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«Chi sono io? Sono la stessa persona che ero l'11 agosto o sono un altro?»: "Coltello", di Salman Rushdie

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Coltello. Meditazioni dopo un tentato assassinio
di Salman Rushdie
Mondadori, 16 aprile 2024

Traduzione di Gianni Pannofino

pp. 240
€ 21 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Questo libro rappresenta la resa dei conti. Mi dico che è il mio modo di farmi carico di quel che è accaduto, di appropriarmene... di trasformarlo in lavoro, l'unica cosa che sono in grado di fare. Affrontare un assalitore con intenzioni omicide è una cosa che non sono in grado di fare. Un libro su un tentato omicidio potrebbe essere il modo giusto, per la vittima scampata alla morte, di venire a capo dell'evento. (p. 193)

Nella mattinata del 12 agosto 2022, mentre si trovava sul palco del Chautauqua Institution, Salman Rushdie è stato aggredito brutalmente da un uomo mascherato. Ventisette secondi di pura violenza hanno visto molteplici pugnalate colpire il celebre scrittore, già oggetto di minacce dopo l'uscita dei Versi satanici nel 1989, ritenuti offensivi verso la religione islamica e Maometto. Dopo anni di vita sotto scorta, Rushdie si era trovato a recuperare la sua libertà. Almeno fino al 2022. 

Se i fatti sono grosso modo questi - a cui potremmo aggiungere i tanti giorni passati da Rushdie tra la vita e la morte, con una serie di prognosi infauste -, le emozioni, le diverse percezioni, la lotta contro il dolore e l'imperativo di resistere sono qualcosa che potevamo solo immaginare. Poi è arrivato Coltello, un libro particolarmente d'impatto già a partire dalla sua copertina color crema ed essenziale, che reca un profondo taglio alla Fontana al centro della copertina, a simboleggiare la lettera "i" della parola "Knife". 

Quella che stringiamo tra le mani è un'autobiografia che racconta un periodo ben definito e limitato della vita di Rushdie: al centro, la mattinata cruciale del tentato omicidio, raccontata in presa diretta. Attorno, capitoli che delineano il "prima", ovvero pagine di grande dolcezza, ad esempio, in cui viene ricostruita la storia con la nuova compagna, Eliza, celebre poetessa, che Rushdie descrive con amore e gratitudine per il grande coraggio che la donna ha mostrato standogli accanto nel modo migliore.

A questi capitoli, che rappresentano ben più di una mera contestualizzazione, seguono pagine dolenti che ricostruiscono il "dopo", ovvero percorrono il lungo periodo in ospedale, tra operazioni rischiosissime, scelte difficili da intraprendere (cosa fare, ad esempio, con l'occhio offeso e ormai irrecuperabile?), estenuanti ore di fisioterapia e pratiche dolorosissime per ripristinare le funzioni della mano ferita o per tornare a camminare, complicanze allarmanti e continue visite... Non si può certamente parlare di resilienza, perché purtroppo il corpo di Rushdie non potrà tornare a essere come prima dell'aggressione, ma la sua è stata una grande prova di resistenza, che affatica noi lettori anche solo nel tentativo di immaginare cosa abbia attraversato Salman Rushdie. Eppure non c'è momento in cui l'uomo si sia fatto prendere dallo sconforto e abbia pensato di lasciarsi andare. Semmai è stato colto da un comprensibile nervosismo, a furia di vedersi rinchiuso in ospedale, o dall'angoscia di non sapere quando e se sarebbe tornato a casa nuovamente. E come sarebbe ripresa la sua vita, dopo che è cambiata nuovamente e irrimediabilmente? Sarebbe stato necessario muoversi sotto scorta, prestando attenzione ai giornalisti appostati ovunque? 

A sostenere Rushdie in questo percorso di ritorno alla vita, oltre a Eliza, che ha voluto documentare l'intero cammino di guarigione, dentro e fuori dall'ospedale, è fondamentale l'affetto portato dai famigliari e dagli amici di sempre, scrittori compresi. Visite, chiamate, videoconferenze sono solo alcuni dei tanti modi in cui il mondo è riuscito a entrare nella stanza d'ospedale di Rushdie, almeno per un momento di conforto. E l'affetto si è fatto onnipresente e sorprendente persino agli occhi di Salman.

Accanto a queste pagine personali, il grande scrittore riflette più in generale sull'intolleranza religiosa, immaginando un dialogo molto forte con il suo aggressore, in un serrato botta e risposta che mostra quanto possa essere difficile la comunicazione quando è l'intransigenza a muovere le proprie scelte, azzerando il libero arbitrio. 

Altrove, è anche possibile rinvenire in quest'opera così ibrida momenti metaletterari rilevanti, che portano Rushdie a speculare sulle proprie opere (in particolare sull'uscita di La città della vittoria), sulla loro ricezione presso il pubblico e la critica, sulla scrittura in sé, ma anche sulle tante letture che ha per varie ragioni incrociato sul suo cammino durante questi ultimi anni. 

Vario al limite dell'indefinibilità, doloroso e speranzoso insieme, lento per lunghi tratti e rapido altrove, Coltello è un'opera complessa pur adottando un lessico medio e una sintassi piana, che riesce a stupire, nonostante tanti di noi sappiano già di che cosa scriverà Rushdie. Eppure, è il come ne scriverà a rappresentare il maggior merito di quest'opera coraggiosissima, che probabilmente segnerà una svolta anche nella narrativa dell'autore. 

GMGhioni