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#LectorInFabula - "Prima che sia notte" di Silvia Vecchini e "Dieci lezioni sulla poesia, l'amore e la vita" di Bernard Friot: quando l'amore si veste di versi (due proposte per il middle-grade)

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Prima che sia notte
di Silvia Vecchini
Bompiani, 2023
pp. 127

€ 9,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)


Dieci lezioni sulla poesia, l'amore e la vita
di Bernard Friot
Lapis, 2016
pp. 181

€ 12,90 (cartaceo)


È uscita da poco, in una nuova edizione targata Bompiani, una piccola storia delicata di Silvia Vecchini, Prima che sia notte, già finalista al Premio Strega Ragazzi e Ragazze 2021, nella fascia 11+. Il libro si fa subito riconoscere per una serie di particolarità: il formato ridotto, la coraggiosa copertina rosa pastello, ma forse soprattutto il fatto che un’opera rivolta primariamente a un pubblico di giovanissimi sia scritta quasi interamente in versi. La cosa non dovrebbe stupire, se si pensa che i ritmi di rime e filastrocche sono spesso compagni dell’infanzia. Eppure il verso spesso intimidisce chi non lo conosce: un pregiudizio che chiunque affronti questo testo si troverà ad abbandonare quasi subito.
In questo caso, a essere tradotto in strofe che oscillano tra narrazione ed emotività è il pensiero della protagonista che, armata di una macchina da scrivere, combatte i suoi silenzi e i suoi fantasmi interiori per raccontare la storia della sua famiglia, in particolare del fratello Carlo (“c’è / questa lingua che parlo / tra me e me / questa lingua che scrivo / battendo sui tasti / questo suono / nuovo / che fanno i pensieri / cercando lettere / per dirsi”, p. 15)
Non ho potuto fare a meno, leggendo il breve volume, di ricordare un altro testo cardine della letteratura middle-grade: Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita di Bernard Friot. Nato come opera ibrida, il romanzo racconta la storia di due ragazzini, Kevin e Marion, costretti di malavoglia a frequentare un centro estivo, dove un giovane poeta tiene un corso di scrittura creativa. Alle vicende personali dei due ragazzi, inizialmente prigionieri dei propri preconcetti e di situazioni personali molto diverse, ma ugualmente problematiche, si alternano le lezioni vere e proprie, che costituiscono un laboratorio di scrittura poetica facilmente replicabile anche dagli studenti in classe. La poesia diventa il luogo dell’espressione del sé, e i protagonisti imparano che conoscendone le tecniche la propria voce risuona più forte, più vera. Se per Friot la poesia è mezzo e fine, elemento di mediazione e contatto, incluso all’interno di una cornice romanzesca di cui si fa pilastro portante, Vecchini inverte le proporzioni, gli equilibri tra le forme narrative. Brevissime prose lasciano spazio a punti di vista esterni, che integrano la prospettiva principale di una sorella preoccupata. Il fratello maggiore Carlo, vero protagonista dell’opera, è infatti sordo e cieco da un occhio. Non perde per questo la sua forza, la sua energia, la sua passione per la vita. Almeno fino a quando, da alcuni sintomi prima quasi inavvertiti, non arriva il timore, sempre più fondato, che anche la vista dell’occhio superstite possa spegnersi, lasciandolo sprofondare in un isolamento in cui sarebbe difficilmente raggiungibile. L’autrice attinge la storia dal reale:
Volevo che altri potessero vedere cosa è un bambino, cos’è una bambina, cosa sono due fratelli. Cosa sono le parole, cos’è parlare, cosa è farlo senza suoni, com’è immaginare di farlo senza segni mentre l’unica fessura da cui si guarda fuori di sé diventa sempre più piccola. (p. 119)
Quella narrata in Prima che sia notte è innanzitutto una storia d’amore, d’amore famigliare e fraterno (ma, si vedrà, non solo): di fronte alla paura che tutto divora, quando sembra che il buio stia per prendere il sopravvento – e infatti il nero dilaga sulla pagina, in un’inversione dei colori abituali tra fondo e testo –, Emma deve inventarsi un nuovo linguaggio, che non è più quello dei segni, ma quello del corpo, del tatto, della vicinanza.
Sfioro i tasti
oggi le mie dita
sono zitte, silenziose
hanno detto mille cose
sulla pelle
nel buio accendevano
fiammelle
era una trasmissione
a basso volume
e forte intensità
se dovesse
E NON DEVE
ci basterà (p. 86)
Carlo deve riscuotersi e ricominciare, e lo può fare solo grazie al sostegno di chi lo circonda e lo sorregge quando lui, prima così resiliente, vacilla sotto i colpi di una sorte che pare davvero accanirsi insensatamente. Vecchini sfiora tanti temi: la disabilità, l’isolamento, le difficoltà per l’ambiente scolastico di far fronte ai bisogni di un ragazzo fragile, la difficoltà dei coetanei nel relazionarsi con lui, ma anche le reazioni, gli amici che si ravvedono, gli educatori accorti, i genitori forti, le risorse che emergono nel momento della massima difficoltà.
Emerge anche una riflessione, trasversale e sotterranea, sulla lingua, anzi, le lingue, che gettano ponti tra gli esseri umani. Non a caso la forza comunicativa del volume viene in prima istanza dalla chiarezza e la trasparenza del linguaggio poetico, a cui si aggiunge l’empatia di cui l’autrice riesce a far dono alla piccola Emma. Il suo sentire, la tenacia del legame fraterno che ogni verso rivela, diventano prestissimo anche quelli del lettore, ed è quasi incredibile quanta densità, e quale spessore per i personaggi, possano essere concentrati in un numero relativamente esiguo di pagine.
 
     Carolina Pernigo