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«Di macchia e di morte», un romanzo corale per l’esordio di Filippo Cerri

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Di macchia e di morte. Ballata degli ultimi briganti
di Filippo Cerri
effequ, 2022

pp. 360

€ 18 (cartaceo)

€ 8,99 (ebook)



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Si dicono cose strabilianti di lui, che beva il latte dalle capre direttamente dalla mammella e corra al fianco dei cinghiali. Che conosca la lingua degli uccelli e sia diventato pazzo per quello che ha sentito dire da loro. (p. 38)

Quella del brigantaggio postunitario è una storia affascinante che molto spesso viene ignorata dalla letteratura contemporanea, la quale si trova a preferire periodi storici certamente più vicini a noi come, ad esempio, l’epoca del fascismo e la correlata seconda guerra mondiale. Filippo Cerri sceglie invece di esordire in narrativa affrontando un tema complesso e trattandolo in maniera ancora più complessa, vale a dire costruendo un’epica che, anziché raccontare l’inizio di un mondo, ne canta la fine. “Ballata degli ultimi briganti” recita infatti il sottotitolo del suo romanzo, ed è una ballata malinconica, con la quale vengono narrate le gesta e le sconfitte di personaggi immaginari che vanno a coprire i nomi di persone realmente esistite, e che nella Maremma hanno vissuto queste storie di sangue e violenza.

Quello di Cerri è un romanzo corale. Sebbene si focalizzi spesso su Arturo Biancardi, la cui vicenda viene seguita dal 1863, anno in cui il padre viene ucciso, fino all’alba del nuovo secolo, quando la parabola dei briganti trova la propria fine, sono diverse le storie che si intrecciano nei territori della selva maremmana, in quel fazzoletto di terra intorno al fiume Flora. In questi quasi quarant'anni di narrazione assistiamo all’ascesa e alla caduta dei briganti di Cerri, ne condividiamo gli affetti, gli amori e gli odi e siamo chiamati a parteggiare, sebbene sia difficile prendere le parti di criminali che ben pochi valori seguono se non un bisogno disperato di libertà e la volontà di inimicarsi uno Stato – quel Regno d’Italia nato da pochi anni e ancora inviso ai più. Questo calderone di sentimenti contrastanti viene ben riassunto proprio da Arturo Biancardi, al quale più volte viene offerta la possibilità di tornare sui propri passi e scegliere una vita comune, come tanti, con un focolare presso il quale riscaldarsi dopo una giornata di duro lavoro, una donna da amare e una famiglia da crescere; e ogni volta, pur tentato da queste visioni, sceglie di restare nella macchia, in quel luogo in cui le esistenze si fanno rade e le identità malleabili, nel quale è difficile guardare al domani con la certezza che possa arrivare.

È proprio sull’incertezza, che è poi l’altra faccia della libertà, che Cerri punta il dito nelle sue storie: libertà vuol dire assenza di vincoli, sì, ma anche impossibilità di costruire legami e quasi sempre di avere vita lunga e sicura. Come nelle grandi narrazioni dedicate agli antieroi criminali (solo guardando alla narrativa ne possiamo individuare due, da cui sono state tratte serie televisive di successo: Romanzo criminale e Gomorra), l’immagine che ben le rappresenta è quella della meteora, di una grande esplosione clamorosa che dura poco e lascia solo detriti. Non è sui colpi di scena che l’autore punta, perché sin dall’inizio sappiamo dove condurrà questo gioco. Leggiamo Di macchia e di morte per entrare in empatia con i personaggi, per capirne le più profonde convinzioni e per assistere impotenti a ogni scelta sbagliata compiuta. Vorremmo tifare per loro, per questi briganti che in piccola parte rispecchiano il desiderio di evadere di ognuno di noi, ma alla fine è difficile riuscirci perché troppo lontano è il loro modo di esistere, di stare al mondo. È una violenza egoistica mascherata da quell’ideale di libertà di cui sopra. Il sentimento quindi si spezza, si frammenta: da un lato vorremmo la loro vittoria, dall’altro bramiamo la loro sconfitta. Giungiamo al finale per restarne schiacciati, perché ciò che resta è un senso di impotenza davanti ai grandi eventi storici.

Quello di Filippo Cerri è un esordio notevole. La sua scrittura è già matura, le sue immagini sempre precise e pulite. Non è semplice comporre una ballata, non è facile scrivere un’epica. Lui ci è riuscito e per questo è un autore che andrà seguito nelle sue prossime opere.

David Valentini