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La delicatezza e la poesia in un "Doppio Vetro"

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Doppio vetro
di Halldóra Thoroddsen
Iperborea, 2019

Traduzione di Silvia Cosimini

pp. 106
€ 15,00 (carteceo)
€ 9,99 (ebook)




La protagonista di questo libro è una donna anziana che vive nel centro di Reykjavik e che guarda, almeno inizialmente, il mondo dalla finestra del suo appartamento. La sua vita è scandita dalla «regolarità prima di tutto» (p. 11), tipica dell’età, da azioni lente, dai ricordi («Dalla finestra rivolta a sud: un tizio passa di corsa, è tanto che lei non corre», p. 12) di piccole cose che le scaldano il cuore, pur con la consapevolezza di diventare sempre più una spettatrice dei propri pensieri. 
In modo del tutto inaspettato la sua vita viene sconvolta da Sverrir, un chirurgo in pensione che forse aveva già incontrato in giovane età, che la corteggia e con il quale, con ritrovata energia, pianifica una nuova vita a due. 
Tra loro ci sono la passione, la complicità, la serenità e la volontà di viversi per gli anni che ancora devono affrontare. Il loro è un rapporto delicato, ma deciso, nel quale c’è spazio per la condivisione profonda pur nel rispetto della propria identità…«L’unica cosa che non ha età è l’amore: quello colora ogni fase, anche se le sfumature cambiano con gli anni» (p.54). 
La loro storia non è una favola, ma tutta la narrazione resta un racconto poetico. 

La prosa è delicata, soffice, soave, e porta il lettore fuori dal tempo e dallo spazio, come in una realtà ovattata, sospesa.  
Non ci sono avvenimenti travolgenti in questo libro; c’è vita vissuta, consumata e piena di energia, nonostante l’età dei protagonisti, che viene raccontata con un velo di ironia.
Sverrir ha settantacinque anni: «Ti faccio il quadro completo: ci sento piuttosto bene, tranne che in mezzo alla gente. E gli occhi mi rendo ancora un servizio accettabile. Ho le ginocchia messe male, cammino col bastone, come vedi» (p. 30).
La protagonista ha settantotto anni e «il naso è diventato più arbitrario […] Per quanto riguarda il tatto e il gusto [...] probabilmente non li ho mai usati abbastanza [...] Ma ci vedo bene» (p. 30).

La gentilezza che trasmette il  libro è data dalla delicatezza del loro amore, che è profondo, «tenero e bello» (p. 64) pur nel disincanto che non può essere idilliaco, la perfezione non esiste e la protagonista ce lo racconta con sagacia, fierezza e decisione. 

Durante la lettura è immediata una riflessione sulla vita degli anziani, che restano isolati e non hanno più un ruolo da protagonisti, ma sono esseri umani vivi, con i loro sentimenti, i loro desideri, le loro passioni che, il più delle volte, sono vissuti senza condivisione né con i coetanei, né con i figli. 

La protagonista,  con la consapevolezza che «nessuno percepisce le cose in ugual modo» (p. 101), è una maestra di vita, una donna che si impone al di là del pensiero dei figli e della società, che vuole difendere comunque la sua autonomia. 
Partecipa come può alla vita politica scendendo in piazza con i giovani (la vicenda si svolge negli anni della grande crisi d’Islanda attorno al 2010), per sentirsi vera e per dare il suo supporto, con la cognizione di una donna che poi 
«Molla il comando. Lo fa con lucidità e di buon grado, cioè, nella misura in cui lo fanno i potenti, quando non riesce più a cavarsela da sola» (p. 105).

Elena Sassi