in

Lo spleen baudeleriano in racconti moderni che ci portano nel cuore delle città: torna Mario Fortunato con "Atlante delle città incognite"

- -


 

Atlante delle città incognite
di Mario Fortunato
Bompiani, ottobre 2022

Illustrazioni di Claudia Peill

pp. 216
€ 29 (cartaceo)
€ 14,99 (e-book)


Prima di iniziare c'è da spiegare una cosa: ho voluto leggere e recensire questo volume spinta da una fiammante euforia per aver finalmente scoperto "Le città invisibili" di Calvino. Dunque, vinta dal buon proposito di trovare un qualche libro anche vagamente simile, eccomi qui a parlare di "Atlante delle città incognite" di Mario Fortunato, edito da Bompiani e arricchito dalle illustrazioni dell'artista Claudia Peill
Si tratta di una raccolta di ventuno racconti, anche se la casa editrice li definisce apologhi: l'autore ci porta in viaggio per il mondo, ogni racconto breve ha come titolo una città e ogni città porta con sé la storia di un personaggio. Se quindi nel libro di Calvino il fulcro era la descrizione urbanistica e strutturale (oltre che emotiva) della città in senso stretto, qui Fortunato predilige l'aspetto umano, concentrandosi su come le persone si muovono nello spazio, su come vi interagiscono e cosa ricorda loro quello specifico luogo.
Tuttavia, l'uomo che detestava il proprio nome sentì risorgere remoto l'amore per la sua città. Era un amore ormai incomprensibile, quasi soltanto un'ombra, un fantasma, simile al sentimento che prende quando s'incontra per caso qualcuno che si è tanto amato in un tempo lontano e sul cui volto si cerca a fatica l'ultima traccia di quell'incanto (p. 72)
I protagonisti sono molto variegati e la linea temporale è via via diversa: ci possiamo trovare in una Berlino nel 2016, in una Milano alla fine degli anni '90, oppure in una Belgrado ai tempi delle guerre mondiali e ancora in una Odessa contemporanea schiacciata dalla paura degli attacchi russi. I personaggi, uomini e donne, dai gusti e dalle preferenze sessuali più disparate, sono giovani, vecchi, bambini, tutti accomunati da una latente forma di malinconia, o meglio, di ricerca pigra di qualcosa, di una direzione, e la scoperta della città, o il perdersi in essa, l'amarla o l'odiarla, è solo uno degli strumenti che legano a doppio filo tutte le storie.
Si potrebbe quasi dire: tutti accomunati dallo spleen baudelairiano.
In alcune città incontriamo personaggi già visti in precedenza: così, ad esempio, leggiamo di Paula e Carlo ad Agra, a Cape Town, a Tangeri e a Venezia, in un viaggio a ritroso che da quella prima città indiana ripercorre la loro storia d'amore e ci fa intuire, più che mettersi a spiegare, come siano arrivati a essere due sconosciuti che quasi si odiano; lo stesso avviene per la fotografa Roni Stein che incontriamo sia a New York che a Saigon; Julien e Khaled, a Nizza e a Tangeri (insieme a Paula e Carlo); Marco Ferro, per le vie di Los Angeles e in quelle di Varna, dove le facce già viste di alcuni altri personaggi si ripresentano.
Notiamo quindi che, se non tutti, alcuni dei protagonisti si intrecciano e si scontrano, in mondi e in condizioni d'umore, di salute e di spirito diversi.
Nizza lo attraeva e lo ripugnava allo stesso tempo: era una città all'apparenza festosa, inondata dalla luce tiepida del Mediterraneo [...] ma sembrava nascondere un cuore torbido e salmastro. Naturalmente quel miscuglio di attrazione e repulsione fu all'origine della catastrofe. (p. 118)
Un ulteriore punto di similitudine tra le storie è dato dalla nemmeno troppa velata consapevolezza che la città non è poi così un luogo accogliente: sta in disparte, assiste alle gioie e alle tragedie inevitabili dei suoi abitanti, senza prendervi parte, senza esserne il mandante né l'aguzzino. Anzi, il sentimento più diffuso tra i protagonisti è un astio nei confronti dei luoghi, e se non astio, un'arrendevolezza che sa di sconfitta. 
Particolarmente di mio gusto sono state le brevi storie ambientate a Los Angeles, Milano, New York, Nizza e Parigi, e non perché io abbia una certa predilezione per le città americane o francesi, ma per un sentimento d'empatia diretto ai personaggi che si muovono in queste metropoli, personaggi alle prese col sesso, con l'identità, con la fotografia, con la letteratura, temi a me molto cari.
Un libro anche visivo, grazie alle belle illustrazioni dedicate alle città di Claudia Peill, un po' collage, un po' mappe, un po' fotografie digitali e analogiche.
Lo consiglio agli amanti dei racconti urbani (ad esempio, a chi ha già letto "L'anima delle città" di Jan Brokken edito da Iperborea) e a chi ama leggere storie brevi pregne di spleen.

Deborah D'Addetta