in

"La scelta dei compagni" di Ignazio Silone: il sistema, l'individuo, la collettività

- -




La scelta dei compagni
di Ignazio Silone
e/o, Piccola Biblioteca Morale, 2023

pp. 63
€ 8,50 (cartaceo)


Ignazio Silone, pseudonimo di Secondo Tranquillo nasce in Abruzzo, sopravvive al terremoto del 1913 perdendo parte della sua famiglia, si trasferisce a Roma dove viene accolto da Don Orione, si approccia così al socialismo, nel 1921 diventa uno dei fondatori del Partito Comunista, dal quale prende le distanze nel 1930. Militante, intellettuale, amante della politica nel senso di esercizio del pensiero e delle azioni collettive, tiene la conferenza La scelta dei compagni, a Torino, nel 1954, pubblicata poi sulla rivista Comunità.

Questo testo fa parte oggi della collana Piccola Biblioteca Morale, edita da e/o, diretta e curata da Goffredo Fofi. Il sottotitolo scelto è "collana del pensiero radicale", laddove per radicale credo si intenda profondo, sentito, autentico, di spessore, di valore, che penetra e si sedimenta, che non si accontenta di galleggiare. Ora non so se Fofi voglia esattamente dire questo ma mi piace pensare che sia così leggendo gli autori e i titoli degli altri testi proposti.

Silone, ne La scelta dei compagni solleva alcuni temi nodali nel merito per il momento storico, nodali nel metodo anche per la contemporaneità. Primo tra tutti sicuramente quello delle etichette, funzionali al potere per il potere.
«Se le critiche ideologiche e le campagne morali non scuotono la compattezza dei partiti di massa e lasciano indifferenti la maggior parte degli iscritti, ciò accade appunto per il motivo già detto: son ben rari quelli che vi aderiscono per un'intima convinzione ideologica. E a questa disposizione opportunistica dei singoli ossessionati dalla propria sicurezza e da quella della propria famiglia corrisponde la tendenza usurpatrice degli enti collettivi.» (p. 52)
Non era sufficiente quindi, per l'autore, appartenere al Partito Comunista, e tanto meno definirsi comunisti, in quanto questi non erano sinonimi di garanzia di condivisione e lotta per determinati valori, ma individualismo mascherato da collettivismo, acritico per convenienza. Identifica le cause del fenomeno nel contesto storico sociale italiano dell'epoca, caratterizzato da un'estrema povertà, nelle dinamiche motrici dell'evoluzione dei partiti di massa, ma queste ragioni non gli bastano, le responsabilità sono anche dei singoli, del modo in cui arbitrariamente decidono di stare al mondo. Un tema molto attuale quindi: il sistema versus l'individuo, quanto il sistema può costituire un semplice alibi?

La coscienza di classe per Silone non è un automatismo, un prodotto diretto della classe di appartenenza, tesi invece sostenuta da Rosa Luxemburg. 
«Il proletario può essere preda degli opposti estremismi. Egli può essere ancora Cristo, il povero Cristo che prende su di se i peccati degli altri e si sacrifica per loro; e può essere anche Barabba, un ignobile Barabba totalitario calpestatore di tutto ciò che nell'uomo è più umano» (p. 50). 
La critica è diretta allo stalinismo, all'Unione Sovietica, alla dirigenza del PCI, da un lato, alla scarsa consapevolezza (coscienza di classe) per dolo o per opportunismo dall'altro lato, e nel mezzo si apre tutta la lettura contemporanea contro ogni forma di manicheismo e di polarizzazione del dibattito quando quella stessa polarizzazione è svuotata di senso. Mi viene in mente la storia politica italiana molto recente, la divisione netta tra i puri e gli impuri, il bene ed il male, le persone di successo e quelle fallite, gli arguti e gli indolenti (in ordine sparso e non cronologico rispetto ai differenti momenti politici degli ultimi vent'anni)

Silone attraversa i temi del suo tempo, tempo in cui chi nuoceva al Partito nuoceva alla storia, ci parla dei cafoni, ovvero i contadini, i proletari, la gente con cui solidarizza ma la stessa gente che non si può oggettificare rendendola un blocco unico, il Dopoguerra, Marx, Gramsci, ma non ci lascia abbandonati al nichilismo di massa che lui stesso combatte (quel nulla ha senso se non un senso nell'imminente, che tanto è egemonia culturale attuale) e della tirannia dei mezzi sui fini. 
«L'amore per gli oppressi nasce da ciò come un corollario che nessuna delusione storica può mettere in dubbio non essendo amore d'interesse. La sua validità non dipende dal successo... ora, finché sussiste un'ostinata volontà di capire e di far sapere quello che si è capito non c'è del tutto da disperare», (p. 63)
L'impegno, la responsabilità, l'approfondimento, l'empatia (termine abusato che non mi piace molto come tutte le parole quando iniziano ad essere usate di continuo, ma non ne ho un altro), questi sono valori guida universali che forse resistono al tempo, per alcuni non per tutti e gli alcuni sono quelli che scegliamo come compagni. Ognuno lo fa a modo suo, per esempio Fofi con la collana PBM in questo caso, per chi, come scrive Silone «Per chiunque si prenda il fastidio di informarsi delle condizioni del mondo e non soltanto del proprio circondario» (p. 48).

Rossella Lacedra