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Flavio Graser, Sentieri di Luce, sentieri d'Ombra

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Sentieri di Luce, sentieri d’ombra
di Flavio Graser
autopubblicazione [2011]

pp. 490




Questo romanzo di Flavio Graser, che si annuncia come il primo volume di una saga intitolata Sole Nero sui Campi Elisi, s’inscrive consapevolmente nel genere narrativo del Fantastico (Fantasy). Letteratura d’intrattenimento e modaiola, come mi era già capitato di definirla proprio su questo stesso sito qualche tempo fa (vedi recensione a Sara di Furia, Il mondo di Eva). Ma come si evinceva da quella recensione, c’è modo e modo di intrattenere e di seguire le correnti, e questo romanzo mi conferma che anche adagiandosi su un genere letterario predefinito si possono proporre soluzioni formali e tematiche originali.

La trama, gli ambienti e gli snodi narrativi rispondono perfettamente alle regole del genere: esistenza di mondi paralleli dove le leggi fisiche di quello che siamo abituati a considerare come il nostro mondo smettono di funzionare; la connessione tra questi mondi assicurata da personaggi, adepti di varie categorie di magia, che hanno la capacità di passare da uno all’altro; le relative trasformazioni che fanno del personaggio umano (o apparentemente umano) un essere dotato di poteri strabilianti, in virtù dei quali abbattono gli ostacoli e vincono i nemici.

Due studenti universitari,
Georg – che è anche la voce narrante – e Christine – affetta da gravi turbe della memoria, ma per il resto splendida, ricca e disinvolta - un po’ per caso, un po’ per curiosità giovanile si ritrovano invischiati in una brutta vicenda di orribili omicidi che sembrano seguire la scia di un libro d’occultismo, da New York a Roma, Vienna, Torino. I ragazzi scoprono l’esistenza di un’organizzazione millenaria, capillare, internazionale, potente, arcana, che per appropriarsi del Libro intitolato De inferorum sussuris non si fermerebbe davanti a nessuna atrocità. Proprio quando gli improvvisati investigatori stanno per raccontare alla polizia le loro scoperte, vengono rapiti, incatenati al muro di una fabbrica dismessa alla periferia di Vienna e barbaramente torturati. Le sofferenze del compagno provocano in Christine lo scatenamento di una forza sovrumana: divelte come cera le catene, uccide con i suoi artigli i torturatori, libera e salva il suo esterrefatto compagno. Christine ha spezzato il volontario incantesimo che l’aveva sottratta alla stressante vita di potentissima maga. Nella seconda parte Georg, addormentato, con l’aiuto di uno degli ex compagni di Christine entra nei sogni e nell’inconscio della ragazza e ne scopre il passato, i terribili segreti e l’esistenza di mondi paralleli, a cominciare da quello onirico che sta appunto perlustrando. Nella terza parte, l’antico sodalizio di esseri sovrumani, Christine, Markus e Ethan, ricostituitosi dopo il “risveglio” della giovane donna ha il compito di impedire che I Figli di Persefone (l’organizzazione segreta di cui sopra) entrino in possesso del Libro. Al gruppetto si è aggiunto Georg innamorato della ragazza e affascinato dalle mille storie occulte che ha conosciuto immergendosi negli oscuri recessi della sua psiche. La battaglia finale li vedrà vincitori, ma…

Il testo è aperto da un prologo, inframmezzato da alcuni preludi e chiuso da un epilogo dove a parlare è un’altra voce narrante che sembra aver ingegnosamente organizzato tutta la vicenda come primo atto di una grande battaglia dopo la quale vedrà finalmente “un Sole Nero che annuncerà, sorgendo a Occidente, la mia alba. L’Alba Oscura”.

Una vicenda complessa, dunque, fatta d’innumerevoli episodi che s’incastrano senza forzature stridenti in un intreccio che rimane sempre avvincente, reso con uno stile affabile, pulito, (dal quale un leggero passaggio di cura editoriale eliminerebbe i piccoli difetti residui). La voce narrante, anzi le due voci narranti, sono rigorosamente aderenti al presente, comunicano con il lettore nel momento stesso in cui si svolgono i fatti, procedimento che assicura il costante mantenimento dell’attesa (suspense) ed evita ogni scoglio metaletterario (il narratore non è onnisciente perché lui stesso non sa cosa succederà tra una riga). D’ottima fattura le innumerevole descrizioni di luoghi, aperti e chiusi, camere e paesaggi, reali e immaginari: descrizioni dettagliate, chiare, articolate, condotte dalla voce narrante con sguardo “vergine”, che lo mette allo stesso livello del lettore e che costituiscono una sorta di ringhiera alla quale la scrittura rimane appoggiata per impedire lo sbrodolamento nel gratuito, nel pacchiano o nel grottesco. Il romanzo rimane predefinito entro l’assunzione del genere, si concede spruzzatine di giallo, di nero e di rosso sangue (Horror), dunque rimane fedele all’intento del puro intrattenimento, e in questa maniera riesce a sfuggire all’opacità della scrittura rispetto alla materia narrata, nel senso che non è la materia narrata a guidare i passi della scrittura, a farle prendere strade non previste in partenza, a mettere in discussione il rapporto tra materia e parole che la rappresentano. Anche se i personaggi di Flavio Graser non diventano mai puri strumenti della narrazione, ma mantengono una loro specifica individualità. Cionondimeno questo romanzo si segnala non solo per le già citate qualità stilistiche e affabulatorie, ma anche per una caratteristica che intitolerei: All’insegna del cortocircuito. Il romanzo è, infatti, solcato da piccoli e meno piccoli cortocircuiti tra la compatta autoreferenzialità della narrazione e il mondo esterno (quello dello scrittore e del lettore). Anzitutto è molto ben rappresentata la permanenza dell’elemento umano, di Georg, in particolare, all’interno del mondo fantastico in cui s’aggira: curiosità, incredulità, paure, orgoglio, ecc. Poi, ad un certo punto, proprio Georg deve risolvere un assillo morale: accettare che per oltrepassare il Velo che contiene il nostro mondo separandolo dagli altri, Christine e soci si prendano la vita di un umano (seppur allo stato terminale), vita umana che, gli hanno spiegato, non ha nessun valore, perché è un infinito, ripetitivo e circolare nascere, vivere e morire. Infine, il gruppetto di maghi si impegna allo stremo, rischia la propria vita, per evitare che i maldestri Figli di Persefone, impossessandosi di nuovo del Libro, ripetano il “disastro di New York del settembre 2011” (di sfuggita, Flavio Graser fornisce una motivazione fantasmagorica dell’attentato alle Torri gemelle, che va ad aggiungersi a quelle che conosciamo nel nostro mondo reale: quella ufficiale fornita dalle autorità e quella dietrologica sostenuta dalla sinistra radicale, americana e no. Come si sa, tutte false, in misura più o meno evidente). Perché tanto accanimento per salvare un mondo e vite umane che non hanno “nessun valore”?

Contraddizioni che non bloccano la narrazione, ma la sospendono solo per un attimo, il tempo di un bagliore, un cortocircuito che lascia intravvedere, oltre il Velo dell’autoreferenzialità, possibilità diverse dal puro intrattenimento.

Paolo Mantioni