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Un edonismo che fa storcere il naso: "La ragazza immortale" di Camillo Langone per La Nave di Teseo

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La ragazza immortale
di Camillo Langone
La Nave di Teseo, aprile 2023

pp. 156
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Insomma il contesto è destinato a sparire: restano le opere. Galliano ha vita propria, è destinato a restare e insieme a lui Benedetta (io no, io sono solo al servizio della sua immortalità, rimarrò nell'ombra, del resto nessuno conosce la faccia e pochissimi conoscono il nome di Francesco del Giocondo, un signore benestante ma non di primo piano, un po' come me, che un giorno del 1503 chiese al figlio del suo notaio, il già famoso e costoso Leonardo, un ritratto dell'amata moglie Lisa). (p. 84)
Al servizio della sua immortalità. Così afferma il protagonista di questo breve romanzo di Camillo Langone parlando della sua amante Benedetta. Uomo facoltoso lui, verosimilmente sui cinquanta/sessant'anni, studentessa ventenne di giurisprudenza lei. Si amano, indipendentemente dal denaro, dalla differenza d'età, accomunati dalla passione per i libri.
Per glorificare questo amore non convenzionale, lui decide di farla ritrarre dai più grandi artisti e ritrattisti viventi (che nella realtà davvero esistono, come Vezzani e Galliano), l'unico modo che conosce per far sì che lei non invecchi mai, che la sua bellezza e la sua giovinezza restino per sempre vive.
Mentre osserva la sua amata posare, si sente come «uno di quei cardinali di una volta che commissionavano ai pittori più in voga i ritratti delle loro amanti», si compiace e gongola per la sua raffinatezza, per aver pensato di fare di lei una musa, una dea.

Il loro è un amore quasi infantile, Benedetta lo appella con nomignoli melensi, lui la coccola e le regala vestiti, libri, bustini, viaggi in giro per l'Italia, in una sorta di processione a tappe che li vede ospiti ora dello studio di un artista ora di un albergo sul mare per fare l'amore.
Entrambi sono acculturati: lui legge moltissimo, ama le cose belle, l'arte, il vino, le auto dalla grossa cilindrata; lei è bella, bellissima, porta tacchi alti e gonne (solo gonne, mai pantaloni), legge Emil Cioran, D'Annunzio, Penna, è erudita, talmente erudita che non si permetterebbe mai di scrivere dei versi suoi. A lui piace che lei sia intelligente, una femme savante, ma soprattutto che sia discreta. Umile. Che sia una ragazza per bene. Ma soprattutto discreta.

Dunque seguiamo le peregrinazioni dei due che hanno lo scopo di creare una collezione di quadri raffiguranti Benedetta: nuda, in perizoma di seta, vestita come una Madonna barocca, trasfigurata, astratta, collezione che lui non ha alcuna intenzione di tenere per sé, ma di regalare a lei.
Tutto bellissimo: un amore puro, disinteressato da entrambe le parti, la promessa che sarà eterno sulla tela. Peccato che la magia venga spezzata dallo stesso protagonista
Un occidentale che nasce oggi verrà su conformista come da stampino, ambientalista, animalista, femminista (anche se maschio), immigrazionista (anche se di carnagione bianchissima), omosessualista (anche se, dato per nulla scontato, gli piacesse la famosa figa)...(p. 37) - Mi piace Verlano [...] è del tutto immune dagli ismi del culturame [...] vale a dire immune da ambientalismo, animalismo, femminismo, genderismo, immigrazionismo, omosessualismo, per non parlare del sempiterno comunismo...(p. 114)
Ecco, insieme alle sue considerazioni poetiche su Benedetta, il personaggio snocciola anche personalissime sentenze circa le persone di colore, le donne troppo grasse, le donne troppo magre, le donne in generale, gli omosessuali, le lesbiche, gli arabi, i marocchini, i vegani, i vegetariani, gli appassionati di sport e di politica, i plebei (altrimenti detti «gente nata al Sud dell'Italia e del mondo», i calabresi e i pugliesi in particolare), persino circa Proust, Joyce, Moresco, che, a suo dire, sono scrittori grafomani, senza il minimo senso del freno.
Insomma, a lui non piace nulla: è razzista, leghista, maschilista. Gli piace solo Benedetta. All'Orsacchione (come lo chiama lei) non vanno giù tutte quelle persone, quelle correnti culturali, che deprivano il mondo di bellezza, di fame, di lussuria, di eccesso, dunque ha una parola per tutti: i vegani e i vegetariani sono il male, perché non si adeguano alla tavola ma costringono tutta la tavola ad adeguarsi a loro; gli zingari fanno l'elemosina e lui si guarda bene dal concedergliela; la gente che viaggia in treno, in autobus e in metropolitana è solo massa, non individuo singolo pensante, ma marmaglia che si aggrega e si anestetizza nel viaggio della speranza; e come faranno mai «quelli che abitano in Calabria» a vivere così isolati?; e che brutte le grandi città, Roma così volgare e Milano così piena di strambi, «non si mangia milanese a Milano e forse nemmeno si mangia (le donne sono tutte magre, se non sono magre sono immigrate o pendolari)» (p. 75); e che orrore l'editoria odierna, «compattamente femminista e spermicida [...] il suo prodotto naturale sono i libri a circuito chiuso, quelli di donne su donne per donne, e pure chi disegna la copertina, lo capisci dai colori, dalle leziosaggini, dev'essere una donna» (p. 88).
Il nostro protagonista è il prototipo dell'uomo che si barrica dietro il suo edonismo puntando il dito contro tutti e tutto: importa solo lui, la sua altissima considerazione di sé e la presenza nella sua vita di Benedetta, nonché il suo ruolo di moderno Pigmalione.

Leggendo questo testo, ho provato sentimenti contrastanti: se da una parte mi è piaciuto il nobile intento di immortalare una donna sulla tela per conservarne per sempre la bellezza (una bellezza convenzionale, perfetta, senza eccessi, senza pornografia, senza "sporco", ma questo non è sindacabile essendo specifico gusto del protagonista, libero di amare chi vuole), dall'altra mi sono trovata in difficoltà a seguire altri tipi di eccedenze, anche se circoscritte a un personaggio di fantasia. 

Qual è l'intento? Sottolineare che al mondo ci siano anche persone che odiano gli omosessuali, gli immigrati, le donne, i vegani, gli animalisti, i plebei, la gente mediocre tout court? Benissimo, è loro diritto esprimere un'opinione, ma non so se (da lettrice che sceglie consapevolmente di leggere un testo) riesco a superare lo sdegno.

Sarebbe stato più efficace ai fini di una lettura costruttiva evitare di "rovinare" un sentimento che viene dipinto come genuino, immortale, sublime a causa di uno sfoggio inutile di snobismo e dandysmo. Non aggiungono nulla, anzi, distolgono l'attenzione dal rapporto tra i due protagonisti che, inevitabilmente, passa in ultimo piano.
Il tenore del discorso avrebbe anche potuto virare verso la causticità umoristica, ma qui non vi è nemmeno una punta di ironia ed è un peccato, perché apprezzo quei testi dissacranti che, con intelligenza e modi, raccontano anche punti di vista scomodi ai più, ma in questo caso manca l'elemento ironico e autoironico, dunque tutto risulta piuttosto sterile e sgradevole.

Non so bene se consigliare questa lettura. Tirando le somme, forse credo sia cosa giusta astenersi, lasciando decidere a ciascun lettore.

Deborah D'Addetta