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«Qui non crescono i fiori» di Luca Giordano, da ISBN a Terrarossa

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Qui non crescono i fiori di Luca Giordano



Qui non crescono i fiori
di Luca Giordano
TerraRossa, 2021

pp. 216
€ 15,90 (cartaceo)
€ 8,90 (ebook)

«Voi non uscirete mai da qui» (p. 201)

Leggiamo nella pagina precedente il frontespizio che la collana Fondanti dell’editore pugliese Terrarossa «ripropone opere che hanno segnato un’epoca o hanno rappresentato un tassello fondamentale nel percorso narrativo di autori di talento». Qui non crescono i fiori, infatti, fu pubblicato per la prima volta nel 2013 dalla compianta ISBN edizioni, solo due anni prima della chiusura della casa editrice. Nella prefazione dell’autore, leggiamo come questa riedizione sia una sorta di seconda opportunità non solo per il lettore di godere di un romanzo altrimenti fuori circolazione, ma anche per l’autore che, con un mea culpa, si confida spiegando le ragioni che hanno portato, nei mesi successivi alla pubblicazione di questo esordio, a qualcosa di simile al fallimento letterario. Le prime pagine del libro trasudano una umanità che è bello ritrovare nelle opere di finzione.

Soprattutto nelle opere dure e controverse come Qui non crescono i fiori. Il romanzo si inserisce in quel filone letterario tipicamente italiano che affronta la vita di provincia di uno Stato che, a volte, sembra essere la provincia di qualcos'altro. Come ho scritto altrove, la provincia ha almeno due caratteristiche fondamentali: da un lato l’isolamento spaziale rispetto alla città che, quantomeno, sembra animata ancora oggi dall’eterna lotta fra centro e periferia, laddove invece in provincia nulla pare accadere; dall’altro, l’immobilismo temporale, per il quale quel poco che accade sembra quasi riferirsi a un orizzonte passato, non coevo al presente del resto del mondo. I fatti che accadono in provincia non sembrano avere rilevanza storica, né risonanza sociale, almeno finché non diventano fatti di cronaca, perlopiù nera. I personaggi che vivono in provincia non paiono perseguire gli stessi obiettivi di chi vive in città: i loro sogni sembrano – come dire – ridimensionati, adattati a una prudenza esistenziale che impedisce qualsiasi forma di gloria.

Come accade a Damiano e Pietro, amici da una vita, cresciuti in famiglie disfunzionali e dominate dal lutto, il cui unico desiderio è quello di lasciare l’isola in cui sono cresciuti e nella quale lavorano in qualità di meccanici. Come accade anche a Mario, padre di Damiano e dell’altro protagonista-bambino del romanzo, Salvatore: Mario anche ha un solo obiettivo nella vita, ed è arrivare a fine giornata, dimenticare il dolore dell’esistenza e ricominciare. Quale sogno di gloria può spingere tutti loro a cambiare, a evolvere, a dare un nuovo corso alla propria vita? Persino la fuga dall’isola di Damiano e Pietro passa attraverso un mezzo banale e per niente eroico, vale a dire la possibilità di entrare nella casa del Grande fratello. C'è un ridimensionamento delle aspettative e dei gesti che pare avvicinare le persone alla terra sulla quale poggiano i piedi: il cielo in qualche modo è precluso.

Come si può intuire, il grande fattore narrativo della provincia in Qui non crescono i fiori è segnato dall’ambientazione isolana, che non fa che incrementare questo senso di reclusione. L’isola infatti ha dei confini naturali, segnati dalla costa, la quale sbocca direttamente sul mare. Il mare, a sua volta, è spesso in letteratura connesso a due momenti: il sogno dell’altrove, quel quid misterioso oltre il quale esiste un mondo perfetto, o quantomeno scevro dal dolore vissuto al di qua; e il terrore dell’ignoto, poiché il mare è pericoloso, ci sono le onde, le bestie che vivono sotto la superficie, le tempeste in grado di far affondare le navi. Mario, Damiano, Pietro e Salvatore si ritrovano spesso a pensare al mare, e fra le due opzioni a prevalere è il terrore dell’ignoto. Il mare, per loro, resta quel luogo dal quale arrivano i migranti, nel quale troppe volte i migranti affogano, di notte. È un nemico indomabile, e allora perché affrontarlo se la vita, al di qua, è quantomeno sopportabile? Il risultato è che chi nasce sull'isola non può andarsene, e chi vi arriva neanche.

Qui non crescono i fiori è un romanzo arido, nel quale non c’è spazio per la gioia e la risata. La terra riarsa, le case spaccate dal sole e quelle bruciate dagli incendi rappresentano alla perfezione la piccolezza di certe esistenze e la durezza di certi luoghi nei quali un briciolo di gentilezza può costare la vita.

 

David Valentini