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L’inquieta identità ebraica contemporanea analizzata con rigore e fascino da Sergio Della Pergola, luminare di Studi Ebraici Contemporanei nel saggio “Essere ebrei, oggi”

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Essere ebrei, oggi
di Sergio Della Pergola
il Mulino, 10 maggio 2024

pp. 224
€ 16,00 (cartaceo)
€11,43 (eBook) 

Sull’identità ebraica contemporanea esistono ben pochi testi e lavori di ricerca, mentre è reperibile una infinità di studi e documenti sulla storia degli ebrei nel passato. Alla luce di questo dato di fatto, il lavoro di Sergio Della Pergola, professore ordinario emerito ed ex direttore dell’Istituto Avraham Harman di Studi Ebraici Contemporanei, si presenta come una guida imprescindibile e insostituibile per indagare l’identità ebraica nella complessità del mondo contemporaneo.

Il lavoro di Della Pergola è articolato in nove capitoli, che trattano dai contenuti dell’identità ebraica (religione, etnia, tradizioni e riti, memoria della Shoah,...) e della storia della popolazione mondiale, all’antisemitismo contemporaneo, dedicando anche un focus molto intrigante alla comunità degli ebrei in Italia, una realtà che costituisce un unicum a livello mondiale. 

Il professore, con rigore e fascino, tratta, integrandoli, diversi aspetti dello studio dell’identità ebraica che afferiscono a discipline che generalmente vengono trattate separatamente: studi demografici - altro campo di indagine di cui Sergio Della Pergola è specialista da diversi decenni -, psicologia sociale per spiegare modalità e percezioni dell’identità ebraica a livello sia individuale che collettivo e la storia dell’ antisemitismo. Il libro è corredato da grafici esplicativi molto utili e variegati, che vengono puntualmente analizzati e commentati dall’autore: grafici a torta, istogrammi, grafici a linee. 

L’approccio empirico è veramente interessante, perché lo studioso spiega in maniera comprensibile ma precisa i dati statistici e i risultati delle interviste, e conclude i capitoli facendo il punto di ogni argomento trattato nei diversi paragrafi per arrivare alle conclusioni finali. Le indagini su cui si basa il lavoro di Della Pergola sono aggiornate agli anni 2018, 2020 e 2023 (quest’ultimo anno riguarda i dati demografici) e sono tutte indicate nella notevole bibliografia alla fine di ogni capitolo. Il lettore curioso troverà il lavoro ben coeso, accessibile, per nulla dispersivo, nonostante si tratti di uno studio poderoso e articolato su più tematiche. 

Dal libro è ben chiaro quanto sia complesso il dibattito sull’identità ebraica e sulle varie categorie identitarie che divergono in base alle fasce d’età, ai territori (UE e non UE, USA e Israele), per cui il professore lascia intendere che non vi sia una risposta certa e definitiva sulla questione: l’identità ebraica non è una categoria fissa, pur presentando, per così dire, delle costanti che tengono unite le diverse comunità sparse per il mondo, con l’eccezione degli Stati Uniti, dove si concentra buona parte della popolazione ebraica e dove è in atto un galoppante processo di secolarizzazione e di modernizzazione.

Lungi dall’essere un’entità fissa, o al limite fossilizzata, l’ebraismo è stato ed è soggetto a variazioni e trasformazioni continue di contenuti nel tempo e nello spazio. In prima approssimazione, l’ebraismo è un complesso sfaccettato di espressioni ed esperienze normative, cognitive, comportamentali, affettive, relazionali, pubbliche e private. (p. 58)

Mentre in Europa la comunità ebraica, parte della Diaspora, dopo l’ultimo grande esodo costituito dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, è ormai ridotta a poco più di un milione di persone, quella dello Stato di Israele sta conoscendo un robusto sviluppo demografico, ma che comunque non riesce a far lievitare  il totale della popolazione ebraica a livello mondiale. A pesare su questa drastica riduzione demografica sono stati non solo i matrimoni misti, ma anche e soprattutto le migrazioni transnazionali verso stati anglofoni extraeuropei con lunga tradizione multiculturale, basata sulla diversità etnica e religiosa.
Chiunque oggi può definirsi ebreo per religione ma non per etnia, o viceversa ebreo per etnia e non per religione. (p. 60)

L’identità ebraica è un concetto che si apre a diverse possibilità: mentre negli USA si può dire che ciò che accomuna gli ebrei che vi vivono sia la loro «americanità» (p. 91), in Israele abbiamo un’inversione di tendenza soprattutto tra le generazioni più giovani, che stanno conoscendo un inedito processo di desecolarizzazione, con un avvicinamento non solo alle pratiche ebraiche, comprese quelle meno qualificanti della loro identità, ma anche alla religione. Interessante notare come invece le giovani generazioni di ebrei statunitensi non sentano alcuna vicinanza a Israele, ma anzi assumano posizioni molto critiche soprattutto riguardo al confitto israelo-palestinese. Si tratta di un allontanamento tra questi due importanti poli geografici che, secondo il professor Della Pergola, probabilmente non si sanerà nel breve e medio periodo. 

Che ruolo ha la memoria della Shoah ancora oggi nel processo identitario ebraico? 

Nel libro, così come in occasione dell’incontro con l’autore organizzato dalla casa editrice, è stata ribadita l’importanza della memoria della Shoah - si precisa che il termine Olocausto è inappropriato e non rende l’idea della portata distruttiva di quella strage - come contenuto collante dell’identità del popolo ebraico. L’importanza di ricordare la Shoah è un diritto per Israele ed è anche una forte motivazione a percepirsi ebrei nella lotta all’antisemitismo, quando nel resto del mondo ci sono intellettuali anche di una certa caratura - ribadisce Della Pergola all’incontro - che vorrebbero ridimensionare l’importanza della giornata della memoria considerata «una palla al piede per l’evoluzione dell’Europa». Tuttavia, sostiene il professore, bisogna tenere presente che nello stato di Israele «il diritto dell’ebreo in quanto persona, la memoria della Shoah e il sostegno a Israele sono un trittico inscindibile» e che non si può pensare a uno di questi fondamenti slegato dagli altri due. Dai dati riportati nel libro e dalla discussione cui ha partecipato anche Andrea Graziosi, professore ordinario di Storia contemporanea alla Federico II di Napoli e uno dei massimi esperti della storia sovietica, gli ebrei oggi percepiscono un aumento di odio nei loro confronti: dall’accusa di praticare l’apartheid nei confronti degli arabi alla rete capillare della campagna (anche in Italia!) di BDS, volta al boicottaggio, ai disinvestimenti e alle sanzioni ai danni di Israele. Anche stavolta, Della Pergola ci anticipa e ci corregge: la parola antisemitismo non è appropriata: 

All’odio verso gli ebrei è stato solitamente attribuito il titolo di «antisemitismo», sebbene quest’ultimo sia solitamente un termine inappropriato: il bersaglio, infatti, non sono dei generici semiti, ma molto specificamente gli ebrei. L’odio nei confronti di altri semiti, come gli arabi, è definito generalmente «islamofobia». (p. 173)

L'autore ha preferito precisare che il termine corretto per indicare l’odio verso gli ebrei è «giudeofobia» e si tratta di una piaga che non si è mai rimarginata nel corso degli anni; anzi dopo i fatti del 7 ottobre con la violenta reazione di Israele a Gaza, il rischio che la giudeofobia possa riaccendersi più cieca e feroce di prima si fa sempre più reale. 

Oggi, è vero, le reti di comunicazione sociale consentono di informarsi e di formarsi un’opinione immediata e documentata su molte cose che non sappiamo. Siamo tutti diventati un poco autodidatti e, se vogliamo e la sappiamo usare bene, questa rete di comunicazione quasi infinita è un grande dono della modernità. […]Ma è anche vero che le medesime reti sociali sono divenute la maggiore fonte di disinformazione e sviamento dalla verità e dalla conoscenza. Circola in rete un’enorme quantità di falsità, o di mezze verità, e ciò che è ancora più inquietante è la quantità di odio e di aggressività nei confronti degli obiettivi più disparati che viene lasciata scorrere liberamente attraverso l’etere e sugli schermi. E anche questo finisce per toccare da vicino gli ebrei. (pp. 10-11)

Per chi cerca di trovare nel lavoro qualche richiamo ai fatti del riacceso conflitto israelo-palestinese, con grande onestà e imparzialità, il professore premette dalle prime pagine:

Questo libro, concepito ben prima della grande crisi dell’autunno del 2023, intende apportare un poco di chiarezza sulla natura dell’esperienza e dell’identità degli ebrei contemporanei nel mondo: in Europa, negli Stati Uniti, in Israele e anche in Italia. (pp. 11-12)

L’argomento del libro e l’incontro cui ho assistito sono di estrema attualità e mi hanno permesso di comprendere quanto sia facile strumentalizzare i dati quando non vengono confrontati e contestualizzati e quanto «i fatti scompaiano di fronte alla narrazione ideologica»: lo studioso, che vive ormai a Gerusalemme da tanti decenni, ha spiegato che, a differenza delle fake news e di certe ideologie antiebraiche imperanti, gli arabi sono perfettamente integrati nella società della città santa, sono commercianti, medici, artigiani. Si tratta quindi - spiega il professore - di una realtà sociale stratificata creatasi nel tempo dalla nascita dello Stato di Israele e precisa che quando ci sono conflitti la propaganda e l’ideologia corrono più veloci del vento e sarebbe importante che la comunità internazionale e i singoli stati facessero fronte comune contro la disinformazione e il pregiudizio.

All’incontro Sergio Della Pergola, per rispondere a una domanda che gli era stata posta da uno dei partecipanti sull’attuale situazione politica israeliana, ha sottolineato l’incapacità del governo israeliano di «curare i reali interessi di Israele, facendo una serie di autoreti», prima tra tutte la violenza con cui ha risposto all’attentato di Hamas. «La falla principale è il sistema elettorale israeliano di tipo proporzionale che ha creato un parlamento assolutamente sfasato», il quale non rappresenta buona parte della società civile, come i recenti sondaggi rivelano. Il governo israeliano attuale è uno dei più contestati dalla popolazione: ogni giorno vi sono manifestazioni a sostegno della democrazia e della pace, ma i media (e non solo loro, evidentemente) non danno il giusto valore a queste contestazioni.

La portata degli eventi del 7 ottobre 2023 e la violenta risposta del governo di Netanyahu a Gaza impatterà certamente in modo significativo sull’acuirsi del pregiudizio antiebraico nel mondo, ma è ancora troppo presto e immaturo tentare di quantificarla. Certamente

le capacità che dimostrerà Israele di volere e di potere trovare soluzioni stabili al conflitto, avranno un’influenza forse decisiva sul destino futuro non solo dello Stato ebraico, ma di tutto l’ ebraismo mondiale. (p. 216)

Marianna Inserra