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Il Paz, un artista geniale la cui grande produzione erotica viene raccolta in un unico volume: Super Pazeroticus

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Super Pazeroticus
di Andrea Pazienza
Coconino Press, settembre 2022 

pp. 152
€ 30 (cartaceo)


Come dimenticare il Paz. Andrea Pazienza, genio ribelle e enfant prodige del fumetto (erotico) italiano, scomparso prematuramente purtroppo nel 1988, a soli trentadue anni. Questo volume dal titolo Super Pazeroticus edito da Coconino Press segue un primo testo che prendeva il nome di Pazeroticus (ristampa del 2012, pubblicato per la prima volta nel 1987 da G.I.P.) e che raccoglieva alcuni dei suoi disegni, tavole e schizzi a tema erotico, per l'appunto.
Segue e arricchisce, perché di fatto qui è riunita una parte consistente della produzione erotica di Pazienza: non solo le vignette e le illustrazioni apparse su Pazeroticus, ma anche una raccolta di immagini in grande formato proveniente dalle tante riviste con cui collaborava (è bene ricordare che Pazienza fondò insieme a Tanino Liberatore e altri artisti la rivista cult Frigidaire).
Molto spesso Andrea Pazienza viene accostato a Milo Manara: inevitabile, considerato che tendenzialmente si pensa ai due fumettisti come alle due facce di una stessa medaglia, quella che prende come oggetto di studio la donna, il suo corpo, la sua sessualità. Ora, io amo molto Milo Manara e spesso lo preferisco a Pazienza, ma solo per una questione di gusti personali: ogni tanto, tuttavia, se esaminiamo il sesso criticamente, spogliandolo da tutto l'alone romantico o sublimato, non c'è dubbio che resti l'animalesco, il gretto, la fisicità di due corpi che si scontrano.


Pazienza non era un fumettista propriamente romantico. Anzi, ciò che emerge dai suoi disegni è l'esatto contrario: il puro e semplice istinto dell'atto fisico, senza abbellimenti, senza fiocchetti rosa. Chiaro è che entrambe le visioni sono valide, ma Pazienza ha rappresentato l'erotismo - anzi, la pornografia - in modo magnetico. Uno guarda le sue tavole e si eccita, non c'è molto da vergognarsi. In questa coppia Manara-Pazienza ovviamente entrano tutta una serie di artisti che si posizionano nel mezzo, tra le atmosfere irriverenti e "lolitesche" alla Tinto Brass di Manara e quelle irriverenti e oscene di Pazienza: lo stesso Tanino Liberatore, le storie vivide ed estremamente evocative di Vittorio Giardino - a questo proposito, se oltre a voler ammirare bei corpi voleste anche leggere davvero una storia, non c'è dubbio che Giardino faccia al caso vostro - Giovanna Casotto, per il versante fetish/bondage, ovviamente Crepax con la sua indimenticabile Valentina, Serpieri per il post-apocalittico e molti altri.
Insomma, Manara e Pazienza sembrano essere i due poli opposti. Veronica Raimo nella prefazione dice:

Nel fumetto, il senso dell'osceno ha un peso specifico diverso, non ha bisogno di tendere alla verosimiglianza, né alla all'astrazione teorica. Forse per questo è un mezzo più efficace per raccontare il desiderio, molto di più di quanto qualsiasi film post-porno che abbia cercato di disinnescare i codici di una pornografia tradizionale sia mai riuscito a fare. Non c'è l'accanimento di dover diradare l'ambiguità, o di spiegarla, non c'è la smania di trovare il pantone più adatto alla cosiddetta zona grigia. Molto prima che la moda arrivasse a imporre i suoi diktat di nuove non-conformità conformi, Pazienza si limitava a un'operazione candidamente immonda: amava tutti i suoi corpi. Amava quello che facevano. Ne amava la bellezza e l'oscenità. L'essere dei totem e l'essere ridicoli. Oggi va per la maggiore il dilemma morale se sia giusto desiderare ciò che eticamente troviamo riprovevole. Per me non solo è difficile dar credito all'angoscia che comporta un tale assillo, ma continua a sfuggirmi pure il senso di un'eventuale risoluzione (p. 7)

E Ratigher, nella postfazione L'erotismo del Tutto aggiunge:

Tutto nei fumetti di Pazienza è erotizzato. Le sue Donne non c'è bisogno che ve lo spieghi, basta sfogliare il volume che avete in mano, zeppo di nasini, chiappotte, occhioni, pieno di schiene rilassate e curve, o quelle altre tese da spasmi. Poi ci sono i Maschi, perennemente intenti in un tetris di carne, avvinghiati alle femmine, così allacciati da confondervisi. Quel culo è di una sbarba o di uno sbarbo? Ecco, questa cosa si dice raramente di Pazienza, e non capisco come mai vista l'eccezionalità del disegnare uomini tanto scopabili quanto le ragazze. Qualsiasi sia il vostro orientamento sessuale gli uomini di Pazienza vi ecciteranno, vi faranno immaginare la tensione delle loro carni, gli scalini delle loro vertebre, la stretta delle loro dita sulla vostra nuca (p. 147)

Entrambi hanno ragione: Pazienza non cerca di filosofeggiare sui propri disegni, disegna per il piacere di farlo, perché è lui stesso un amante, un uomo, un ossessionato dalla donna e dal suo corpo. Spessissimo nelle sue tavole le donne non hanno volto: coperto dai capelli folti o di spalle, o incappucciate in una sessione di bdsm, di loro Pazienza ci mostra i seni, le natiche. I suoi uomini sono succubi, schiavi, brutti, macho sguaiati, anche stupidi, come nel famosissimo disegno in cui compare una nuvoletta con scritto "A che penzi?" (bella la storia di Raimo a questo proposito).
Insomma su Pazienza non ci si fanno viaggi mentali: si guarda, si ammira e ci si diverte, come avrebbe voluto lui. 

Deborah D'Addetta