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La scoperta dell'incomunicabilità: "Ferragosto addio!", di Luca Ricci

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Ferragosto addio!
di Luca Ricci
"Quanti" Einaudi, 2013

pp. 35
€ 1,99


"L'adolescente è un convalescente dell'infanzia". La definizione è tratta dal Dizionario del Diavolo di Ambrose Bierce e precede - quasi una premonizione - l'intera narrazione di "Ferragosto addio!", racconto di Luca Ricci disponibile solo in ebook.
Come in Mabel dice sì, anche in questo racconto il protagonista non ha nome, il punto di vista è personale e per questo più vicino al lettore, l'assenza di qualsiasi elemento identificativo - anche a livello spaziale - fa il resto: Ricci parla alla realtà e al passato di ciascuno. L'unico dato certo è il "quando": Ferragosto. 

C'è poi un'altra temporalità - forse l'unica che scandisce il racconto - ed è quella interiore del protagonista che abbandona la fanciullezza - il titolo stesso, "Ferragosto addio!", è una metafora - ed entra nell'adolescenza, una vera e propria crisi di mezza età vissuta con quei i modi e quei toni adulti - spesso non sembra di leggere le parole e i discorsi di un dodicenne - che ritornano inevitabilmente tra i trenta e i quarant'anni.

A far precipitare il protagonista oltre la sottile linea rossa dell'adolescenza - quando ormai i giochi con i coetanei non bastano più - è una ragazza poco più grande di lui, Cecilia, di cui il giovanissimo protagonista si innamora. La incontra durante una delle tante ragazzate che caratterizzano quel Ferragosto. Cecilia è più grande, più adulta e tremendamente smaliziata: passa da un ragazzo all'altro, assaporandoli tutti, ammette candidamente di essere incapace di amarne uno solo e, anzi, considera il protagonista un "moccioso" proprio per la sua inesperienza e dedizione. Lo schock è tremendo e forte, improvviso, tanto che il protagonista esclama: "Non potevo essere cambiato in quel modo. Proprio non potevo". Sullo sfondo ancora lei, Cecilia, ammaliante in quella sua femminilità accentuata e accattivante, capace di disarmare ogni migliore intenzione.
Il racconto di Ricci, però, non è solo la storia di un innamoramento, il primo dell'adolescenza, "Ferragosto Addio!" porta con sé la consapevolezza amara del diventare adulti. Il protagonista, infatti, osserva adesso con occhi diversi il mondo degli adulti, il loro vivere per le apparenze, la loro sostanziale mancanza di contenuti:
"Mi lasciai alle spalle diverse ville, eppure mi sembrò che le parole di quella gente confuse con la pioggia, riuscissero comunque a raggiungermi. Tutta quella cricca di falliti, profittatori, cornuti, ruffiani e maniaci continuava a parlare. E io non potevo farci un bel niente. Era già tanto se ero riuscito a sopravvivere".
Ed è questa consapevolezza, questo intimo terrore di omologarsi, di diventare come quella "cricca informe di falliti" - la stessa di cui, si vedrà in un tremendo finale, fa già parte anche Cecilia - a far nascere la malinconia di ciò che ormai si è irrimediabilmente perduto: "L'ultima stilla di luce che il sole stava riverberando nel golfo [...] non bastò a salvarmi da quella improvvisa malinconia".

Con una penna leggera ma precisa come un bisturi e uno stile scorrevole, Luca Ricci torna così a indagare il rapporto tra uomo e donna, specchio di una maturità dei rapporti spesso solo apparente. Con poche frasi secche e ben piazzate, Ricci riporta il lettore alle crisi personali che costellano il quotidiano, con quella tremenda incomunicabilità di fondo che caratterizza i rapporti interpersonali: "per i grandi - si legge in "Ferragosto addio!" - rimanere zitti è un modo beneducato di litigare". E la nonna del protagonista a un certo punto della narrazione confessa al nipote: "Ascoltami bene - disse - Uomini e donne non devono capirsi, devono solo frequentarsi", una dichiarazione letteraria - prima che una lezione di vita - che richiama a gran voce una delle opere più importanti per indagare la poetica di Luca Ricci: "L'amore e altre forme d'odio".

Emilio Fabio Torsello