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Maurizio Landini - Permanenze Lontane

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«Parlare di poesia e soprattutto di poesie è un gioco che troppo spesso rimane chiuso in quelle quattro mura di proprietà di alcuni eletti che hanno creato un vocabolario intorno ad esse» – così scrive Matteo Chiavarone nella prefazione a Permanenze lontane, opera prima di Maurizio Landini (Edizioni della sera 2011).
Subito mi viene in mente un recente articolo di Carlo Carabba dal titolo Meno Sanguineti più Szymborska: liberiamo la poesia (la Lettura, n.17, domenica 11 marzo 2012, qui il testo completo ). Carabba denuncia, in questo azzeccatissimo parallelismo l'autoreferenzialità della poesia contemporanea:

«[...] La poesia contemporanea aveva abituato il lettore a una perplessità annoiata, cui seguivano scuse infastidite: “Mi dispiace, io la poesia proprio non la capisco”. A un’obiezione del genere Edoardo Sanguineti, sprezzante come suo costume, replicò: “Non mi capiscono? Che studino!”. Bene. Studiare cosa? Verosimilmente dei saggi firmati da esperti che mostrino e dimostrino che Sanguineti è il massimo fra i poeti. Così, secondo la critica post-avanguardista, eliminato il giudizio di gusto mi piace/non mi piace, la possibilità di valutare una poesia segue il possesso di regole rigide e inconfutabili, di competenze iniziatiche, criteri pseudoscientifici e autoreferenziali».

Sono polemiche queste, sempre più diffuse, a cui mi accodo con forza.
Che si parli della Szymborska o di Maurizio Landini, è evidente che i dibattiti attuali segnalano il bisogno forte di un rinnovamento del mondo della poesia e, soprattutto!, dei meccanismi culturali che lo animano. È evidente che le scelte editoriali devono emanciparsi dalle sclerosi delle “accademie” e dei rapporti amicali, per proporsi un incontro più attento, più autentico, con il pubblico dei lettori.


Dal suo canto Chiavarone ritrova in Permanenze lontane un «qualcosa di profondamente palpabile», «un traduttore simultaneo della realtà», insomma, ritrova la Vita.
L'aspetto che mi sembra più interessante il Landini è, dunque, un appassionato lirismo. Lo stesso lirismo che Vincenzo Ostuni nella prefazione all’antologia da lui curata Poeti degli anni Zero, denuncia e abborisce, sullo spirito di uno sperimentalismo “post-modern-ico”, che sa di stantìo, che sa di ragnatela.
Mi piace ritrovare in Landini un approccio sincero e fisiologico alla rima, una limpidezza fresca, un'estemporaneità. La sua è una ricerca di uno spazio «prima dell’uomo»; è un'indagine di una creazione al di qua del tecnicismo.
C'è in lui un grande margine di ingenuità, una «sgradevolezza» – come scrive Eliot su Blake – che può appartenere solo alla grande poesia.
«Linee di luce […] luce di questi occhi» sono questi versi: riescono a recuperare un dialogo con il Vero, con la Realtà. E Lo fanno con leggerezza, con semplicità: «Ho ceduto al tuo suono metallico,/ creduto al sussurro delle incisioni nell’aria, / senza perdere i miei occhi-miele». Questi versi sembrano raccontare, in una forma ancora germinale, un bel capitolo della storia della poesia: non c'è bisogno d'inventare nuove sperimentazioni, decostruire il linguaggio genera fratture nel rapporto con la Realtà, non c'è bisogno di manipolare la Realtà, d'inventarne un'altra, un altro spazio, perché «ogni angolo è buono, / per attimi di sogno».

Perciò, al dinamismo dell'avanguardia Landini contrappone un mobilissimo immobilismo:

«Fortissimo il senso d’immobilità che, sin dal titolo, pervade tutta la raccolta. Con queste permanenze lontane (che sono tali ma anche vicine, vicinissime) ritroviamo una immobilità al tempo stesso “costretta” e “costruita” che attanaglia il poeta ma non lo sconfigge, ma che anzi lo conduce per mano a reagire, a prendere in mano le armi in suo possesso (non solo “spade” e “scudi”» (Matteo Chiavarone)





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Maurizio Landini è nato ad Ancona nel 1972. Laureato in filosofia, compositore di musica elettronica, si è appassionato a molte cose come la fantascienza, l'illustrazione e la poesia. Le Edizioni della Sera hanno pubblicato la sua prima silloge "Permanenze Lontane". In uscita per Maldoror Press la raccolta "Esacerbo. 20 poesie immature" e per PeQuod, la raccolta "La stessa Gravità". E' creatore e curatore del progetto di poesia e immagine Versigrafìe (http://cartigliodombra.blogspot.com/)
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