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Un romanzo senza zucchero come una tazza di tè bianco: "Quattro tazze di tempesta" di Federica Brunini

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Quattro tazze di tempesta
di Federica Brunini
Feltrinelli, aprile 2016


pp. 207
€ 15



Uno dei maggiori filoni della narrativa contemporanea è quello composto da libri che, a cominciare dal titolo, portano un indizio, il più delle volte molto palese, della commistione tra vita, cibo, sentimenti e sapori/odori. Quante volte infatti, girovagando per librerie o anche reparti libri di ipermercati e autogrill, ci siamo imbattuti in testi come "Zenzero, miele e complicità", oppure "Fragole, un tocco di follia e un'estate al mare" o anche "Profumo di cioccolato, sapore di peperoncino e altri racconti". Questi libri, va da sé dedicati ad un pubblicato prettamente femminile,possono essere tutti considerati delle modeste operazioni letterarie, sorte in una data imprecisata (ma molto prossima all'uscita di Chocolat nelle sale cinematografiche. Ecco il libro di Federica Brunini, Quattro tazze di tempesta, uscito per Feltrinelli, utilizzando una frase un po' politicamente scorretta ma che forse rende bene l'idea, non è uno stucchevole libro per signorine: è un romanzo fatto e finito, da gustare senza zucchero, come una buona tazza di tè bianco, il tè degli imperatori. 

Federica Brunini tesse le vicende di un gruppo di quattro amiche, una specie di tetraedro in cui si possono ravvisare le diverse facce delle diverse personalità che si raggruppare nell'essere donna: c'è Viola, la protagonista, reduce da un grave lutto (è rimasta vedova molto giovane) che si rifugia in Provenza dove allestisce un negozio di tè, c'è Mavi, la moglie perfetta ma stressata da una vita frenetica tra lavoro, famiglia e bambino, poi c'è Chantal, l'eterna Peter-Pan al femminile, che nonostante abbia compiuto quarantanni non rinuncia ad inseguire i sogni ed infine c'è Alberta, la ragazza anticonvenzionale e ricolma di passioni. Queste quattro amiche, cresciute assieme  dai tempi del liceo si ritrovano ogni anno in un piccolo paesino della Provenza (la casa-laboratorio di Viola) per festeggiare il compleanno della padrona di casa e fare i conti col proprio destino.

Questa per sommi capi la trama. Ma la cosa che viene fuori sin da queste prime righe è come Quattro tazze di tempesta sia, fortemente, un libro di bilanci, ovvero di domande che ci si autopone oppure che vengono poste da amici o conoscenti sul bilancio della propria vita, passata la fatidica soglia dei quaranta. Nelle storie di queste quattro donne ora simili ora molto diverse vi sono altrettante tempeste che significano quanto, nella vita di tutti noi, le turbolenze, i momenti difficili siano propedeutici per la nostra formazione e la nostra crescita, la quale, per forza di cose (o forse per forza di destino) non può essere lineare ma è sempre a strappi, a scoppi improvvisi: come i tuoni che annunciano tempesta.

In questo libro, scritto con uno stile immediato ma non stucchevole che risente certamente della professione giornalistica dell'autrice ma che denota anche un interesse, non così ordinario, per la sfera e dei sentimenti e, soprattutto, dei colori e delle tinte (uno dei libri più cromatici che si siano letti da un bel po' di tempo a questa parte), si affrontano anche molti temi che, tutti i giorni, la contemporaneità ci mette davanti. Ad esempio si tratta diffusamente (ma senza un piano preciso oppure un intento saggistico/didattico) dei perché molte donne decidano di non avere figli per tutta una serie di motivi. Fino a qualche anno fa discorsi del genere avrebbero fatto rabbrividire, sarebbero stati bollati come contro-natura. Ora invece, paradossalmente proprio quando la scienza e la tecnica permette di mettere al mondo dei figli praticamente in tutti i modi (tra partner dello stesso sesso, sterili oppure anche in altri casi), ecco proprio in questo momento molte donne (ma siamo sicuri anche molti uomini) non sentendosi pronti, anzi adatti, per essere genitori non mettono, scientemente, al mondo figli. Ecco perché Quattro Tazze di Tempesta è anche un libro sulla crescita, sulla maturità, sull'età adulta. Perché se crescere vuol dire assumersi le proprie responsabilità, allora anche porsi dei limiti, comprendere "di non essere portati o portate per qualcosa" è un grande traguardo.

Tuttavia, quasi in senso contrario, ad esempio nella spiritualità di Chantal o nel desiderio di "capire gli altri attraverso le foglie del tè" di Viola in questo libro si ricorda sempre come non si debba mai e poi mai rinunciare completamente al "fantolino" che cova, ora addormentato ora un po' più scalmanato, in noi.

In questo senso è un libro gioioso e progressista questo di Federica Brunini perché si sviluppa come un invito a non rinunciare a nulla solo adducendo motivi legati all'età. Se è vero che c'è un'età per tutto, nessuno ha ancora stabilito una "tabella di marcia" in questo senso. E allora anche una donna di quarantanni può innamorarsi di un ragazzo più giovane senza destare scandalo o far pensare chissà cosa. Intanto, presto o tardi, tutti verremo travolti dalla tempesta: l'importante è spingersi con forza e decisione nell'occhio del ciclone. Perché, come c'insegna la scienza, proprio il centro della tempesta è il posto più tranquillo e sicuro del mondo.