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Vincanto: sinestesie sul mondo del vino

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Vincanto
di Dalila Valentina Salonia
Edizioni Malcor D', 2017

pp.192 
€ 20,00 (cartaceo)


Proprio qualche giorno fa mi trovavo nel surreale silenzio delle strade di un paese qualunque, all’ora di pranzo, con il sole intorno e un telone per godermi la luce e l’ombra e in mano un calice di Nebbiolo, e mi sono trovata a pensare “Ecco la felicità!”. In quel momento, ogni singola parte del mio corpo concorreva, attraverso i cinque sensi, a rendermi presente e felice per quello che stava accadendo. Non si trattava di bere un calice di vino, ma di sperimentare un'esperienza, così come spesso accade di fronte ad un'opera d'arte che ci travolge o ad una musica che ci commuove. Questo fenomeno polisensoriale, viene chiamato dagli psicologi sinestesia, che è anche un'amata e praticata figura retorica (quella che ci fa appunto accostare due parole appartenenti a due piani sensoriali diversi, come colore squillante).
Si dice che anche Leonardo Da Vinci ne fosse affetto, e questo ci ha regalato opere meravigliose e intuizioni scientifiche su cui ancora ci arrovelliamo, e per affinare tale capacità sensoriale, gli intellettuali ricorrevano a viaggi d'altro tipo o all'esercizio della meditazione.
In questo libro, non a caso chiamato Vincanto, la felicità sinestetica è un viaggio attraverso i vitigni più famosi e le sensazioni che ci regala ogni calice di vino buono. Dietro ogni parola, scritta con maestria ed eleganza dall’autrice, Dalila Valentina Salonia, giornalista e sommelier, grande conoscitrice di vini, c’è un pensiero e un’esperienza, oserei dire una filosofia.
Il vino non è materia inerte ma natura viva. Come noi è dotato di personalità, come noi vibra a un ritmo sempre diverso. In relazione alle diverse ore del giorno e della notte modifica la propria frequenza. L'anima del vino dialoga con la nostra e possiamo scegliere la melodia su cui ci vogliamo sintonizzare assecondando la delicata danza delle nostre emozioni o il momento che stiamo vivendo.
Tutto contribuisce a rendere unico questo libro, che sfugge ad una catalogazione definita, un po’ manuale, un po’ vademecum, un po’ diario di viaggi ed esperienze, di bellezza sinestetica da accostare ad ogni sorso, tutto infine confluisce in un bicchiere di vino, rosso o bianco, fermo o lievemente brioso. 

Si parte da un identikit del vino, che ci descrive i vini più importanti della tradizione, dallo Champagne e il Barolo, passando per l'Amarone, il Chianti e il Brunello, per giungere all'Etna e al Passito di Pantelleria, in un viaggio di gusto ma anche geografico, che parte dal Nord per giungere al Sud, cuore della vita dell'autrice e terra di fuoco audace e indescrivibile dolcezza. In questo excursus tecnico non si tralasciano, tuttavia, aneddoti e note legate anche alla letteratura e all'arte del luogo.
"I popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie quando impararono la coltivazione dell'olivo e della vite", recitava Tucidide nel V secolo a. C.. Per le popolazioni antiche la fine della barbarie era segnata da questa piccola e preziosa pianta: all'ombra della vite ha inizio la civiltà del Mediterraneo.
Dopo questa parte più tecnica e storica, ecco un susseguirsi di suggestioni e associazioni sinestetiche.
Molto interessante è la sezione che accompagna ogni vino su cui l'autrice si sofferma, ovvero la ricetta per un'esperienza di degustazione polisensoriale, con tanto di ingredienti, scelta di calici ad hoc, luogo e musica abbinati. Il tutto finemente condito da un'esperienza personale associata a quel particolare vino, in cui l'autrice mette in gioco molto di se stessa e delle sue esperienze, con una narrazione tra il lirico e il descrittivo molto piacevole.
È strano come nel silenzio un singolo insignificante suono possa essere irritante: una goccia d'acqua cade ritmicamente senza sosta dal lavandino rotto; fastidiosa e implacabile rappresenta per me l'immagine figurata dell'insistenza. Le persone insistenti mi ricordano la goccia ottusa e martellante. 
Per esempio, questo era l'incipit del racconto personale per accompagnare il Chianti, che diventa quindi spunto per narrare e raccontarsi, come una buona bottiglia di vino, metaforicamente, deve saper fare.

Samantha Viva

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