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«Non abbiamo nessun programma. Solo dolce far niente»: quando il weekend si trasforma in graticola sociale

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Il weekend
di Peter Cameron
Adelphi, 2013

Traduzione di G. Oneto

pp. 177
€ 16 (cartaceo)


É strano osservare in mezzo agli altri qualcuno che hai sempre visto solo: quel tale, come lo conosci tu, scompare e al suo posto c'è una persona diversa, più complessa. Lo guardi gravitare nella nuova compagnia, mostrare nuove sfaccettature, e non ti resta che sperare che anche questi lati ti piacciano, come quello che prima, quando era solo con te, sembrava l'unico. 
Quando pensate al weekend, cosa vi viene in mente per prima cosa? Relax? Finalmente libertà? Forse con questi piani Robert ha accettato di accompagnare Lyle in campagna: certo, loro si frequentano da poco e Robert è decisamente più giovane e fa il cameriere, anche se aspira a diventare un pittore affermato. Però a Robert andare a conoscere gli amici di Lyle, Marion e John, sembra una buona occasione per scoprire qualcosa di più dell'uomo di cui si sta innamorando. Tanto più che Marion e John sembrano due spiriti controcorrente: approfittando della loro agiatezza economica, hanno scelto di non lavorare per dedicarsi alla vita tranquilla della campagna, dove crescere il loro piccolo Roland, di quasi un anno. 
Ma le cose non sono così semplici: Lyle, in treno, confessa a Robert che in quel weekend ricorre un anniversario particolare: è passato un anno dalla morte di Tony, precedente compagno di Lyle, nonché fratellastro di John. Prima ancora che Robert realizzi di essere ormai prigioniero su un treno che lo porterà in una casa piena di foto di Lyle con un altro uomo, di sguardi apparentemente ben disposti e in realtà indagatori, ecco che il treno si ferma e tutto diventa realtà. Se John, un po' sociopatico, ama prendersi cura delle sue piante nell'orto e accetta Robert piuttosto facilmente, Marian, scossa da una serie di tensioni di coppia e preoccupazioni di madre (perché Roland dorme tanto e non gattona?), fa più fatica a realizzare che di fianco a Lyle ci sia questo bel ragazzo, tanto giovane. 
In poco tempo, Peter Cameron fa ciò che gli riesce meglio: mescola le carte e lascia che i rapporti sociali si evolvano, accentuando ora le insicurezze di Robert, ora il finto cinismo di Lyle («Lo sforzo dell'umanità di creare bellezza gli parve all'improvviso inutile e patetico, e la pietà che provava, accentuata dal martini, era infinita, opprimente»), sempre più scrutati da Marian, a cui non basta neanche l'accondiscendenza (un po' superficiale e opportunistica, questo va detto) del marito.
L'equilibrio che Marian e John hanno costruito, il loro quieto vivere, senza brusche novità, si spezza con l'arrivo di un estraneo "usurpatore", Robert, e tornano a galla sofferenze, a cominciare dalla malattia che ha portato Tony alla morte, un vero e proprio trauma per tutti. 
A movimentare un po' la situazione della doppia coppia, una vicina di villa, l'eccentrica e italiana  Laura non fa che sottolineare, in modo caricaturale ed eccessivo, quanto dietro all'apparente benessere e all'ostentazione della ricchezza si nascondano paure, tensioni, frustrazioni: ne è la prova la sua solitudine, portata alta come un vessillo, ma che copre un pessimo rapporto con la figlia Nina, attrice di poco talento impegnata in ruoli tutt'altro che edificanti. 
Ed è così che il weekend, da momento di pace auspicata, diventa una sorta di prigione dorata, dove ognuno si trova a recitare la propria parte, a celare o perlomeno edulcorare ciò che prova davvero. Noi lettori stiamo col fiato sospeso, leggiamo i dialoghi tanto fluidi e verosimili da farci immediatamente capire chi parla, in attesa che la famosa goccia trabocchi dal vaso del bon ton. E, in effetti, Cameron non ci delude e porta avanti la sua analisi della precarietà dei rapporti sociali con disincanto e incredibile maestria. 

GMGhioni