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"I difetti fondamentali": l'arte del racconto al suo meglio

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I difetti fondamentali
di Luca Ricci

Rizzoli, 2017

€ 20 
pp. 344



Gli scrittori: figure complesse, spesso raccontate nella loro parte migliore. Ma cosa pensano veramente? E come si comportano fuori dai riflettori?
Ebbene, hanno dei difetti. Quattordici Difetti fondamentali, tanto più umani che letterari.
Nella sua ultima raccolta di racconti (edita da Rizzoli), Luca Ricci indaga proprio questa categoria professionale − se così si può definire – in chiave postmoderna, spogliandola dall’incarto. E lo fa proprio bene, guardando i suoi personaggi dall’interno, li lascia parlare come in confessione, si ficca nelle loro teste, di quei ‘tipi eccentrici’, e li porta al limite del grottesco.

Il punto di vista  è  quasi sempre quello del protagonista-narratore, in una prospettiva psicologica, che investe l’atteggiamento mentale. Luca Ricci coglie le necessità dei suoi personaggi, per cui lascia che si esprimano in libertà, nello loro pulsioni (anche quelle più sfacciate), nei sentimenti (persino quelli inediti), nelle manie e altro ancora. Tuttavia, non è uno sguardo asettico, il narratore coincide con il protagonista e il lettore gli entra in casa. Che sia l’Affittacamere o l’Adultero, l’Invidioso o lo Stregato, c’è un’ossessione di fondo che li accomuna, una sorta di redenzione artistica, che si attende in fila, con il narcisismo in mano.


Tra gli scrittori ‘difettosi’, c’è una sola scrittrice: Olga, canonizzata da Giorgio Gamba, che ne decide la sorte. In un mondo letterario in cui è la Critica a sancire il valore e il successo di un libro, «non conta cosa si dice, perché non c’è un sistema univoco e oggettivo per stabilire cos’è bello o brutto, ma invece conterà sempre e tantissimo il prestigio di chi parla.» Ed ecco che I difetti smantellano l’elogio alla Cultura per mostrarne la parodia, che va dai rifiuti editoriali  ai periodi di eremitaggio, dagli abusi di potere ai premi letterari. Lo spazio-tempo non è solo quello ‘professionale’, in ogni racconto c’è un pezzo di realtà ben precisa, una collocazione netta, che sia un bar, un luxury hotel di Capri, una stanza d’albergo o un appartamento di Roma. Insomma, gli spazi non hanno la pretesa di essere vasti, nella maggior parte dei casi sono ambienti provati, accessibili all’identificazione del lettore. 

Ma aldilà della trama e della semantica, lo stile rimane la cosa più interessante. Fluido, dal lessico medio e con l’insindacabile costruzione drammaturgica. Le citazioni letterarie all’inizio di ogni racconto diventano un filo di Arianna da seguire, in mezzo alle descrizioni – che pure rimangono essenziali – e ai dialoghi, dove humor e verosimiglianza si alleano.

La stessa struttura narrativa muta rispetto alle raccolte precedenti (Fantasmi dell’aldiquà o prima ancora L’Amore e altre forme d’odio), qui i personaggi non ricoprono solo dei ruoli (moglie, figlio, vicino, etc.) come avviene solitamente nei  racconti dell’autore pisano. O meglio, lo fanno, ma si caratterizzano con un’identità specifica.  Questa volta oltre ad avere un carattere e una funzione (il critico, l’editor, il laureando e così via), hanno anche un nome.

In definitiva, I difetti fondamentali sono quattordici storie legate alla Scrittura, viste da una prospettiva insolita, quella più intima, che tuttavia non perde di vista il mestiere di scrivere. Ne vien fuori una raccolta ricca di riflessioni, che non ha alcuna presunzione di arrivare al punto, di fornire risposte definitive. Ma, suo malgrado, al punto ci arriva lo stesso.
Scrivere è come fare petting, né più né meno. Scrivendo uno non arriva mai al punto e può continuare a macerarsi per ore, giorni, settimane, mesi, anni e così via. Insomma scrivere non è piacevole, ma eccitante.

Isabella Corrado