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Le colonie, l'estremismo della destra ebraica, la distruzione del popolo palestinese: "L'impunità dei coloni" di Bergman e Mazzetti

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L'impunità dei coloni
di Ronen Bergman e Mark Mazzetti
Internazionale Extra Large, ottobre 2025

Traduzione di Davide Lerner

pp. 72
€ 8 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)

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Settantadue pagine di fatti, il risultato di un'inchiesta che illumina uno degli aspetti più rilevanti e drammatici del conflitto arabo-israeliano: L'impunità dei coloni è il saggio a firma dei due Premi Pulitzer Ronen Bergman e Mark Mazzetti.
Entrambi firme del New York Times, hanno collaborato (in questo lavoro anche con Natan Odenheimer) per raccontare la nascita delle colonie israeliane nei territori palestinesi come parte integrata di un processo di radicalizzazione della destra religiosa ebraica, il frutto di un movimento sistemico che comprende non solo la politica e le sue istituzioni, ma anche la polizia e il sistema giudiziario. 
Il volume è il primo titolo della neonata collana Extra Large della rivista Internazionale, nata con l'obiettivo di dare spazio a narrazioni giornalistiche più estese che sul settimanale difficilmente troverebbero spazio, andando così oltre il perimetro degli articoli e fornendo occasioni di approfondimento su alcuni dei grandi temi del nostro tempo. I volumi tascabili della collana usciranno in edicola e nelle librerie online, disponibili sia in cartaceo che in formato e-reader.
Il saggio di Bergman e Mazzetti parla del colonialismo di Israele come occupazione dei territori siti in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, nella penisola del Sinai, nelle alture del Golan e a Gerusalemme est e avviata a partire dalla Guerra dei sei giorni del 1967.
Pur venendo considerata illegale dalla comunità internazionale (come violazione della Quarta Convenzione di Ginevra), questa occupazione è proseguita per tutti questi decenni e si è intensificata diventando uno dei principali fattoi di conflitto, nonché il terreno di atti usurpatori perpetrati da Israele ai danni del popolo palestinese. Si stima che oggi siano oltre quattrocentomila i coloni che vivono nei territori occupati. 
L'impunità del titolo è quella di un sistema che giustifica attacchi, vessazioni e violenze e che invece scredita e mette a tacere le voci dei palestinesi che provano a denunciarle. 
L'inchiesta racconta la nascita delle colonie israeliane non solamente come fattore critico a livello di opinione pubblica internazionale, ma come evento che di fatto è arrivato a "minacciare la tenuta democratica del paese" perché ha nel tempo lacerato dall'interno anche il governo stesso portando al silenzio di qualsiasi voce contraria. Discutere della nascita e del mantenimento delle colonie significa guardare in faccia un governo estremista che tollera la violenza e insieme la esercita con impunità:
Come ha fatto una nazione così giovane a voltare così rapidamente le spalle ai propri ideali democratici? E che prezzo ha dovuto pagare? Qualsiasi risposta seria a domande simili deve tenere conto di un fatto: mezzo secolo di comportamenti illegali rimasti in gran parte impuniti ha portato l'ultranazionalismo radicale al centro della politica israeliana.
Per raccontare questi temi i due giornalisti hanno condotto centinaia di interviste e hanno avuto accesso a una grande quantità di documenti inediti. L'inchiesta è articolata in tre parti: la prima affronta le origini del movimento religioso - il Gush emunim o Blocco dei fedeli - che ha portato alla nascita degli insediamenti in Cisgiordania e a Gaza; la seconda racconta le violenze che gli elementi più estremisti del movimento dei coloni hanno compiuto e quotidianamente compiono; nella terza si parla dell'ascesa degli attuali leader politici del governo israeliano (Netanyahu, Ben-Gvir, Smotrich...), mai puniti per i loro crimini e attori di questa nuova stagione radicale, nonché del genocidio compiuto a partire dai fatti dell'ottobre 2023. 

Discutere della politica di Israele come stato coloniale è oggi l'unico punto di partenza per qualsiasi discorso che sia in primis storicamente fondato, ma soprattutto intellettualmente onesto. Il saggio è essenziale e diretto nell'esposizione dei fatti, chiaro e lucido nell'analisi dei fenomeni e dei loro diversi strati. Nel leggerlo ci si può sentire sopraffatti da un senso di ingiustizia, in particolar modo di fronte all'esistenza di due asimmetrici sistemi giudiziari, quello per gli ebrei e quello per i palestinesi, di fronte alla connivenza dell'esercito e della polizia e alle azioni del terrorismo di destra ebraico, mosso dalla volontà di fondare "per volontà di Dio" uno Stato fondato sul sangue. 
Molto spesso di fronte alla questione arabo-israeliana si rinuncia alla discussione in nome della sua innegabile complessità. Però anche la complessità, come il più aggrovigliato dei gomitoli, ha in sé qualche filo che possiamo tirare per arrivare gradualmente al nocciolo delle questioni.
Saggi come L'impunità dei coloni aiutano a fare questo: tirare dei fili per comprendere e dibattere, andando oltre le posizioni precostituite. Al centro di questa questione stanno prima di tutto le vite di chi è privato della propria terra e dei più basilari diritti:
La notte del 31 luglio 2015 Ben-Uliel è stato il responsabile della strage nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. Ha preparato una borsa con due bottiglie di liquido incendiario, stracci, un accendino, una scatola di fiammiferi, guanti e vernice spray nera. Secondo l'accusa, si è messo in cerca di una casa abitata. Alla fine ha scelto l'abitazione di Reham e Sa'ad Dawabsheh, una giovane coppia con figli. Ha aperto una finestra, ha lanciato una bottiglia molotov all'interno ed è fuggito. I due genitori sono morti per le ustioni riportate nell'incendio. Il figlio maggiore, Ahmad, è sopravvissuto, ma Ali, il più piccolo di appena 18 mesi, è morto carbonizzato. 


Claudia Consoli