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“Saponi” di Elena Ghiretti: un’epopea di millennials e baby boomers in una Milano tanto assurda da essere realistica

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Saponi  di Elena Ghiretti


Saponi 
di Elena Ghiretti
Fandango, febbraio 2021

pp. 209
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La citazione di Fleabag scelta come epigrafe del secondo romanzo di Elena Ghiretti non serve solo ad impostare il tono umoristico della narrazione. La celeberrima serie TV anglosassone verte intorno allo stesso modo di vivere scapestrato e preda del caso in cui si troverà la protagonista Lucia dopo aver perso le sue certezze professionali e il suo fidanzato storico in un solo giorno, trovandosi priva di appigli come il personaggio interpretato dalla giustamente acclamatissima Phoebe Waller-Bridge. Ma se Fleabag abita la sua condizione di precaria infelicità con la grazia data dall’esservi cresciuta dentro, la quarantenne Lucia ci si trova di botto, in una giornata piovosa, e capisce che la ragione della sua rovina sentimentale e lavorativa è una sola: i trentenni, i maledetti millennials, che si stanno approfittando dell’implacabile invecchiamento dei baby boomers per prendere il comando, spargendo la loro allure biologica, vegana e tantrico-spirituale su ogni cosa. I trentenni sono la malattia tentacolare che si stringe attorno a Lucia, che inizia a vederli ovunque, dai bar milanesi invasi di nomadi digitali che sorseggiano astruse miscele di caffè davanti ai loro Mac, fino al mondo consumista del product marketing di cui Lucia si occupa, arrivando perfino a portarle via il suo fidanzato Luca, che la lascia di botto per inseguire una giovincella.

Inizia così la lunga discesa agli inferi di Lucia, iniziata con una dipendenza notturna dalle foto pennellate delle influencers di Instagram, continuata con un’esperienza da coinquilina in una sorta di comune di variegati trentenni, e conclusa con l’acquisizione della consapevolezza che, in fondo, tutto è lecito e niente è fatale, basta essere padroni della propria narrazione, e soprattutto, essere in grado di farci una bella risata sopra. Se lo scopo di Ghiretti è esorcizzare la Lucia che giace dentro tutti noi, letargica e preda degli standard di normalità imposti dagli altri, è anche vero che, nel raggiungimento di questo scopo, ne fanno le spese i personaggi, che restano sempre un po’ macchiettistici. Sarebbe stato bello farsi trascinare nel mondo della Milano graffiante del marketing e dei Negroni sbagliati, ma anche nella stralunata realtà dei millennials come Donatello, Ada e Gordon che si divincolano con scioltezza tanto dagli standard consunti della vecchia generazione quanto dai propri sogni d’adolescenza infranti, trovando la propria grazia nell’imperfezione. Invece le situazioni restano un po’ schiacciate addosso alla metamorfosi di Lucia, con colpi di scena assurdi che trovano un loro senso solo nel momento in cui, finito il libro, ripensiamo alla serie di peripezie della protagonista, e ci viene da ripensare a qualche sporadico evento similmente assurdo accaduto anche a noi.

Insomma, se la storia e i personaggi a volte ci lasciano un po’ sconcertati e confusi, lo scopo catartico del romanzo è chiaro al di là della sua realizzazione, e infatti il romanzo raggiunge i suoi apici nei momenti in cui l’autrice si abbandona a un flusso di coscienza turbinante che rispecchia tanto la Milano frenetica a lei contemporanea quanto il multiverso digitale in cui tutti noi, volenti o nolenti, millennials o baby boomers, spendiamo larga parte delle nostre vite. Le pagine in cui Ghiretti ci trascina nell’intossicazione di modelle e fotografe di Lucia sono magistrali nella loro follia, così come le descrizioni impeccabili del letale mondo al technicolor delle agenzie di marketing, da cui traspare l’esperienza diretta dell’autrice, che per anni si è occupata di brand strategy, proprio come la sua Lucia. E se il sospetto dell’autofiction viene esorcizzato da momenti di escapismo centrifugo dalla plausibilità – come i viaggi di Lucia in una specie di inconscio collettivo abitato da alieni e gabbiani che le danno consigli immobiliari – è innegabile che è nei momenti più crudamente realistici, dove Ghiretti attinge dalla sua esperienza, che il romanzo si compie.

Insomma, una Fleabag più anziana? Alla fine dei conti, il paragone con la serie anglosassone non regge, né dal punto di vista della trama, né da quello dello stile umoristico. Saponi è un romanzo a sé, imparagonabile a qualsiasi altra narrazione, che punta dritto a un obiettivo e trascina i lettori verso di esso, volenti o nolenti. L’umorismo che ne deriva è tagliente e dal retrogusto amaro come quello di Phoebe Waller-Bridge, certo, ma è anche meno introspettivo, meno psicologico, e più focalizzato sulle relazioni interpersonali: più comodo per il lettore si voglia calare dentro i panni di Lucia e finire il libro un po’ meno letargico e un po’ più determinato ad essere felice. O perlomeno, più determinato a trovare la forza di narrare da sé la propria storia di infelicità, ridendoci sopra, e ricominciando una storia nuova.

Marta Olivi