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#SalTo13: la cronaca di sabato 18 maggio

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Lo scorso 18 maggio ho trascorso l’intera giornata al Salone Internazionale del libro di Torino. La XXVI edizione ha avuto per tema la creatività e la cultura del progetto, come si evince dal titolo “Dove osano le idee”. Per cinque giorni il Salone è stato un vero e proprio laboratorio creativo nel quale analizzare il modo in cui le idee prendono forma e si trasformano in piani compiuti. Il rilancio della creatività si traduce in rilancio della progettualità, quell’elemento così prezioso che l’editoria degli ultimi anni sembra aver bisogno di recuperare per uscire fuori dalla crisi. Ernesto Ferrero, Direttore editoriale del Salone, ha parlato di “grammatica della fantasia 2.0”, riallacciandosi al titolo di una nota opera di Gianni Rodari il quale della creatività ha fatto la materia prima delle sue storie. Aggiungerei che, accanto al bisogno di ritornare a progettare e innovare, il desiderio di confronto dialogico è stato uno dei principali presupposti di questa edizione del Salone. Non è stato semplice scegliere tra gli eventi nella vasta offerta di incontri con grandi ospiti, dibattiti, presentazioni, laboratori per lettori di tutte le età, convegni professionali, dirette tv e radio.


La mia giornata al Salone è cominciata con Mauro Corona. In occasione della pubblicazione di Venti racconti allegri e uno triste (Mondadori, 2012) e Confessioni ultime (Chiarelettere, 2013), l’autore, accompagnato da Antonio Franchini, ha offerto al pubblico delle libere riflessioni su alcuni temi degli ultimi libri. Attraverso il modulo della “confessione” ha parlato in toni critici degli sbagli commessi nella vita e di ciò che da essi ha imparato, delle piccolezze e delle miserie proprie e altrui, ha riflettuto su argomenti con cui ci confrontiamo quotidianamente come lo stato dell’informazione in Italia e si è concentrato in particolare sulla necessità di un ritorno all’originario legame con la terra e le sue tradizioni. Cercando di restituire il senso di parole come “libertà”, “corpo”, “memoria”, “natura”, “morte”, “silenzio” e alternando ironia e invettiva, Corona ha espresso tutta la sua “feroce” nostalgia  per quell’umanità che sfruttava la natura per quel poco che le consentisse di sopravvivere, per quel mondo in cui non c’erano regole scritte ma il rapporto con la natura era dominato dall’istintualità. Il discorso sulla “naturalità” dell’esistenza si è così associato all’urgenza di ritrovare l’autenticità nei rapporti. Le Confessioni ultime, infatti, possono essere considerate una forma di ribellione contro la falsità di cui è impregnata tutta la nostra esistenza. Significativamente l’autore dedica un capitolo del libro a un’etica della sconfitta e a un elogio della fragilità, tratto tipico di molti personaggi dei suoi libri e valore che bisognerebbe riscoprire.


Poi mi sono spostata al Bookstock Village, la grande area sostenuta dalla Compagnia di San Paolo e dedicata a bambini e giovani da 0 a 20 anni, ma con una programmazione rivolta a tutto il pubblico di visitatori del Salone. Nell’Arena si sono tenuti gli incontri dedicati a “Il vocabolario allargato”. Dopo il successo del 2012, anche quest’anno i ragazzi di nove scuole superiori torinesi, sotto la guida dello scrittore Andrea Bajani, hanno coniato dieci neologismi che descrivano alcuni fenomeni della società in cui viviamo. Le parole inventate sono state discusse da giornalisti e scrittori che in questo modo hanno intrecciato un discorso sui propri libri e sul mondo. Sabato 18 Walter Siti, accompagnato da Andrea Bajani e Nejma Bani, ha detto la sua sulla parola “Disonestar” che si lega perfettamente alle tematiche di Resistere non serve a niente, ultimo romanzo di Siti candidato al Premio Strega 2013 (che abbiamo recensito qui). Sebbene i disonesti e i fuori legge abbiano sin dall’800 affascinato l’immaginario collettivo, viviamo in un’epoca in cui la disonestà è diventata un tratto determinante delle relazioni sociali. Come Siti scrive anche nel breve capitolo-saggio La prostituzione percepita, posto ad apertura del romanzo, sembra che non ci sia più nulla che non si possa comprare con il denaro. Il sesso stesso è diventata solo una delle tante declinazioni dei soldi. I tre relatori si sono interrogati sul senso della parola “Disonestar”: quella persona, in genere non cosciente di essere tale, che conquista l’ammirazione generale grazie alle azioni illegali e spesso scandalose che commette. In un sistema in cui distinguere onesti e disonesti talvolta è impossibile, la distinzione tra giusto e sbagliato si sposta più sull’immagine che si trasmette di se stessi. Questo concetto è strettamente connesso alla spettacolarizzazione della persona, tanto più esibita quanto più i valori perdono concretezza e si confondono nell’indistinto. Siti ha fatto riferimento ai personaggi del suo Resistere non serve a niente, che usano i termini della finanza per parlare dei sentimenti, attraverso un processo di sostituzione del concreto con l’astratto che somiglia a quell’”antilingua” di cui Calvino parlò già nel 1965 in un suo articolo apparso su «Il Giorno». Spettacolarizzazione “materica” e astrazione si confrontano, dunque, in questo mondo in cui – come nelle dark pool in cui confluiscono denaro sporco e pulito – i sistemi di valori dichiarano la propria insufficienza e il bene e male, come la finanza, diventano valori imprendibili, volatili. 


Dopo le conversazioni con gli autori è stata la volta degli incontri professionali, tenutisi nell’area Book To The Future, lo spazio del Padiglione 2 interamente dedicato al futuro del libro e alle tecnologie digitali usate in funzione culturale. Il primo evento che ho seguito è stato curato dall’AIE ed era incentrato su “L’uso di twitter e dei social media in editoria”. Il convegno a cui hanno preso parte Elisa Molinari e Giovanni Peresson di AIE e Valentina Aversano e Alessandro Grazioli di Minimum Fax, si proponeva di illustrare i risultati dell’indagine AIE sull’uso di twitter e degli altri social da parte delle case editrici italiane. Grazie a una prima illustrazione dei più diffusi meccanismi di ricerca dei libri, si evince che l’interesse personale e il passaparola restano i due fattori principali in percentuale mentre diminuisce il peso delle recensioni sulla stampa e delle classifiche di vendita e cresce molto quello delle forme di comunicazione via web (arrivato a un buon 19% nel 2012). Con l'aumento delle vendite di libri attraverso gli store online, lo sviluppo del mercato degli e-book, le difficoltà economiche dei retailers, il lettore va sempre più informato in situazioni di mobilità e le case editrici devono ripensare le stretegie di raggiungimento del cliente e le modalità di comunicazione del prodotto. I social giocano un ruolo determinante in questo contesto in evoluzione. I 506 editori selezionati per l’indagine sono quelli che hanno pubblicato almeno sedici titoli annui, tra cui ben 408 sono “piccoli editori”. Il 58,9% di questi è attivo sulla rete con l’utilizzo di strumenti social come Facebook, Twitter, Pinterest, Youtube, aNobii, Linkedin, Google+, Flickr, Instagram. È significativo che la prima casa editrice che abbia scelto di utilizzare twitter sia stata una piccola: Elliot Edizioni, nel 2007. Le percentuali sull’utilizzo dei media vanno, però, affiancate a un’analisi del loro utilizzo qualitativo. Perché se è vero che il 41,8% delle case usa tre social contemporaneamente, sono davvero poche quelle che fanno un uso intenso (solo il 2,5% fa più di 10 tweet al giorno) e progettuale di twitter. I più lo sfruttano solo come strumento di promozione occasionale e questo li penalizza fortemente in rete perché twitter potrebbe fungere non solo da eco del lavoro editoriale ma da mezzo con cui raccontare se stessi e i libri che si pubblicano. Ma è ancora più importante che i social vengano "abitati" come luogo di dialogo e interazione con il pubblico. Interessanti, a questo proposito, le testimonianze di Grazioli e Aversano di Minimum Fax, primo editore ad avere un forum sul proprio sito e da sempre attivissimo in rete. È stato naturale, dopo i primi esperimenti di dialogo con i lettori internauti, spostarsi sui social network. Paradigmatico il caso dell’esperimento letterario basato sull’interazione web Scatola nera di Jennifer Egan, spy-story scritta per essere pubblicata su twitter, ossia scandita in porzioni di testo di 140 caratteri.
Dietro tutti questi spunti si affaccia la necessità di un globale ripensamento di competenze e tattiche editoriali.


La giornata si è conclusa con un altro incontro Book To The Future organizzato da Wuz.it intitolato “Il Book ci mette la Face. Leggere e parlare di libri al tempo dei social network”. Sono intervenuti gli scrittori Paolo Di Paolo, Matteo Marchesini e Flavio Soriga, Matteo Baldi e Giulia Mozzato di Wuz.it, Daria Bernardoni di Zazie.it e Barbara Sgarzi. I primi a prendere la parola sono stati gli autori che hanno raccontato il modo con cui lavorano alla "costruzione" e al mantenimento di un proprio pubblico di lettori, le proprie esperienze di contatto sulla rete. Pur mettendone in risalto le diverse sfumature del fenomeno, tutti si sono detti concordi sulla necessità di attrezzarsi per intercettare un bisogno. Ed è anche molto interessante che, come ha affermato Di Paolo, grazie ai social gli scrittori possano sondare e registrare una tradizione di lettura nel momento in cui essa si forma. Lo scrittore vede crescere consensi e critiche in rete e questo può gratificarlo, incoraggiarlo, a volte demoralizzarlo. Ma ciò permette di cambiare la propria percezione del lettore ideale, anche mentre si scrive. Alla verticalità della comunicazione pubblicitaria e del marketing si sostituisce l’orizzontalità del sistema della rete. Anche gli altri interventi si sono mossi nella stessa direzione: sia  Barbara Sgarzi in quanto giornalista che Daria Bernardoni come amministratrice di Zazie hanno sottolineato la necessità di tenere vivo il dialogo nel parlare dei libri. E, infine, Giulia Mozzato ha portato la propria testimonianza raccontando la trasformazione di Wuz.it da portale di informazione editoriale e libraria in social network sui libri e la lettura. La storica modalità di comunicazione si è accompagnata a una più orizzontale e a vasto raggio in cui i lettori stessi diventano redattori che fanno informazione pubblicando recensioni econdividendo i pareri di lettura.

Queste le impressioni che la visita al Salone ha suscitato in me. Accanto ai momenti dedicati agli incontri, bastava girare tra gli stand per ricevere spunti e suggestioni. Una giornata all’insegna della pluralità per immergersi in un mondo che – creativamente – si trasforma di continuo.


Claudia Consoli