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Variazione su tema Frankenstein: una protagonista tra Bella Baxter e Mary Shelley, in pieno stile gore

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Bella e felice
di Valentina Ramacciotti
Eris Edizioni, maggio 2025

pp. 96
€ 10 (cartaceo)

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I suoi sforzi di metter da parte pezzi scelti, tenerli al fresco, mentre con spirito di abnegazione ne selezionava di più giovani e genuini, come le guance rosee del bambino petulante e ficcanaso, strangolato più per raptus che per calcolo qualche pomeriggio fa, insomma, alla fine tutto si era rivelato una scelta vincente. Sapeva di essere un uomo di buon gusto, nonostante le apparenze, e questa ne era la prova. Finalmente poteva riscuotere il premio di una vita di stenti e tutto grazie alla sua ambizione, alla scellerata passione per le scommesse aleatorie e alla sua voglia di vincerle sempre. La più bella delle creature... Doveva essere facile trovarla in quella penuria d'esseri umani, fiaccati dalla fame, dalla guerra e dalle malattie e dagli stenti. Doveva essere un po' come vedere un raggio di sole farsi largo tra rifiuti e sgorbi, nani e vecchie artritiche. (p. 19)

In un mondo come quello descritto da Valentina Ramacciotti, la bellezza – dalle parole di uno dei suoi personaggi – è un'arma e una condanna a morte. Autrice apparsa su diverse riviste letterarie e, in ultimo, con un racconto per l'antologia di Pidgin Cloris (2023), costruisce per Bella e felice un piccolo grande universo del tutto marcio e grottesco. Spoiler: il titolo è ironico.

La si potrebbe definire una novella, o un racconto lungo: in poco meno di cento pagine l'autrice riscrive "la favola" nera di Frankenstein e ci toglie la favola con tutte le virgolette, perché di quel famosissimo personaggio di Mary Shelley resta il nucleo ma non il genere: già, perché da uomo, il mostro, diventa donna. Una ragazza, per la precisione, la più bella della creature: le ha dato la vita un certo Dio, una sorta di medico che mette insieme pezzi di cadavere e altre meraviglie per capriccio e diletto.

Così inizia il racconto: Bella - si chiama così la nostra protagonista rappezzata, un po' - se vogliamo - facendo eco a Bella Baxter di Poor things - viene messa insieme dalle parti del corpo migliori che si sono riuscite a trovare, venendo fuori davvero angelica, bellissima, una rarità in un mondo dove tutto è segnato dalla violenza, lo stupro, il furto, l'omicidio, dove tutto è profondamente grottesco. Non so se questo  si possa definire "distopia", ma c'entra - come sempre - una guerra, e la caduta dell'umanità.

Nessun torturatore si è visto, nessuno ha bussato o graffiato alla porta. Allora ha parlato a quel pezzo di sé che stava venendo fuori e che prometteva inudibili minacce, ma anche calore e speranza. Gli ha detto che la vita era una tribolazione, soprattutto se eri la più bella delle creature, gli ha augurato qualche difetto, una piccola invalidità e tanta tenacia per sopravvivere ai lupi mannari che avrebbe incontrato una volta fuori dalla tana calda e umida del suo utero. (p. 69)

Bella viene al mondo già donna, fatta e finita, e per di più splendente, ma non è adatta alla vita là fuori: scoprirà sulla propria pelle la crudeltà, il vizio, l'inganno e l'abuso. Nel frattempo, mentre lei vaga come una bussola senza poli, un certo Felice, smilzo e sgradevole – colui che ha messo insieme i pezzi di corpo migliori per lei – la cerca. E la cerca perché ha chiesto a Dio di crearla apposta per lui. Si rincorrono quindi queste due narrazioni: da una parte la donna, una novella Frankenstein a uso e consumo di chi se ne può approfittare, e dall'altra l'uomo, un personaggio approfittatore, malato, probabilmente una scusa per criticare la questione del possesso e della gelosia che tante donne subiscono dai propri compagni.

Bella non era più tanto bella, la sua pelle aveva assunto una tonalità tra il verde e il viola, di morte stagionata. Una trama crepata di vene affiorava sull'incarnato come se le grinfie dell'aldilà le stessero prendendo le misure. Si è sollevata in piedi e ha mosso qualche passo per svegliarsi dall'incubo. Lo shock della violenza le è rimasto aggrappato addosso, con gli artigli conficcati nella carne, le sembrava di sentirne il peso sulle spalle, non riusciva a mantenere l'equilibrio, le gambe tremavano e cedevano per via dei crampi. Con gli occhi della mente ha rivisto facce distorte dal raptus del piacere che le cadevano addosso come maschere di vampiri assetati di sangue. (p. 43)

L'autrice non ci va per il sottile, cosa che ho apprezzato: Bella e felice è una favola gore, grottesca, un po' horror se vogliamo allargarci in definizioni familiari, e quindi sfrutta tutto quello che il genere le offre. Il personaggio di Bella non è una classica eroina; il personaggio di Felice non è il classico cattivo assoluto (o meglio, la storia ci fa chiedere: è davvero malvagio o è dovuto diventarlo perché in un mondo così infame la bontà e la gioia non sopravvivono?); nessuno corre in aiuto di nessuno nel momento clou; ognuno pensa per sé. E se sopravvivi, e come, non è detto che sia nel migliore dei modi.

Mi è piaciuta molto questa storia. Temevo che la questione della Frankenstein "femminile" potesse essere una trovata pubblicitaria o un modo di attirare i fan di Mary Shelley, ma in realtà è una variazione sul tema ben scritta, soprattutto perché non è caduta nel femminismo spicciolo, perché sì, perché ne avevamo bisogno, perché ormai tutti i libri sul femminismo sono necessari.
No, non tutti i libri sul femminismo sono necessari. Non tutti i libri – in generale – sono necessari. Ma se la storia è scritta bene è già qualcosa di importante. E questa lo è.

Copertina bellissima. Piacerà ai fan di Junji Itō (che ha pubblicato, tra l'altro, un volume proprio su Frankenstein), come pure il suo contenuto.

Deborah D'Addetta