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La nuova edizione Marsilio della "Ballata del vecchio marinaio"

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La ballata del vecchio marinaio
di Samuel Taylor Coleridge
traduzione e a cura di Rocco Coronato
Marsilio, 2018

pp. 117
€ 12


Come giustamente fa notare il curatore dell’edizione Marsilio, la coppia iconica del marinaio e dell’albatro della Ballata del vecchio marinaio è «strana, eppure riconoscibilissima in un mare sconfinato di allusioni, anche parodiche, in narrativa, musica, cinema, televisione, videogiochi» (p. 9), al punto che, fa presente, la ballata viene citata anche nei Simpson (episodio 5x08) – ma qui, aggiungo io, ci si dimentica della consacrazione avvenuta nell’omonima canzone degli Iron Maiden.
A questa ballata, continua Coronato, «si può davvero far dire di tutto» (p. 15), e in effetti la letteratura primaria e secondaria a tal proposito è sconfinata: le cinque pagine di bibliografia riportate a fine libro possono essere facilmente integrate facendo anche una semplice ricerca su Google.
È superfluo affermare che di un testo del genere non si possa scrivere una vera e propria recensione senza ricadere nel già detto. Mi soffermo dunque, per quanto riguarda questa versione dell’opera di Coleridge, su tre aspetti paratestuali: l’introduzione, l’apparato delle note, l’aspetto estetico in sé.
Le circa 20 pagine di introduzione sono piuttosto classiche poiché vanno dalla genesi dell’opera alle sue interpretazioni, passando per le fonti, e ciononostante risultano esaustive sia per il lettore novizio sia per quello che già conosce l’opera, considerando che non si tratta di un’edizione critica quanto più che altro di una tascabile. Interessante è in proposito l’ultimo paragrafo chiamato “Il trauma dell’indistinto”, che affronta il tema dello smarrimento percepito dal lettore e, metaletterariamente, dall’invitato a cui il vecchio marinaio narra la vicenda. «A tal fine» scrive Coronato, «l’oscurità è necessaria: se conoscessimo appieno il pericolo e riuscissimo ad abituarvi i nostri occhi, non ne avremmo timore» (p. 23). Il gotico e l’horror infatti si intrecciano nella ballata a un messaggio salvifico che giunge solo alla fine, e tutto questo groviglio è proprio ciò che scatena quel trauma di cui il curatore parla.
Le note risultano anch’esse complete e si occupano sia di chiarire alcuni punti complessi della poesia, sia di rintracciare le fonti storiche e letterarie a cui Coleridge ha attinto, oltre che di esplicitare al lettore quali passaggi siano stati pensati dall’amico William Wordsworth e come risultavano le stanze nelle varie edizioni (l’ultima delle quali è del 1834). Per una composizione di 625 versi, 44 note risultano più che sufficienti a mio avviso.
L’estetica è, infine, ciò che colpisce subito. L’edizione si presenta compatta e unitaria alla vista e al tatto: la scelta della carta e la ruvidezza della copertina, con l’illustrazione di Peder Balke, danno quel tocco di eleganza che ci si aspetta da un libro di poesia. Al di là del testo, questa edizione della Ballata del vecchio marinaio è dunque un bell’oggetto da avere nella propria libreria.

David Valentini





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