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#LectorInFabula. Rileggere "Il meraviglioso Mago di Oz" con la fantasmagoria di MinaLima

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Il meraviglioso Mago di Oz
di L. Frank Baum 
L’ippocampo, 2021
 
Illustrazioni di MinaLima
Traduzione di Luca Lamberti
 
pp. 256
€ 29,90 (cartaceo)

 

Tra tutti i classici per ragazzi, Il meraviglioso Mago di Oz è sempre stato uno dei miei preferiti. La caratterizzazione dei personaggi, ciascuno impegnato nella sua ricerca, così profondamente umana; la fragilità connaturata che diventa forza durante il cammino; il lieto fine, in cui ciascuno trova il proprio posto nel mondo e un pieno riconoscimento delle sue qualità, oltre alla cifra di visionarietà della storia… tutto ciò ha sempre contribuito a farmi apparire la vicenda di Dorothy e dei suoi amici come una grande allegoria di ogni percorso di crescita. E anche se, nell’Introduzione, L. Frank Baum chiarisce esplicitamente che la sua opera vuole avere intento primariamente ludico e l’unico scopo di “deliziare i bambini”, non si può negare che Il Mago di Oz abbia una morale importante e si faccia veicolo di una riflessione profonda sull’identità e i desideri dei singoli.
All’inizio della narrazione, c’è una bambina che vive in un paese tutto grigio. La sua vita è dominata dall’aridità circostante, che si rivela anche in una certa freddezza nei rapporti affettivi (con l’unica eccezione del piccolo, entusiasta Totò). Dorothy è una brava nipote, obbediente e animata da buoni sentimenti, ma un po’ egoista, come spesso i bambini. L’esperienza nel mondo di Oz sarà per lei occasione di
incontro con l’Altro e con l’Altrove, ma anche di riscoperta delle cose veramente importanti, in primo luogo la sua casa e la sua famiglia, che le fa provare nostalgia persino per la polvere del Kansas. Quando finalmente tornerà, il nuovo sguardo, nato dal viaggio, le consentirà di vedere nuovi colori anche dove prima c’era soltanto cenere.
E poi ci sono gli amici fedeli incontrati durante l’avventura. In primo luogo lo Spaventapasseri che, non avendo un cervello ed essendo ancora ignaro delle cose del mondo, non può capire perché le persone preferiscano vivere in posti grigi e tristi come il Kansas invece che in luoghi meravigliosi. È lui ad avere un pensiero veramente riflessivo, e sono sue molte delle idee che tirano il gruppo fuori dai guai. Poi il Taglialegna di Latta, che è stato un uomo innamorato e ora rimpiange il cuore che gli faceva provare affezionare e sentimento. Convinto di non averlo, è però mite e gentile, pronto a sciogliersi in lacrime di fronte alla sofferenza di qualsiasi creatura.
È interessante notare le schermaglie tra lo Spaventapasseri e il Taglialegna su quale organo sia più necessario alla felicità dell’individuo: 
– In ogni caso – osservò lo Spaventapasseri, – io chiederò un cervello, invece di un cuore, perché uno sciocco non saprebbe che farsene del cuore, anche se ne avesse uno.
– Io voglio un cuore, – ribadì il Taglialegna di Latta, – perché il cervello non basta a farti felice, e la felicità è la cosa più bella che esista al mondo. (p. 58)
Infine si incontra il Leone codardo, che ha paura – come tutti, del resto –, ma è roso da questa consapevolezza e dalle aspettative che gli altri nutrono sul Re della foresta. Nonostante la sua mancanza di coraggio, il grosso animale è pronto a lottare e dare la vita per Dorothy. Di fatto, ciascun membro della combriccola va cercando qualcosa che ha già dentro di sé e Oz, il grande ciarlatano, non fa che dar loro ciò che credono di desiderare, ma in realtà possiedono inconsapevolmente. Di fatto, con un pizzico di magia che oggi chiameremmo effetto Placebo, non fa che aiutarli a consolidare la loro autostima, rendendoli in grado di percepire le proprie qualità e rendersene finalmente degni.
Per questo la storia di L. Frank Baum piace sempre e così tanto: perché agisce come una pillola di ottimismo nel quotidiano, aiutando ciascuno a guardare oltre il grigiume che rischia di travolgerlo.
L’altro grande messaggio che emerge dalla narrazione è che le cose riescono bene se si fanno insieme: il gruppo di Dorothy e i suoi amici non potrebbe apparire più strano e mal messo insieme, eppure ciascuno fa la sua parte e le virtù degli uni completano quelle degli altri. Solo attraverso la cooperazione gli ostacoli che si presentano lungo il cammino possono essere superati, le sfide vinte.
La trama di questa specifica storia offre al duo MinaLima molteplici occasioni per dispiegare la propria creatività, e non solo nel passaggio dai toni seppia con cui viene mostrato il Kansas all’esplosione cromatica dell’opulento mondo di Oz (il blu del regno dei Ghiottoni, il verde della Città di Smeraldo, il rosso del Paese dei Grassoni, le tinte ocra di quello dei Gialloni…). Anche al lettore vengono forniti gli occhiali con le lenti colorate che sono la prima grande mistificazione di Oz e mostrano una realtà trasfigurata, anche oltre il limite della pagina, e alcuni pop-up danno vita ai personaggi e alle ambientazioni più pittoresche: la strada lastricata che attraversa il bosco e si perde in lontananza, l’esplosione cremisi dei papaveri che rischiano di perdere i personaggi… tra mappe estraibili e alberi che si protendono minacciosi dal foglio, streghe cattive che si sciolgono in una colata d’acqua e scarpette d’argento pronte a battere tre volte per riportare la protagonista a casa, la storia acquista spessore coinvolgendo il lettore in modi sempre nuovi. E, anche laddove non ci siano elementi interattivi, la fantasmagoria dei colori, dei luoghi e dei personaggi, la continua interazione tra testo e immagine e la minuzia dei dettagli inaspettati diventano l’occasione di fare di questo volume una piccola opera d’arte per grandi e piccini.
 
Carolina Pernigo