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#CritiCinema: Noi siamo infinito: tra libro e film la struggente adolescenza secondo Stepen Chbosky

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Noi siamo infinito. Ragazzo da parete
di Stephen Chbosky
Sperling & Kupfer

pp. 271
cartaceo €16
ebook € 9,99

“Caro amico, ho deciso di scriverti perché le ho sentito dire che sei uno che ascolta e che capisce, e perché non hai cercato di portarti a letto quella persona, alla festa, anche se avresti potuto. Ti prego, non cercare di scoprire chi è lei perché poi arriveresti a me, e io non voglio. […] Ho soltanto bisogno di sapere che là fuori c’è qualcuno che ascolta e che capisce, e non cerca di portarsi a letto le persone anche se potrebbe. Ho bisogno di sapere che esiste gente così” 
 Charlie è al primo anno di scuola superiore, è timido, impacciato e solitario: già questi potrebbero essere motivi più che sufficienti per sentirsi fuori luogo e terrorizzati all’idea di non riuscire ad inserirsi nella nuova scuola, tra persone che non conosce ed altre troppo cambiate o lontane rispetto soltanto all’anno precedente. Non più bambini, non ancora adulti, è un delicatissimo momento di passaggio da qualcosa di conosciuto e sicuro all’ignoto di cinque anni che possono trasformarsi in un incubo o nel caso di Charlie in un’immagine sfocata. Ma le normalissime paure di un ragazzino qualunque sono per il dolcissimo Charlie sintomo di un disagio ben più profondo, di fantasmi che lo tormentano dal passato, tra cui il suicidio del migliore amico Michael avvenuto soltanto l’anno prima e un terribile segreto sepolto nel profondo dell’inconscio. Traumi che lo rendono ancora più sensibile, emarginato per le sue stranezze e timori. 

  “Ti è mai successo? Ti è mai capitato di sentirti uno schifo, e poi ti passa, e non sai perché? Quando mi sento così bene, cerco di ricordarmi che ci saranno altre settimane tremende, prima o poi, e mi ripeto che dovrei immagazzinare quanti più dettagli possibili delle giornate grandiose, così, nei periodi bui, posso ripensare ad essi e convincermi che sto di nuovo da Dio. Non funziona granché, ma penso che sia importante provare”
 Sceglie quindi di affidare le proprie emozioni e paure ad uno sconosciuto, un amico ideale intravisto nei corridoi della scuola, al quale indirizza una dopo l’altra le lettere che compongono questo romanzo epistolare davvero sorprendente, pubblicato per la prima volta nel 1999 negli Stati Uniti (periodo di cui porta in sé atmosfere e musica) e presto diventato vero e proprio cult grazie al passaparola di adolescenti e non folgorati dalla potenza della storia, mentre in alcune scuole veniva proibito e ascritto nella classifica tra i libri più contestati del 2006 e del 2008. Se a prima vista quindi può sembrare un romanzo adatto solo ad un pubblico specifico, vicino per età anagrafica al protagonista, le tematiche affrontate, la profondità del personaggio e la sua innocenza, la struggente malinconia di fondo, la scoperta dei sentimenti, la diversità, le prime esperienze nel mondo degli “adulti”, coinvolgono invece anche un lettore più adulto (ma probabilmente sempre entro un certo limite di età) perché in fondo il romanzo di formazione più riuscito è quello capace di uscire dagli zaini e dai cortili della scuola e parlare ad ascoltatori eterogenei. Il romanzo di Chbosky riesce in qualche modo a compiere questa magia e nei mesi scorsi è rientrato nelle classifiche grazie alla bellissima versione cinematografica uscita a Febbraio, diretto dallo stesso autore del romanzo. Determinante nella riuscita della versione cinematografica è stata senza dubbio la presenza di Chbosky nelle vesti di regista, sceneggiatore ed autore, che ha saputo infondere al film l’essenza più profonda e vera della storia, rimanendo fedele ad essa e allo stesso tempo sapendo introdurvi dialoghi efficaci e nuovo spessore ai personaggi, superando la voce un po’ infantile di Charlie letterario pur mantenendone intatta l’estrema sensibilità. A dare anima e corpo alla trasposizione su grande schermo un gruppo ben assortito di giovani attori di talento, tra cui Emma Watson nei panni della ribelle, incasinata Sam di cui Charlie (Logan Lerman) è profondamente innamorato, Ezra Miller indimenticabile Patrick fratellastro di Sam stravagante omosessuale, Nina Dobrev la sorella di Charlie e Paul Rudd perfetto nel ruolo di Bill Anderson il professore di letteratura inglese avanzata che coglie immediatamente il potenziale di Charlie e lo spinge a coltivare il sogno di diventare scrittore, ad agire non più soltanto spettatore della vita degli altri e da lui cerca risposte sui sentimenti: 
  “Perché le persone migliori scelgono le persone peggiori da frequentare? […] Accettiamo l’amore che crediamo di meritare”. 
 Ciò che rimane inalterato quindi passando da una versione all’altra è la ricchezza e la profondità si è detto delle tematiche affrontate, elementi che elevano il romanzo dal marasma di quella che oggi è comunemente identificata come letteratura per young adult per trasportare questa piccola perla tra i romanzi di formazione più interessanti, originali e poetici degli ultimi anni. Senza voler scomodare classici della letteratura di genere affine, Chbossky ha saputo senza dubbio creare una storia delicata, mai banale e di sicuro impatto per il lettore/spettatore affascinato dalla timida dolcezza del suo protagonista e dai piccoli grandi drammi che si consumano tra i banchi di scuola, dove la forza dell’amicizia può davvero in alcuni casi salvarti, dal mondo, da te stesso, da una famiglia che non comprende, e dove esistono insegnanti con un dono, capaci attraverso i libri che ci consigliano di indicarci la strada da percorrere. 
  “C’è qualcosa, in quel tunnel che porta in città. Di notte è stupendo. […] Ti avvicini a un fianco della montagna, e fuori è buio, e la radio è a palla. Quando lo imbocchi, il vento viene risucchiato, e devi socchiudere gli occhi per le luci del soffitto. Quando inizia a farci l’abitudine, riesci a vedere l’uscita dalla parte opposta, in lontananza; e le note della radio si affievoliscono fino a svanire, perché le onde non arrivano. Poi, quando sei al centro della galleria, la realtà intorno a te diventa un sogno tranquillo. L’uscita si avvicina e tu hai l’impressione di non riuscire ad accelerare abbastanza. E alla fine, proprio quando inizia a pensare che non la raggiungerai mai, la vedi esattamente lì, di fronte a te. E la musica della radio torna, e hai l’impressione che sia addirittura più alta di prima. E il vento è lì, che aspetta. E tu voli fuori dal tunnel, dritto sul ponte. Ed eccola. La città. Un milione di luci e di edifici, ed è tutto così eccitante che ti sembra di vederlo per la prima volta”. 
 In quel tunnel, insieme a Sam e Patrick, Charlie scopre la vita, e i dubbi, l’incapacità di agire (da qui, il titolo originale “The perks of being a wallflower”), di tenere lontani quei fantasmi che lo tormentano spariscono nel vento che ti sfiora mentre in piedi ti sporgi dal tetto della macchina in movimento: 
  “Perché io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono, e che ci sono persone che quando compiono diciassette anni dimenticano com’è averne sedici; so che un giorno queste diventeranno delle storie e le immagini diventeranno vecchie fotografie, e noi diventeremo il padre o la madre di qualcuno, ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo, io sono qui e sto guardando lei… ed è bellissima. Ora lo vedo: il momento in cui sai di non essere una storia triste, sei vivo e ti alzi in piedi, e vedi la luce dei palazzi, e tutto quello che ti fa stare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella strada, insieme alle persone a cui vuoi più bene al mondo, e in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito”.