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Mary MacLane: l'anti-eroina che invece di pregare Dio, si siede e attende l'arrivo del Diavolo

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L'attesa del diavolo
di Mary MacLane
Ago Edizioni, aprile 2024

Traduzione di Sofia Artuso

pp. 240
€ 18 (cartaceo)

C'è un motivo se Ago Edizioni (ho intervistato qui l'editore) si chiama così: testi che pungono, che lasciano il segno. L'ultimo nato in casa editrice non fa eccezione. Si tratta di un testo particolarissimo, che sfugge a qualsiasi tentativo di incasellamento: non è un diario canonico, non è un semplice memoir, non è un saggio, non è un romanzo, non è una novella.
Mary MacLane, che si autodefinisce un genio, trascrive la complessità e la vorticosità dei suoi pensieri in un lasso di tempo di tre mesi, precisamente nel 1901, scardinando in un sol colpo l'idea che i lettori si erano fatti fino a quel momento di cosa volesse dire tenere un "diario", sopratutto se scritto da una donna o una ragazza molto giovane.
Mary MacLane nel 1901 ha diciannove anni. Il testo viene pubblicato e in pochissimo tempo diventa un best seller, vende più di 100.000 copie. Poi, per il contenuto, il tono e l'irriverenza, è censurato e finito del dimenticatoio. Oggi, grazie ad Ago, torna nelle librerie, per la prima volta tradotto in italiano.

Questo non è un diario. È un Ritratto. È la mia vita interiore messa a nudo. Mi sto sforzando al massimo per mostrare tutto - per rivelare ogni piccola vanità e debolezza, ogni faccia dei miei sentimenti, ogni desiderio (pp. 51-52)

Un Ritratto dunque, il ritratto in forma di parole di una ragazza peculiare, che non risparmia al lettore un'immagine di sé poco lusinghiera, nonostante abbia per se stessa i complimenti meno umili del mondo. Si definisce un genio, unica, un'anima speciale, ha un corpo magnifico, una mente inarrivabile, una natura indomita, eppure è sola, tremendamente e profondamente sola, accompagnata solo «dalla sabbia e dall'aridità», come ripeterà spessissimo nel testo, e dal ricordo di un'amica, la dama dell'anemone, la sua ex insegnante Fanny Corbin, l'unica persona reale per cui prova affetto. E non solo. Già, perché un altro elemento d'innovazione e di scandalo è l'assoluta naturalezza con cui Mary dichiara di provare attrazione sessuale per un'altra donna. Ricordo che siamo nel 1901, e a scrivere è una ragazza poco più che maggiorenne.

Come se questo non bastasse - e non bastasse neanche la palese disperazione con cui vive Mary, la cui vita al di fuori del suo spirito potrebbe dirsi esattamente un deserto - ciò che anela di più è l'arrivo del Diavolo. Mary rinnega Dio, non sa che farsene. Odia il matrimonio, odia le convenzioni sociali, odia persino la sua stessa famiglia, perché non si cura di lei, perché il suo genio non viene compreso, e quindi ciò che decide è di prepararsi all'unico contro-Dio che le viene in mente, il demonio, il solo a detenere il potere di portarle la Felicità.

Sono pronta e in attesa di dare al Diavolo tutto ciò che possiedo in cambio della Felicità. Sono stata torturata così a lungo dalla noiosa, noiosissima miseria del Nulla - per tutti i miei diciannove anni. Voglio essere felice - oh, voglio essere felice! Il Diavolo non è ancora arrivato. Ma so che in genere arriva, e lo attendo con ansia. Sono fortunata a non essere una di quelle persone che sono gravate da un innato senso della virtù e dell'onore che deve sempre essere anteposto alla Felicità. Sono pochi coloro che trovano la Felicità nella propria Virtù. Gli altri devono accontentarsi di vederla fuggire via. Ma per me la Virtù e l'Onore non significano niente. Desidero la Felicità in maniera indicibile. E perciò attendo la venuta del Diavolo (p. 21)

Lo ripeterà molte volte, una specie di litania blasfema. Il suo è un vero desiderio carnale, come se parlasse di un uomo qualsiasi. Alterna dunque momenti di amore saffico a momenti di libido etero, passaggi in cui si innalza a divinità lei stessa, esaltando la sua mente, la sua capacità di analisi, il suo essere così avanti rispetto ai contemporanei, a mini elegie oscure in cui ci conduce sull'orlo del baratro, della disperazione, della depressione.

Questo non significa che non ci siano anche dei periodi ironici, che fanno anche ridere. Mary è sicuramente una donna molto intelligente, acuta, nonostante lei si nasconda dietro la maschera della femme fatale crudele, e questo lo capiamo perché tutto ciò che traspare dal testo, e per sua stessa ammissione, è il desiderio folle di essere amata. Da chiunque: da Fanny, dal diavolo, da Dio, da un semplice passante o conoscente o chi per lui. Vuole solo essere vista, capita, presa per mano.

Questo desiderio non viene espresso in forma di lamento, ma di feroce rabbia: è furiosa col mondo, con le persone, è furiosa con se stessa, perché è nata com'è nata, perché è femmina, ha diciannove anni e se ne sente mille. Anche lo scorrere del tempo, l'ambientazione monotematica e - una distesa di sabbia e aridità, che però, a volte, si interrompe lasciando spazio a descrizioni di luoghi meravigliosi, sogni ad occhi aperti - è a servizio dell'offerta su un piatto d'argento di qualcosa di prezioso, ovvero la sua anima così sensibile e inimitabile.

Descrivere un testo come questo non è impresa facile: l'autrice è una creatura sui generis, e lo è pure il suo diario. Il suo Ritratto. Nella postfazione della traduttrice Sofia Artuso vi sono anche numerosi retroscena, molto interessanti, su di lei e sulla pubblicazione del libro.

Lo consiglio a chi ama le scritture crude, dritte al punto, le anti-eroine profondamente umane e fragili, ma anche orgogliose, di quelle che vogliono tutto dalla vita e non hanno paura di dirlo, tanto da rinnegare Dio e desiderare l'arrivo del Diavolo.

Deborah D'Addetta