Dopo il grande successo di pubblico e di critica riscosso dal romanzo d’esordio Il Nix, giunto in Italia nel 2018 ed edito da Rizzoli, che è valso all’autore l’Art Seidenbaum Award come miglior esordio narrativo da parte del «Los Angeles Times Book Prize» nel 2016, Nathan Hill è tornato in libreria, nel 2024, con Wellness, seconda fatica letteraria inserita da Oprah Winfrey nel suo «Oprah’s Book Club 2.0» ed edito, ancora una volta, da Rizzoli.
Nella pulsante Chicago
degli anni ’90 – l’anno è il 1993 per la precisione – Jack ed Elizabeth si incontrano e si riconoscono, benché provenienti da background molto
differenti. Entrambi nel fiore degli anni, entrambi giunti in città da lontano per
frequentare l’università: dal Kansas rurale e senza fronzoli, così
somigliante all’American Gothic di Grant Wood, lui, Jack Backer, per
emanciparsi da un passato ingombrante; da tutte le città e nessuna lei,
Elizabeth Augustine, membro reietto «degli Augustine di Litchfield»
(p. 34) facoltosa famiglia arricchitasi in modi poco leciti e che fugge proprio
perché «lei, lì a Chicago, è una nullità» (p. 34).
In uno dei quartieri più bohémien
della città, dove artisti e studenti si incontrano per creare un meltin pot
irripetibile, all’interno di una vecchia area industriale in via di riqualificazione,
i due sono dirimpettai, a dividerli solo i vetri delle rispettive
finestre e i pochi metri necessari a creare un vicolo. Quando l’uno crede di
non essere visto dall’altra, il buio come unico nascondiglio, si osservano e,
specchiandosi, riconoscono nell’altro la propria solitudine: questo basta per farli sentire a casa. Per molto tempo si
scruteranno, entrambi inconsapevoli di essere, allo stesso tempo, osservatore
e oggetto di studio. Dopo tutto osservare è quello che sanno fare meglio:
Jack studia per diventare un artista, Elizabeth, pur avendo numerose
passioni, si specializza in psicologia. L’osservazione silenziosa si interrompe una sera d’inverno
in cui, finalmente, Jack rivolge a Elizabeth le prime evocative parole:
Vieni con.
Che cosa strana e curiosa e deliziosa da dire.
Vieni con.
Non l’aveva mai sentito dire da nessuno prima. Nessuno degli amici di Elizabeth in tutti quei collegi privati avrebbe mai detto così, né i suoi genitori, né uno degli ospiti che i genitori spesso intrattenevano. Non avrebbero mai lasciato quel con in sospeso alla fine di una frase, irrisolto. (p. 44)
Quella frase mozzata, alle
orecchie di Elizabeth, suona come la nota iniziale di una sinfonia da
suonare in due, due anime miracolosamente predestinate:
«Come fai a sapere tutte queste cose?»
«Me l’ha raccontato lui, una volta.»
Entrambi fissano il padre, in lontananza, guardandolo mentre camminava adagio lungo la recinzione del pascolo sud.
«Da come ha descritto quel giorno» disse Evelyn, «è come se avesse saputo, immediatamente. Ha visto questa ragazza ed è stato come se le loro anime si fossero già incontrate. Non ti ha mai raccontato questa storia?»
«No.»
«Le nostre anime viaggiano di notte. Questo ha detto. La nostra anima lascia il corpo e vaga sulla terra, a volte come un uccello, a volte come un topo. Puoi vedere cosa fa, di tanto in tanto, nei sogni. E quando incontra un’altra anima, lo capisci se incontri quella persona nella vita reale. Ti accorgi di quella familiarità, di quella scintilla. E quella è la persona con cui sei destinato a stare.» (p. 597)
Ma quando gli anni passano, nascono
i figli e gli impegni della vita adulta subentrano, fino a
eliminare le pazzie e la spensieratezza dei vent’anni, si è ancora in grado di
credere a questo miracoloso venirsi incontro da mondi lontani? Oppure è più
probabile che in un giorno qualunque, completamente assorbiti dagli impegni
della vita quotidiana, si squarci il velo di Maya dell'illusione che ottunde la vista della
realtà: realizzare che al proprio fianco vive ormai un estraneo? È possibile
che l’amore, la più ambita e ricercata della droghe, sia solamente un placebo
con cui tentare di lenire i dolori più lancinanti che trasciniamo, ben sepolti
dentro di noi? In fin dei conti, la vera questione è: possiamo davvero
conoscere noi stessi e gli altri?
Sì, certo, la curva a U: ne avevano parlato molto, ultimamente. […] Era un fenomeno ben noto tra alcuni economisti e psicologi comportamentali, in base al quale in generale la felicità, nel corso dell’esistenza, tendeva a seguire un andamento prevedibile: la gente era più felice da giovane e da vecchia, e meno felice nella mezza età. Sembrava che la felicità raggiungesse il culmine intorno ai vent’anni, poi di nuovo intorno ai sessanta, ma precipitasse al centro, cioè dove si trovavano Jack ed Elizabeth, in fondo alla curva, nella mezza età, in un periodo che si distingueva […] per il lento declinare in una silenziosa e spesso sconcertante irrequietezza, insoddisfazione. (p. 63)
Wellness, seconda poderosa opera di Nathan Hill, descritta come il canto del cigno dell’amore coniugale, è molto più di questo. È un’opera imponente che, passo dopo passo, riannoda tutti i fili di un passato che rende una persona quel che è, nel presente che vive. È un’opera che spinge a credere, ancora, che l’amore non sia solamente un placebo, un’illusione che, una volta svelata, cessa il suo effetto, ma un potente imperituro motore con la forza di ribadire, se ancora ce ne fosse bisogno, che non sono le ferite del passato a dover dettare le nostre scelte future. Dopotutto cosa innalza un libro a essere un buon libro se non l’essere in grado di far riflettere e, ancor meglio, far vacillare qualche convinzione pregressa? Nathan Hill, con Wellness, riesce in modo brillante nell’intento, grazie ad una prosa vivida ed efficace che riesce nell’intento di far dimenticare, al lettore, la mole del suo libro.
Corinna Angelucci
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