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"La tua coscienza nasce con la prima molecola di carbonio, c'è tutto il mondo inciso dentro di te". "Carbonio", un dramma sull'umano di Pier Lorenzo Pisano

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Carbonio

di Pier Lorenzo Pisano
Il Saggiatore, 2022

pp. 127
€ 14,00 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)

 
 
Sono state le atmosfere umbratili, misteriose e malinconiche del suo romanzo d’esordio, Il buio non fa paura (recensito qui) a spingermi verso questa nuova opera di Pier Lorenzo Pisano.
Carbonio, edita da il Saggiatore, fa parte della più nutrita produzione teatrale dell’autore, ma conserva il senso di oscurità inquieta, di angoscia crescente e quasi claustrofobica, che aveva animato anche la sua prosa.
La scena tratteggiata risulta tanto vivida che l’unico rimpianto per il lettore è di non poterla vedere messa in scena. Ci troviamo in una stanza angusta, buia, un faro di luce dall’alto. In scena A e B: lei, un po’ investigatrice, un po’ scienziata, che procede a tentoni per delineare un quadro dai lineamenti incerti, che incalza con le sue domande per raggiungere una verità ancora lontana; lui, protagonista riluttante, schivo, che si sottrae all’interrogatorio perché a sua volta non ricorda una sola versione della storia ma molte, tutte compresenti alla sua memoria, tutte ugualmente realistiche.
Una settimana prima, l’uomo ha incontrato una creatura aliena. Lo hanno visto tutti, l’incontro è stato registrato da molteplici prospettive. Nessuno però sa definirlo esattamente. Neanche lui, che è stato il più vicino, che ha avuto con la creatura un contatto fisico. Di fronte a una diversità radicale, incomprensibile, a una percezione viscerale di irriducibilità, l’essere umano, fatto di carbonio come tutte le forme di vita sulla terra, si sente spaesato, disarmato. Non può che provare sentimenti primigeni, istintuali: dolore, paura, curiosità, rabbia.
Quando ho incontrato questa cosa, questa creatura, ho sentito per la prima volta che io non sapevo cosa potevo essere per lei. Che non riuscivo a mettermi al suo posto, e lei al mio. Che non potevo immedesimarmi. Che eravamo due mondi separati. Ho avuto come la certezza, all’istante, che io e quella cosa eravamo diversi, per sempre. (p. 22)
L’impossibilità, definitiva, di un vero sentimento d’empatia porta a delineare immediatamente due fronti, due squadre: un “noi”, “quelli del carbonio, gli animali e le piante”, e gli altri, che non si conoscono e non si possono definire, e si qualificano quindi immediatamente come il nemico. La consapevolezza precede la ragione, è il corpo a gridarlo nel momento dell’avvicinamento.
Le varie tappe del dialogo, che riesce a essere serrato e rarefatto al tempo stesso, sono inframezzate a immagini della vita della Terra, ricordi, stralci di eventi, istantanee dell’esistenza millenaria del carbonio. Il disco d’oro, inviato nello spazio alla fine degli anni ‘70 per trasmettere un’immagine dell’umano nell’universo diventa pretesto per riflettere sull’immagine che diamo di noi, di quello che ci importa o ci definisce, dell’ambiguità dei valori sui quali fondiamo il nostro esistere. Tra le righe caustiche, sferzanti di Pisano, emergiamo come esseri egoisti, autocentrati e alla deriva, impegnati in una vana e inesausta ricerca di senso, guidati dalla chimica e dalla biologia, i cinque atomi di carbonio innestati nel nostro DNA,
cinque atomi di tipico dittatore pazzo asserragliato nel bunker, che non capisce niente della realtà di fuori (del mondo inorganico non ne sa niente), però si crede di doverla comandare, e allora intaglia la pietra e costruisce chilometri di mura, e ti dice pure che è una delle sette meraviglie (sempre secondo lui). (p. 55)
Ecco perché l’uomo, fragile, ossessivo, perennemente inquieto e incapace di dirsi e di guardarsi dentro non può che soccombere nel confronto con creature che seguono altri percorsi mentali, fatte di una sostanza differente, per le quali lo spazio e il tempo seguono direttrici inedite e impredittibili. Il loro senso non può essere colto dalla piccola, limitata, ragione umana, i loro progetti sfuggono, ed è per questo che la tensione cresce progressivamente, mentre gli equilibri dell’interrogatorio paiono incrinarsi e il senso di ineluttabilità si fa più forte.
Apparentemente incentrato sul confronto con il mondo alieno, il testo si presenta in verità come una profonda indagine sull’umano, e sulla matrice profonda del suo agire, del suo sentire:
Siamo fatti di carbonio e di scemenze, di materia e di pensieri inutili. […] Siamo variopinti e diamo tanti sensi alla vita, ci proviamo, con tutte le nostre forze, non è possibile che non ci sia un senso e allora ce lo inventiamo, ne abbiamo così tante di possibilità di senso che non sappiamo che farcene, ne abbiamo così tante che una deve essere giusta, almeno una. (p. 110)
Perché l’uomo è anche resiliente, ostinato, aggrappato alla vita; è anche impastato d’amore e disposto a sacrificare tutto in nome di questa irrazionalità fondante costitutiva. L’uomo non impara, e questo lo fa cadere in trappola, ed è anche il suo lato peggiore, ma è anche quello migliore. Non ci può essere una risposta definitiva che non sia uno sprofondare, ma non nel buio, come ci si potrebbe aspettare, bensì in una luce accecante, matrice di distruzione, ma anche di possibile creazione. In un’opera che si spalanca al mistero, Pier Lorenzo Pisano disciplina con sapienza i concetti scientifici e la materia narrativa, riuscendo a costruire un dramma dal grande, e difficile, equilibrio.
   
Carolina Pernigo