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C'era una volta la Rivoluzione: un divertissement

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C'era una volta la Rivoluzione
di Filippo Pace
Cultura e dintorni Editore, 2013

pp. 81
€ 8

Quello che Filippo Pace definisce un "divertissement", è in realtà un giallo dalle tinte letterarie come si legge raramente. Il pregiudizio del "giallo sciatto", che tanto spesso si sente ancora, è qui sfatato fin dalle prime pagine: la descrizione paesaggistica di una Sardegna del 1958, ma anche il 2006 in cui un giovane cadavere di una donna attraente è ritratto con l'attenzione al dettaglio che ricorda le novelle pirandelliane. 
Un cadavere, dunque: si tratta dell'attraente Paola Moreno, un nome noto nella bella vita del famoso locale di Porto Cervo "Il predatore". Tutto lascia presumere a un omicidio, e da subito il commissario Nicola Carta e i suoi uomini partono alla ricerca degli indiziati. Un'indagine classica? Non solo: se pensiamo che il proprietario del locale, Giuseppe Falchi, è stato per anni il migliore amico di Nicola, e che Falchi è sposato con una ricca settantenne che non ama, la situazione si complica. 
L'indagine, in realtà, si muove su due binari: il presente con l'omicidio di Paola e il passato, che per rapidi flashback rompe l'illusione del paradiso dell'infanzia, già turbata da un precoce lutto, e getta ombre sull'amicizia tra Nicola e Giuseppe. Come si scopre via via, i due piani temporali, che l'autore intreccia sapientemente, meritano davvero la stessa attenzione, perché sono realtà che si innervano reciprocamente.
Mentre gli indiziati si moltiplicano sotto gli occhi di Nicola, il mondo fatato della Sardegna orientale rivela sotto le luci stroboscopiche tutti i suoi doppifondi, le invidie, i traffici illegali, l'alcol... Niente è come sembra: Filippo Pace riesce a sciogliere gli intrighi disattendendo le ipotesi dei lettori, come vuole la migliore tradizione del genere. Ma lo fa in punta di penna, con un'attenzione sempre accesa verso la scrittura, che senza intellettualismi di sorta propone un quadro non impressionistico, ma dall'attenzione al dettaglio, quasi puntinista. 
Il risultato è un racconto lungo accattivante, che avvince per le sue ottanta pagine. Una bella prova per una penna promettente. 

Gloria M. Ghioni