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#ScrittoriInAscolto - Incontro con Margaret Mazzantini

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Mondadori di Piazza Duomo, Milano
h. 11.30, 20 dicembre 2013


Sono le 11.30 quando Margaret Mazzantini entra nella sala-incontri della Mondadori di Piazza Duomo. Noi blogger siamo molto ansiose di incontrarla, ci siamo già confrontate su quanti e quali libri suoi abbiamo letto, e concordiamo sul fatto che Splendore (leggi la recensione) sia un romanzo densissimo, colmo di storie e di emozioni, e che per la sua potenza narrativa e per lo stile ricchissimo andrebbe forse lasciato "scolare" un po' più tempo: invece abbiamo chiuso da poco questa lettura fluviale, coinvolgente al punto da sopraffare, e ci riproponiamo di riparlarne più avanti, tra noi, dopo il decantare dell'impatto. Glielo diciamo subito, a Margaret, che ci guarda, sorride e concorda: il libro è andato in stampa da poco, e fino all'ultimo momento ci sono stati ritocchi, aggiunte, a volte anche solo di un aggettivo qui, un piccolo taglio là, ma necessari agli occhi della scrittrice. Anche l'editor di Margaret, Giulia Ichino, ha confermato che il libro risponde all'urgenza di raccontare storie, perché Margaret ha tantissimi mondi da raccontare. Un romanzo necessario, insomma, come è stata necessaria la copertina, frutto di lunghe e faticose contrattazioni con il fotografo americano. 

Poi, iniziamo a chiedere del libro, ed è incredibile come le nostre domande si concentrino sulla scrittura e sulle abitudini di Margaret Mazzantini scrittrice e lettrice. Innanzitutto, scrivere è per lei sempre un esperimento, che richiede coraggio e rigore, ma regala tanta libertà:
In fondo, scrivere è svuotarti per lasciarti abitare.
Il suo obiettivo è sempre incuriosire e soddisfare il bisogno di storie del lettore: Margaret stessa è una lettrice esigente, che si annoia facilmente e per questo scrive pensando a tenere incollato il lettore alla pagina, con romanzi pieni di azioni che riflettono la passione per il mondo contemporaneo.
Contrariamente alla moda del momento, a Margaret Mazzantini non interessa l'autofiction: vuole raccontare il mondo per come lo vede e lo ascolta, attraverso le parole di un portiere o di un panettiere, molto più che attraverso il mondo dei letterati o dei critici. Al tempo stesso, non aspira né a farsi sociologa né a scrivere romanzi a tesi: sente che il mondo ha bisogno di racconti, e proprio cogliendo i segnali dell'esterno costruisce storie e personaggi di cui non conosce quasi nulla, fino al momento della scrittura stessa. Sono sempre vicende che devono appassionare in primis la sua penna, e giustificare la fatica della scrittura.

Perché scrivere, Margaret concorda, è una follia, un'urgenza necessaria e una fatica. Nella sua esperienza, è assolutamente necessaria la solitudine in un luogo deputato, lontano da tutto ciò che è noto. E un luogo dove generalmente non intende tornare in futuro, perché deve restare il luogo legato alla scrittura di quel particolare romanzo, a quei mesi, a quelle storie. Nel caso di Venuto al mondo, ad esempio, la scrittrice ha affittato una sorta di studio in una camera di residence piuttosto squallido, dove si trovavano soprattutto mariti divorziati. In pochi mesi, la camera si è trasformata in un vero e proprio "campo di battaglia", pieno di materiali di lavoro, mappe e post-it di lavoro. Nel caso di Splendore, la scrittrice ha preferito affittare una stanza ad Orvieto: ricorda con piacere passeggiate notturne nella città deserta, e l'ispirazione continua data dalla magnificenza del Duomo.
Come è facile immaginare, queste abitudini sono difficili da conciliare con il resto della vita (Margaret ha un marito e quattro figli!), ma necessarie per garantire tanta energia all'esperienza totalizzante della scrittura.

Questi punti fissi sono rimasti nel tempo: a distanza di quasi vent'anni dal suo primo Catino di zinco, la ricerca sperimentale e la fame da colmare sono immutate, in uno slancio di profonda onestà. D'altra parte, secondo Margaret Mazzantini l'esordio contiene già tutto uno scrittore, con la sua ispirazione e l'evoluzione che può dipanarsi di romanzo in romanzo. Forse, nel suo caso, la ricerca linguistica si è un po' calmata: inizialmente era attentissima alla scelta delle parole, che sostituiva e correggeva continuamente; poi, sente di essere andata verso l'essenzialità. Infatti, non ha mai avuto un affetto feticistico per le bozze: taglia e sostituisce dove serve senza alcuna pietà, e questo spiega l'attenzione fino alla pubblicazione per il proprio libro. E ribadisce più d'una volta che
lo scrittore è la sua scrittura.
Pensa che ogni tanto vorrebbe scrivere pagine interamente riflessive, ma sa bene che le è impossibile: le azioni sono quanto stimola maggiormente i lettori e lei stessa come scrittrice. Lo stile di un libro comporta sempre un grande rischio, e una storia porta con sé l'avventura umana con le sue trappole - a uno scrittore non resta che immedesimarsi e mettere al centro il racconto, in uno stato febbrile, quasi di pre-morte. E Margaret Mazzantini è convinta che questa sua urgenza della scrittura, ravvisabile anche a livello stilistico, crei empatia col lettore, vero centro e destinatario di qualsiasi sua storia. Anche nella sua esperienza teatrale, in qualità di attrice Margaret cercava di rianimare gli spettatori meno solerti e interessati. L'autore, ricettore della storia, deve ritrasmetterla in un flusso elettrico. Lo dimostrano anche i gusti della Mazzantini lettrice, che sceglie tra le penne preferite Zweig e il bellissimo E non disse nemmeno una parola di Böll. Poco dopo aggiunge:
Lo scrittore deve farsi sommozzatore e volare al tempo stesso. Andare nel profondo della storia ma sorvolarla quando serve.
E il risultato di ogni storia sarà un mondo aperto che si rigenera sotto gli occhi di tanti lettori diversi, che interpreteranno il testo con la loro esperienza alle spalle:
Forse i romanzi non cambiano la vita, ma danno forza.
L'autografo e l'augurio di Margaret
In questo senso, le piace moltissimo raccontare di personaggi ammaccati, anti-eroi chiamati dalla necessità ad agire, che il lettore conosce attraverso dettagli sempre diversi ma particolareggiati al massimo. Infatti, in un certo senso, le faccio notare che anche un cattivo disegnatore alla fine di un suo libro ha elementi sufficienti per delineare i personaggi nei loro tratti somatici e nei loro aspetti caratteriali, e Margaret approva:
I dettagli? Contano solo i dettagli. Anche la smagliatura di una calza può raccontare tantissimo... 
Così Splendore ha subito fino alla fine piccole modifiche di singole pennellate, quasi puntiniste, che hanno alla fine contribuito a un'atmosfera completamente diversa, come anche le scelte musicali che fanno da colonna sonora al romanzo. E qui si scopre il già ipotizzabile perfezionismo di Margaret: la scrittura è da lei intesa come una disciplina mistica e da eremita, colma di "ricordi ustionanti". In particolare, Splendore offre la "vertigine dell'amore estremo e clandestino": il titolo si è presentato subito piuttosto chiaramente, ma doveva riferirsi a un'estate di bellezza adolescenziale; poi, però, i personaggi sono cresciuti, e la storia si è sviluppata fino all'età adulta e alla maturità. L'attenzione ai dettagli e la quantità di azione sembrano offrire ottimi spunti per una trasposizione cinematografica, ma su questo Margaret non si sbilancia; ci anticipa solo che si sta pensando a trarre un film da Nessuno si salva da solo

Dopo un'ora con Margaret Mazzantini, la conversazione fluviale, la passione e l'urgenza di comunicare e di raccontare hanno coinvolto anche noi blogger-lettrici. Nella stretta di mano e negli autografi che andranno a far parte dei "ricordi ustionanti" delle nostre esperienze, si coglie quel po' di commozione per un incontro che, solo qualche anno fa, sarebbe sembrato impossibile.

Gloria M. Ghioni

Seguite per le altre cronache le seguenti blogger, a cui si aggiunge (in contumacia, purtroppo) Tazzina di Caffè, che non ha potuto essere con noi fisicamente, ma con le domande e lo spirito sì!: 

Da sinistra: Aurora degli Amanti dei libri, Gloria di CLetteraria, Chiara di Ma che davvero, Silvia di Finzioni