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Le regole per una buona lite letteraria: ce le racconta Giulio Passerini in "Inimicizie letterarie"

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Inimicizie letterarie
di Giulio Passerini
Italo Svevo, settembre 2025

pp. 160 
€ 16,00 (cartaceo)


Ecco le cinque regole per una buona lite letteraria
1.    Per disprezzare devi prima assaggiare: conosci le opere del nemico tuo come le tue tasche.
2.    Sfida solo chi è al tuo livello, meglio se ha venduto più copie di te (l’invidia è considerata sempre un’ottima attenuante).
3.    Prendersela con un morto è valido solo nel caso in cui abbia il canone mondiale dalla sua parte e il cadavere sia freddo, diversamente non avrai speranze.
4.    Ingegno ed eleganza sono armi improprie, non essere così stupido da non usarle.
E l’ultima, la più bella:
5.    Non cercare la lite per motivi diversi all’invidia, il tuo ego, l’odio personale o l’amor di realtà. Sono tutte ottime ragioni.
Potrebbe essere un utile vademecum, quello stilato da Giulio Passerini nel suo volumetto, intitolato per l’appunto Inimicizie letterarie ed edito da Italo Svevo. Un prontuario di nozioni fornito non dall’autore stesso, ma, attraverso le sue pagine e le sue ricerche, dai più grandi scrittori e dalle più grandi scrittrici che certo tutti conosciamo, e dai loro divertentissimi battibecchi, talvolta – anzi, spesso – durati decenni.

Un prontuario su come ben inimicarsi l’altro, per ego, per invidia, per un’idiosincrasia difficilmente spiegabile con raziocinio eppure impossibile da calmare, perché anche le liti più “elevate” nascono in fondo dai sentimenti più terreni, dalle meschinità che ci sembrano appartenere solo a noi comuni mortali, e che invece sono state di chiunque, anche di grandi letterati e letterate.

Come i giganti Márquez e Vargas Llosa, che a partire dalla vigilia di San Valentino del 1976 per trent’anni non si rivolsero più la parola, dopo che il secondo scoprì che l’amico era andato a letto con la moglie: un bue che dà del cornuto all’asino, tra l’altro, visto che pare che Vargas Llosa non fosse proprio un marito fedele…
Sarebbe interessante approfondire queste piccole tragedie, affondare gli occhi nelle corrispondenze, crogiolarsi in quello che è uno sport che affascina un po’ tutti: capire cosa ha dato origine a una lite. Ad esempio, scoprire che tra Eco e Follett non solo non scorresse buon sangue, ma emergesse in loro un vero rigetto appena qualcuno lo paragonava all’altro. Oppure che il pilastro della letteratura russa contemporanea Nabokov non apprezzasse affatto il suo avo letterario Dostoevskij. O ancora capire quali «implicazioni psicanalitiche del tema della vacca» (p. 27) avesse Flaubert, visto che pare abusasse del termine affibbiandolo a sé e agli altri come il più personale e deplorevole degli insulti. Sicuramente stupisce e diverte la verve quasi violenta ma non del tutto convincente con cui Twain si scagliava contro i romanzi di Austen, o i battibecchi giornalistici tra Gore Vidal e Truman Capote, due veri litigiosi e vendicativi:
A chi gli domandava dell’affaire Vidal, Capote rispondeva: «Certo che mi spiace ancora per Gore, mi spiace moltissimo che debba continuare a respirare ogni giorno». Vidal, di contro, non mostrò mai alcuna apertura e, alla morte del collega, durante un colloquio col suo editore, definì la morte di Capote «un buon salto di carriera». Riposino in pace. (p. 78)
Inimicizie letterarie è una breve lettura spassosa, in cui ogni capitoletto racconta una faida di gusto letterario o personale, con tono ironico e spiritoso. Inoltre ci racconta gli aspetti più umani di scrittori e scrittrici, quelle invidie e ripicche che ci sorprende scoprirle in personaggi da cui, per via del loro genio letterario, ci si aspetta forse inconsciamente – ma del tutto erroneamente – solo saggezza e buonsenso.
 
Pagine divertenti e di buon uso, ma non bisogna credere di dover essere necessariamente scrittori per emulare: si può prendere ispirazione dai grandi per cominciare a litigare con più “letterarietà” o magari semplicemente per scoprire che in fondo siamo tutti umani e che niente di ciò che è umano è estraneo a noi – né agli altri.
 
Federica Cracchiolo