulare. (p. 124)
L'innocua inattualità non è un pensiero reazionario che cerca di rifondare il problema dell'Essere, ma ripensare il concetto di ordine, accettando in esso il disordine, come un «movimento fondamentale dell'Essere e del divenire, dell'energia e del tempo» (p. 124). Ripensarlo non come se dovessimo risolvere un problema matematico, ma aprendoci ad un interrogare di cui noi stessi facciamo parte.
Deborah Donato
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