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Il seme del male di Joanne Harris

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Il seme del male
di Joanne Harris
Garzanti, Milano 2009

€ 18.60
pp. 340

Traduzione di L. Grandi

"E l' amavo anch' io, amavo la sua oscurità e il suo pericolo, amavo il suo odio e la distruzione e le promesse di morte. Ero folle d' amore per lei: ma fu allora, malgrado tutto questo, che seppi di volerla uccidere."

Autrice nota per il suo successo mondiale, Chocolat, la Harris decide di dare alla ristampa Il seme del male, vent' anni dopo la sua prima pubblicazione nel 1989, tempi in cui però non ebbe grande risonanza tra la critica e i lettori.
Il seme del male venne scritto dall' autrice a 23 anni, cimentandosi in un genere gotico e horror; vuol far presupporre di trattare una storia di vampiri, senza però mai usare questa parola per definire i suoi personaggi.

Come anche in altri libri, Il seme del male si svolge in due epoche diverse, a Cambridge, dove la Harris ha studiato e lavorato per diversi anni: una parte della vicenda è ambientata nel 1947, un'altra alla fine degli anni Ottanta. Nel primo dopoguerra la protagonista è una misteriosa giovane, Rosemary, salvata dalla morte per annegamento dal giovane Daniel che si insinuerà pian piano nella sua vita, mentre in un'epoca più vicina ai giorni nostri la giovane pittrice Alice si trova ad essere misteriosamente attratta proprio dalla tomba di quella Rosemary e sente una strana inquietudine per Ginny, la nuova fidanzata del suo ex Joe, non spiegabile solo come gelosia abbastanza scontata.
Questa suddivisione è rimarcata anche ad ogni inizio capitolo, in cui la Harris usa i numeri 1 e 2 per sottolineare la diacronia temporale, caratteristica del "doppio diario" adottata anche in opere, come Le scarpe rosse; questa tecnica permette che il tempo della storia e quello del racconto si invertano a seconda dei luogo, del tempo e dei protagonisti che, uniti dallo stesso "seme", ci racconteranno delle avventure di Alice e di Holmes.

La figura che maggiormente stupisce di questo romanzo è quella di Rosemary, la vampira bella e dannata, capace di affascinare sia uomini che donne fino alla dannazione.
Poco incisivo invece il branco di vampiri assetato di sangue, simile a certe rappresentazioni cinematografiche che ci presentano soggetti senza inventiva e fascino.
Come per ogni autore "in erba", la Harris in questo romanzo ha uno stile acerbo, grezzo: inoltre si può notare anche un po' di confusione nell' esposizione che fa sembrare il romanzo privo di concretezza e corposità, aspetti notati anche dalla stessa scrittrice che, nella nota dell'autore, specifica di aver ripreso in mano il libro per effettuare qualche correzione.
Molto interessante inoltre è l'intervista che si può trovare a conclusione del libro, in cui la Harris svela, in qualche modo, la magia dei suoi romanzi.
Dzejljan Kadrija