in

Educazione, arte e vita tra i viali del giardino: l'Atlante di botanica elementare di Jean-Jacques Rousseau

- -

 



Atlante di botanica elementare

di Jean-Jacques Rousseau

 

Illustrazioni di Karin Doering Froger

 

Titolo originale: Atlas de botanique élémentaire

Traduzione e prefazione di Enzo Cocco

 

L’ippocampo, 2022


p. 123

€ 19,90


Vedi il libro su Amazon 

 

Iniziamo dal fiore, che viene per primo. È in questa parte che la natura ha racchiuso la sintesi della propria opera, è attraverso il fiore che essa la perpetua, ed è anche, tra tutte le parti dell’organismo vegetale, quella di solito più splendente e sempre la meno soggetta a variazioni. (p. 17)
Se a una prima occhiata possono apparire molto tecniche, le otto lunghe lettere sulla botanica scritte da Jean-Jacques Rousseau e pubblicate nel bell’
Atlante de L’Ippocampo rappresentano in realtà un riflesso delle sue teorie pedagogiche. Attraverso di esse, rivolte alla cara amica Madame Delessert, che chiede aiuto per introdurre la figlia ancora piccola ai piaceri della floricoltura, Rousseau cerca di trasmettere i rudimenti di un’arte dello sguardo, che precede ogni nozione e ogni nomenclatura.
Si pretende che la botanica sia una scienza di termini, che eserciti la sola memoria, e insegni soltanto a dare i nomi alle piante. Per quanto mi concerne, non conosco affatto uno studio ragionevole che sia solo una scienza dei termini. Se offriamo ai vostri figli solo un’occupazione divertente, veniamo meno alla metà più significativa [e la migliore] del nostro scopo, che consiste nell’esercitare la loro intelligenza divertendoli, e nell’abituarli all’attenzione. Prima di insegnar loro a indicare per nome ciò che vedono, cominciamo a insegnar loro a vederlo. (p. 61)
Solo chi passa molto tempo in mezzo alle piante, passeggiando tra i viali e nei giardini, solo chi addestra gli occhi all’osservazione e al riconoscimento può infatti ambire a una piena conoscenza. Solo in quel caso si potrà andare oltre la mano dell’uomo, oltre l’artificio che tutto intacca, per ritrovare
la natura più pura e intatta, quella che davvero può insegnare e trasmettere un senso di pienezza. Come osserva nella prefazione Enzo Cocco, si può notare tra le pagine il metodo rousseauiano, che prevede un solido ancoraggio dal reale e una progressione di difficoltà.
Non a caso le lettere si articolano intorno a sette differenti famiglie di piante (come gigli, crucifere, papilionacee, ombrellifere, alberi da frutto…), in ordine crescente di complessità, e la prima introduce le basi, ovvero la struttura dei fiori e il vocabolario minimo che li riguarda (corolla, pistillo, polline, stami…). Bisogna, infatti, “solo avere la pazienza di cominciare dall’inizio. Dopo ciò, si progredisce quanto si vuole” (p. 14). L’obiettivo, esplicito, è morale e formativo, lo scrittore è infatti “persuaso che a qualsiasi età lo studio della natura smussi il gusto dei divertimenti frivoli, prevenga il tumulto delle passioni e offra all’anima un nutrimento che le giova” (p. 13).
Di queste avvertenze deve essere consapevole anche il pubblico, che si troverà ad addentrarsi negli squisiti tecnicismi, nelle minuzie specialistiche relative alla violaciocca, il cardo-Rolando, il lauroceraso, o altre specie vegetali i cui nomi sembrano attinti dall’epica, o dalla mitologia.
Rivolte a un destinatario ingenuo, le lettere cercano di adottare un procedere metodico, sistematico, ricco di esempi concreti e di definizioni di ciò che viene citato e può forse risultare sconosciuto. Per questo anche il lettore, come Madame Delessert, viene accompagnato per mano tra i prati e le stagioni, anche se non può, a differenza delle destinatarie delle lettere, procedere passo passo con loro nelle ricerche e le osservazioni dal vivo.
Data la natura intima degli scritti, Rousseau si abbandona a volte a commenti personali, o considerazioni piene di ironia e tenerezza. Non si tratta mai però di un elemento predominante, perché finisce sempre per prevalere, anche se carico di bonomia, il rigore dell’educatore. A tal scopo, l’ultima lettera è un vero e proprio manuale di supporto nella costruzione di un erbario, fondamentale agli appassionati di piante per la conservazione della memoria di quanto osservato. Le piante e i fiori da inserire tra le pagine devono essere trattati con metodo e disciplina, aumentando di pari passo con le conoscenze. Questa operazione sarà anche un elemento di contatto, un’operazione comune e un testimone che passerà dalle mani della madre a quelle della figlia, durante il suo percorso di crescita e studio.
La
passione e la dedizione di Rousseau per il mondo vegetale traspare da ogni riga. È però da uno dei Frammenti botanici posti in appendice che si coglie maggiormente, nell’adesione alla scienza, una viva passione per il creato, una meraviglia sempre perpetrata:

Ah, impariamo ad amare la natura, impariamo a cercarla, studiarla, conoscerla, impariamo ad ammirare bellezze delle quali essa non s’è adornata per noi, apprendiamo a rimanere tra essa e noi, e a guarirci dall’ozio, dalla noia, dall’essere di peso a noi stessi e agli altri. Diamoci divertimenti facili, innocenti, amabili, che ci dispensino dal cercarne di rovinosi, di criminali, d’insensati. Se lo studio delle piante mi purifica l’anima, è abbastanza per me; non voglio affatto altra medicina. (p. 121)
E se questo ancora non basta al lettore esigente, certo lo faranno le illustrazioni di Karin Doering-Froger, che uniscono il nitore e l’essenzialità delle tavole botaniche allo splendore dei cromatismi, i giochi di contrasti tra colori complementari alle sfumature del tono su tono, dando a steli e fiori, precisamente tratteggiati e denominati, l’aura fantasmagorica del quadro astratto. 

Carolina Pernigo