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Lontano dalla macchina della società dei costumi: "La fornace" di Thomas Bernhard

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Thomas Bernhard La fornace Adelphi




La fornace
di Thomas Bernhard
Adelphi Editore, settembre 2022

Traduzione di Magda Olivetti 

pp. 225
€ 18,05 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

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 «Lì nella fornace non sarebbero più stati raggiunti da quella macchina implacabile che perturba tutto ciò che è collegato al cervello e che finisce col rovinare sempre tutto, la macchina della cosiddetta società dei consumi, sempre esagitata e nervosa, alla quale credevamo di essere sfuggiti grazie alla decisione di andare a vivere nella fornace.» 

Pubblicato nel 1970, La fornace di Thomas Bernhard, uno dei più controversi e iconici scrittori del Novecento, torna finalmente in libreria grazie alla meritevole opera di Adelphi. Una notizia che da amante di Bernhard, della sua prosa intricata, squisitamente cerebrale, del suo caustico umorismo, non ho potuto non accogliere con entusiasmo e piacere. Al solito Bernhard ci scaraventa fin dalle prime righe in un originale e inconsueto universo narrativo grazie a una scrittura unica nel suo genere.

Il romanzo si apre a fatti compiuti. In un’abitazione isolata nel cuore della campagna viene scoperto il cadavere di una donna, la moglie dell’eccentrico Konrad, uccisa a colpi di fucile nella notte tra il ventiquattro e il venticinque dicembre. L’uomo viene ritrovato dai gendarmi nel pozzo dell’abitazione, denutrito e semi assiderato.

In questo insolito giallo non c’è apparentemente nulla da scoprire, il delitto è stato commesso, l’assassino arrestato, ma Bernhard rifugge gli intrecci e gli impianti narrativi tradizionali. Il racconto si snoda a ritroso nel passato, è un’interrogazione del passato alla ricerca del movente interiore che ha spinto Konrad a compiere un omicidio tanto efferato.

Rampollo di una famiglia agiata, Konrad si è ritirato con la moglie invalida, costretta sulla sedia a rotelle, in un edificio isolato e sinistro, la fornace, per dedicarsi interamente al lavoro intellettuale e scrivere un saggio sull'udito. Come il principe Saurau di Perturbamento (Adelphi 1981) e il tragicomico Wertheimer del Soccombente (Adelphi, 1985), il protagonista della Fornace è il tipico eroe bernhardiano, un uomo eccentrico, misantropo, geniale, un uomo del sottosuolo che ha scelto l’esilio volontario dal consorzio umano perché incapace di convivere con i suoi simili: «Vedeva e sentiva molte cose, mentre gli altri non sentivano e non vedevano nulla». (p. 55)

Potremmo definire Bernhard un autore satirico: lo scrittore austriaco, figlio spirituale dei poeti greci e latini che avevano fatto proprio il genere dell’invettiva, ne condivide il gusto e i toni. I suoi personaggi mettono alla berlina i vizi della società, ne offrono un ritratto caustico, impietoso, non risparmiano né il bel mondo, frivolo e superficiale, né il mondo contadino, decadente e gretto. Vi è sempre nell’universo narrativo di Bernhard una contrapposizione tra il singolo e la società.

«La chiaroveggenza e la chiarudienza vengono subito bollate come pazzia. Oggi non si ha bisogno di chiarudienti così come non si ha bisogno di chiaroveggenti, uno che ci vede chiaramente o che ci sente chiaramente non lo vuole nessuno e vien subito tolto di mezzo, lo si rinchiude, lo si isola, lo si annienta con la reclusione e con l’isolamento». (p. 163)

Ecco perché Konrad aveva fantasticato, sognato per anni di andare ad abitare nella fornace, alla ricerca di un isolamento assoluto: 

«La pace che d’inverno regnava nella fornace era stata per lui, Konrad, il primo motivo di entusiasmo per la fornace. Questo pensiero lo aveva perseguitato, il pensiero che d’inverno nella fornace regnasse una pace assoluta non gli aveva dato pace per decine d’anni.» (p. 50)

Quando finalmente, dopo tante difficoltà, riesce a entrare in possesso del suo piccolo eden personale, ha inizio un processo di decadimento, di inaridimento morale e affettivo. La fornace, con le sue stanze buie, solitarie, che incutono timore nei visitatori occasionali e che per uno strano effetto ottico sembrano moltiplicarsi ed espandersi davanti agli occhi degli ignari coniugi, è essa stessa protagonista del romanzo, personificazione e simbolo del sottosuolo ma anche della psiche di Konrad. Le sue energie creative sono destinate a spegnersi ancor prima di nascere e la pace tanto ambita si rivela un illusione per l’uomo che, animato da un aristocratico rifiuto del mondo, è invece costretto a fare i conti con le desertiche desolazioni del proprio Io.

Mentre Konrad è angosciato da un unico pensiero, scrivere il suo saggio, la signora Konrad si consuma nel rimpianto della casa d’infanzia, soffre la solitudine che il marito le ha imposto, e per vendicarsi cerca di ostacolarne il lavoro intellettuale. Bernhard offre al lettore una radiografia capillare e minuziosa dei paesaggi interiori dei due coniugi, mette in scena un dramma fatto di silenzi, disperate solitudini e incomprensioni, dove il senso incombente di tragedia si alterna a un umorismo grottesco.

Leggere Bernhard è sempre un'avventura, una sfida. La scrittura straripante, torrenziale di Bernhard, fatta di continue, martellanti ripetizioni, di infinite variazioni dello stesso tema che hanno lo scopo di riprodurre l’andamento caotico dei pensieri, catapulta il lettore in un labirinto narrativo che non concede un attimo di tregua. È una prosa che afferra, travolge, esaspera e al tempo stesso affascina. Non c’è mai un intreccio o una trama ben definita nei romanzi di Bernhard; per leggerlo, per apprezzarlo bisogna lasciarsi trascinare dai suoi flussi di coscienza che, come una scarica di adrenalina, accendono il sangue e la mente, a patto che si sia disposti a coglierne la sfida. È uno scrittore che si può amare o odiare, senza vie di mezzo, uno scrittore che richiede dedizione assoluta, che tuttavia ripaga il lettore con una prosa audace, che turba, inquieta, però mai annoia.

Guendalina Middei