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La storia di tutte le ragazze cadute nella botola: "Sembrava bellezza", il ritorno di Teresa Ciabatti

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Teresa Ciabatti sembrava bellezza

Sembrava bellezza
di Teresa Ciabatti
Mondadori, gennaio 2021

pp. 239
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


La donna biondo castana dal guardaroba fornito, protagonista di Sembrava Bellezza, ha quarantasette anni ed è una scrittrice affermata quando nella sua vita ricompare Federica, l'unica amica avuta durante gli anni del liceo con cui ha condiviso il sovrappeso, l'isolamento, la bramosia di essere desiderata.
Su quel tappeto blu di camera sua, l'amica le ripeteva sempre "siamo uguali", ma non lo erano affatto: Federica poteva accedere all'elitario Circolo della Caccia e non si vergognava di casa sua, non aveva una madre "costretta a vendere gli etruschi" perché il padre non le passava soldi, non era arrivata ai Parioli dalla Maremma con uno zainetto a forma di koala pieno di senso di inadeguatezza.
Di certo le due adolescenti erano "nel medesimo spicchio di umanità" (p. 24) al cospetto di Livia, la sorella maggiore di Federica: un disinibito essere biondo dal fisico perfetto, "sogno proibito di almeno tre generazioni di maschi" (p. 40).
Già annoiata dal sesso e dal fidanzato Massimo, Livia avrebbe voluto provare emozioni diverse: è per questo che si era recata nel camerino di quel noto negozio di via del Corso, dove si narrava che una botola potesse inghiottirti, così come era avvenuto a Mirella Gregori e a Emanuela Orlandi. 
Nessun buco nero si era aperto sotto i piedi di Livia, ma la reginetta della scuola ammirata da tutti era scomparsa davvero: una notte, un evento terribile l'aveva cristallizzata per sempre in un'eterna diciassettenne, una creatura che nessuno avrebbe più voluto essere.
Chiudo gli occhi, ogni volta che chiudo gli occhi da allora, Livia è nella luce, e un attimo dopo no. Monito che le cose belle durano poco, pensiamo alle farfalle, prendiamo le farfalle. (p. 26)
Il ritorno di Federica nella vita della scrittrice a distanza di trent'anni da quell'incidente la coglie in quel "tempo di solitudine" (p. 70) in cui si ritrova divorziata, con l'amante di turno sparito e con l'unica figlia ventenne che la evita, accusandola di essere una donna avida e orribile e si delinea così come l'ennesima occasione di rivalsa ("chiediamo allora a chi sia vietato l’ingresso nei circoli oggi, l’ingresso a quel Circolo", p. 86) a corredo di un'esistenza trascorsa alla ricerca del riscatto sociale solo assaporato attraverso il successo effimero del suo libro ("sei mesi, poi l’oblio", p. 164).

Ma l'incontro con l'amica la costringe anche a ricordare, tratteggiandosi sempre di più come possibilità di espiazione: che cosa è successo a Livia quella notte? Qual è il segreto che custodisce la protagonista? 
Torna indietro, scrittrice, torna alla notte di tenebre della tua giovinezza, è forse racchiuso lì il segreto di tutto? Chi sei, ciò che ti terrorizza. Conta le volte in cui nei tuoi libri compare una bambola bionda. Figura evanescente, te stessa, riemersa per dire: è colpa tua. (p. 53)
A distanza di quattro anni dalla pubblicazione de La più amata, che l'ha conclamata finalista al Premio Strega, Teresa Ciabatti torna con la stessa voce narrante fortemente autobiografica che porta di nuovo il lettore a chiedersi chi sia a parlare, se la stessa scrittrice o una sua versione manipolata.

L'originale scrittura cruda e potente risucchia il lettore in un flusso di coscienza spasmodico dall'interpunzione fuori da ogni regola sintattica, in cui si alternano presente e passato, ricordi vividi e reminiscenze offuscate: la protagonista è una scomoda antieroina pronta a mettere a nudo sentimenti che la società impone di reprimere, quali invidia, risentimento, vergogna, a rompere la quarta parete richiamando all'attenzione la platea delle sue confessioni e costringendola a giudicarla senza sconti.
Povera me – torna l’autocommiserazione –, piccolissima me (lascia perdere che pesavo ottanta chili, dimentica lettore che disprezzavo madri, ingiuriavo padri, sognavo di uccidere compagni di scuola, se non tutti, una, Lavinia). (p. 116)

Sembrava bellezza ci parla del tempo che scorre inesorabile, di corpi asimmetrici che si trasformano, di bruchi che diventano farfalle dalla meravigliosa ma effimera vita, per ricordarci che dietro qualsiasi forma di bellezza possono sempre celarsi buio e fragilità.

Elisa Pardi