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«Io e Gio»: il delicato esordio di Francesco Prosdocimi

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Io e Gio
di Francesco Prosdocimi
Neo edizioni, aprile 2023

pp. 160
€ 15,00 (cartaceo)

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Restiamo solo io e Gio. Restiamo sempre solo io e Gio. (p. 140)

La casa editrice abruzzese Neo edizioni ci ha abituati nel corso degli anni a libri feroci nelle trame quanto audaci nello stile: mi vengono in mente la distopia per eccellenza XXI secolo di Paolo Zardi, candidato allo Strega 2015, il monumentale post-apocalittico Grande nudo di Gianni Tetti, la riscoperta della Carne di Cristò o, più di recente, la cronaca di un cancro in Bulky di Raffaella Simoncini. Sono libri difficili da digerire, che lasciano sempre un qualche segno. Accanto alla collana “Iena”, di cui questi testi fanno parte, troviamo però la collana “Dry”, che raccoglie romanzi e racconti più soft, come Vinpeel degli orizzonti di Peppe Millanta, un piccolo caso letterario del 2018.

A questa collana appartiene anche l’ultima uscita, Io e Gio, esordio di Francesco Prosdocimi, classe 1991. La trama è fra le più semplici: Pietro deve trovare un modo per prendersi cura del fratellino Giovanni, di appena dieci anni, dopo la scomparsa dei loro genitori. Allontanarsi da una casa piena di ricordi e rifugiarsi in una baita in montagna nel profondo nord italiano è la soluzione rinvenuta per tornare alla vita.

Di fatto, questo libro è a metà fra un romanzo breve e un racconto lungo, in quanto presenta un lasso di tempo ben preciso, situato dopo il lutto e prima del ritorno alla normalità: un lasso di tempo nel quale accade poco o niente ma che risulta fondamentale perché senza questa “fuoriuscita forzata dalla vita” probabilmente i due fratelli non riusciranno a tornare padroni delle proprie esistenze.

Interessante è notare come ciò che è accaduto prima e ciò che verrà dopo restano in qualche modo fuori dalla narrazione.

Tutto ciò che sappiamo della vita precedente di Pietro e Giovanni è infatti racchiuso nella perdita dei genitori e in un personaggio di nome Robbi, la cui unica funzione è fare da esecutore testamentario delle ultime volontà genitoriali: occuparsi, cioè, dell’eredità. Nient’altro sappiamo di come si svolgevano le giornate prima dell’incidente che ha privato i due fratelli di un padre e di una madre. La casa stessa, quando viene il momento di ritrovarla dopo tanto tempo, non viene visitata: l’esplorazione viene rimandata a un giorno. Oggi no, si dicono, «Ma un altro giorno sì» (p. 148). È appena il caso di sottolineare come per Pietro stia avvenendo un enorme processo di rimozione e di negazione, che comincia a sciogliersi in occasione di alcune risposte che il ragazzo fornisce al fratello (papà giocava nel Vicenza, anche lui ha sbagliato un rigore ecc.). Giovanni, dal canto suo, si chiude in un mutismo pericoloso che gli impedisce, per buona parte della narrazione, di avere contatti con i coetanei, arrivando ad attirare l’attenzione degli assistenti sociali. Come a dire che ognuno affronta il dolore a modo proprio, certamente, ma anche che nessuno si salva da solo, e accettare la mano che viene tesa è il primo passo per la guarigione. Ecco allora che diversi personaggi arrivano a fungere da aiutanti in questo viaggio di uscita dall'inferno: il burbero signor Mueller, la professoressa di Gio, l'allenatore di calcio della squadra locale. Non ci sono antagonisti in questo libro perché, come capita nella vita vera, spesso il vero nemico è solo quel qualcosa che è accaduto e con il quale non si possono fare i conti. Non c'è scontro finale con la morte, se non la volontà di riprendere a vivere. Questo ci dice Prosdocimi per tutte le 160 pagine di Io e Gio.

Di tutto ciò che verrà dopo abbiamo piuttosto qualche accenno. Prosdocimi lascia briciole qua e là: un dialogo, una promessa, la possibilità di qualcosa di grande. L’arco temporale di Io e Gio è tutto nel presente, in questi piccoli gesti quotidiani – prendersi cura di un gatto trovatello, una cioccolata calda, dei film visti decine di volte – che paiono insignificanti ma che, messi insieme, sono in grado di guarire le persone.

Ciò che di questo esordio si può e si deve segnalare è la bellezza di dialoghi essenziali, brevi frasi ridotte all’osso che sanno però evocare l’affetto che scorre fra due fratelli che hanno perso tutto e che si ritrovano ad avere solo l’altro come compagnia. C’è una delicatezza di sottofondo, che scorre sotterranea per tutto il libro e che viene ben rappresentata anche dalla copertina, nella quale compaiono Pietro e Giovanni, seduti sul bordo di un fiume, in attesa silenziosa di qualcosa che verrà.

David Valentini