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#CriticARTe - La cronistoria del 1968, tra sognatori e cambiamenti

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Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo.

Roma, 5 maggio – 2 settembre 2018
Museo di Roma in Trastevere

biglietto intero residenti/non residenti:  6,50 € - 7,50 €
biglietto ridotto residenti/non residenti: 5,50 € - 6,50 €


Per molti l'anno della rivoluzione, per altri della ribellione e della violenza. Per Agi Agenzia Italia invece è stato l'anno dei sognatori, di coloro che utopicamente credevano nel cambiamento. La mostra è la cronistoria, esposta con la chiave grafica della Pop Art (ovvio, no?), di un anno che ha lasciato dei segni indelebili nel mondo. La mostra si apre con un pannello introduttivo intitolato “Come eravamo” nel quale vengono ricordati alcuni aspetti della società italiana sessantottina, come la lettera di Pier Paolo Pasolini contro gli studenti di Valle Giulia, il volantino pubblicitario di Miss Italia, la copertina del vinile di Adriano Celentano, la foto di una rivolta e la macchina da scrivere Valentine. In evidenza ci sono due frasi: “We want the world and we want it now” (vogliamo il mondo e lo vogliamo adesso) di Jim Morrison e la definizione della generazione sessantottina di Daniel Cohn Bendit la prima a vivere, attraverso il flusso di immagini e suoni, la presenza fisica e quotidiana della totalità del mondo”. 

È una panoramica riduttiva, è un solo un piccolo assaggio che invita a proseguire. Ci sono le copertine dei principali giornali italiani dell'epoca che, con sguardo critico e attento, analizzano i fatti di quel periodo. La Stampa, Il Messaggero, L'Espresso ci invitano a riflettere su quanto accadeva attraverso titoli chiave, alcuni ai limiti del corretto, permettendoci di analizzare un periodo che magari per questioni cronologiche non abbiamo vissuto. C'era la guerra in Vietnam, il golpe in Grecia, la Primavera di Praga e gli omicidi di Martin Luther King e di Bob Kennedy. E' un percorso visivo in cui a far da padrone sono le foto -ben 171-, testimoni implacabili e obiettive, che lasciano il compito di giudicare, di trovare un senso tra la violenza espressa dagli omicidi, dalle guerre, dalle lotte e tra l'innocenza degli studenti e degli operai che tutto volevano, meno che subire in silenzio un qualcosa che oramai strideva con la nuova mentalità alle porte.

Le immagini - alcune in bianco e nero, altre a colori- delle repressioni nel mondo sono crude, non lasciano certo indifferenti e rimangono impresse, costringono il visitatore a prendere una posizione, anche se postuma. Così osserviamo passivi un soldato che punta una pistola alla tempia di un vietnamita, una manifestazione a Praga in mezzo alle auto bruciate e ai carrarmati sovietici, una donna in lacrime che tiene in mano un giornale che annuncia la morte di Bob Kennedy. Il percorso prosegue e l'attenzione cade nelle statistiche politiche rapportate ai giorni nostri. Per esempio l'affluenza al voto in Italia nel '68 era poco più del 90% (92,91% alla Camera, 93,03% al Senato), mentre nel 2018 siamo attorno al 70% (72,90% alla Camera, 73,00% al Senato). Dati che spingono a ragionare sul fatto che davvero, negli anni '60-'70, vi era una grossa partecipazione attiva alla politica, un interesse comune vissuto non come una conoscenza, un sapere, ma come un diritto, come un qualcosa che toccava e coinvolgeva tutti. 

E si finisce nel vivo della storia italiana con lo scontro a Valle Giulia tra studenti e polizia. Un evento increscioso che coinvolse tutti, perché tutti avevano qualcosa da dire, una posizione da prendere. Pier Paolo Pasolini si schierò contro gli studenti con una lettera nella quale dichiarava l'odio per quei giovani con “le facce di figli di papà”, prerogativa “dei piccolo-borghesi”, mentre lui simpatizzava per i poliziotti. Sul muro in una piccola stanza sono esposte le foto e i video delle manifestazioni pacifiche e degli scontri violenti, testimonianze dirette di un grido sociale che non poteva più essere ignorato. La mostra è arricchita anche da installazioni multimediali e differenti memorabilia, dai più importanti strumenti di comunicazione dell'epoca, come il jukebox, alla macchina da scrivere rossa Valentine dell'Olivetti e al ciclostile, antesignano dei moderni scanner, fondamentale per la realizzazione di volantini e tazebao (dal cinese “dazibao” che significa letteralmente “giornale a grandi caratteri”) necessari per le manifestazioni per poter esprimere con un linguaggio essenziale nel formato cartaceo un dissenso generale. 

È la fine della Dolce Vita, stile di vita frivolo e leggero che prese il via nel '58 in un ristorante a Trastevere, Roma. E' l'anno della Valle del Belice, il terremoto che colpì la Sicilia. Nel mondo invece è un anno che porterà innovazione ed esplorazione, l'innovazione con la nascita della Intel – multinazionale informatica americana fondata nel '68- e l'esplorazione con la prima foto della Terra dalla Luna -scattata nel 1969-. Sono gli anni in cui gli americani neri vincono le Olimpiadi e alzano il braccio con il pugno chiuso in un guanto nero in segno di protesta, gesto appartenente al Black Power, gesto non violento che li portò comunque a non essere più ammessi alla gara sportiva mondiale. E' la vincita dell'Italia all'Europeo che si riscatta così dalla perdita del mondiale nel '66. Rimane un'ultima sala da visitare: è la riproduzione di un'aula universitaria della Sapienza occupata dagli studenti. Sulle pareti gigantografie e video dell'epoca. Si giunge alla fine con un'ultima considerazione suggerita dal pannello conclusivo “Come saremo”.

È un excursus a tutto tondo dei fatti principali accaduti in Italia e nel mondo, fatti che hanno costruito pezzi di storia che i nostri figli e i nostri nipoti studieranno a scuola. L'anno dei sognatori, certo, ma anche dei ribelli (nello specifico quelli non violenti) che non hanno abbassato la testa spinti dalla necessità di un cambiamento.

Alessandra Liscia