Se il cane non abbaia
di Louise Hegarty
Mondadori, maggio 2025
Traduzione di Stefania Bertola
pp. 276
€ 19 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)
Siamo in Irlanda, alla vigilia di Capodanno e degli amici hanno affittato una grande casa in campagna, per celebrare sia la festività che il compleanno di Benjamin, il fratello dell’organizzatrice dell’evento, nonché una delle protagoniste: Abigail. Ogni anno la festa si trasforma in un gioco di società, il tema scelto per l’occasione è “Cena con delitto”. Ognuno veste i panni di un personaggio fittizio e finge di avere segreti e colpe, fino ad un ipotetico delitto di cui , tutti insieme giocano a scoprire l’assassino. Solo che alla fine della serata, stavolta qualcuno muore davvero e sarà proprio il malcapitato festeggiato.
Così, quando la mattina seguente Benjamin viene trovato morto nella sua stanza, con la porta chiusa dall’interno e nessun segno di effrazione, la cornice del giallo classico – dalla camera chiusa – si salda con il dramma psicologico: la polizia archivia come suicidio, ma i presenti non smettono di interrogarsi.
Dopo lo shock iniziale, conosciamo meglio anche i vari invitati: Margaret, l’ex fidanzata che resta un’ombra luminosa nella vita di Benjamin; Stephen, l’amico d’infanzia che riaccende in Abigail un debole mai estinto; Cormac e Olivia, coppia di fresca felicità che però mostra le prime incrinature; Barbara, collega di lavoro estranea al gruppo, quindi inevitabilmente osservata con sospetto e Declan, l’amico di lunga data, la cui passione per il gioco d’azzardo è risaputa.
Louise Hegarty costruisce un romanzo che dosa con intelligenza suspense e introspezione. Non è soltanto un enigma da risolvere, ma un’indagine collettiva sul ruolo che la memoria, il rancore e il desiderio giocano nelle relazioni. Lo stile, limpido e scandito, lascia parlare i dialoghi e i silenzi, dimostrando come la tensione narrativa non stia solo nel colpo di scena, ma nella percezione di ciò che i personaggi non dicono.
L’autrice non rinuncia alle atmosfere da Agatha Christie (la casa isolata, il gruppo ristretto, la festa interrotta dalla morte), ma le aggiorna con la consapevolezza che oggi i veri crimini non si consumano solo con coltelli o veleni, ma con omissioni, tradimenti e silenzi.
Nonostante tutto, i continui richiami alle regole del giallo (con tanto di decaloghi iniziali a cui si cerca di tenere fede), il cambio di prospettiva con gioco metaletterario, per cui il detective Bell assieme al suo braccio destro Sacker annuncia in quale pagina troverà degli indizi, restando quindi contemporaneamente dentro e fuori dal contesto, rendono il ritmo molto lento e confondono chi legge, che deve sforzarsi di capire perché Bell parli di pagine e non di indizi.
Inoltre i vari tentativi, come fossimo anche noi nel gioco di Capodanno, di risolvere il caso, nei capitoli finali, ripetendo ogni volta l’incipit dell’interrogatorio e cambiando solo il colpevole, sono un gioco ridondante che non rende giustizia al genere. Sicuramente Hegarty ama sperimentare e strizza l’occhio sia al giallo classico che al flashback cinematografico, rendendo il libro unico nel suo genere.
Mentre ognuno è impegnato a interrogarsi su chi sia veramente il colpevole, Abigail affronta il dolore della perdita di Benjamin, e inizia a chiedersi se il vero mistero non sia proprio la vita di suo fratello, così diverso da ciò che mostrava e forse veramente in grado di suicidarsi. Ecco che subentra anche l’analisi psicologica come conseguenza di una perdita e di un lutto, forse la vera nota di merito del libro, che utilizza il giallo solo come pretesto e mira a indagare dentro e fuori l’animo umano.
Samantha Viva
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