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«Una definizione di vita potrebbe essere lo scambio perpetuo di storie»: "Lascialo gridare, lascialo bruciare", i saggi di Leslie Jamison

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Lascialo gridare, lascialo bruciare
di Leslie Jamison
NR edizioni, settembre 2023 

Traduzione di Simona Siri

pp. 272
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Nell'estate del 2021, sul finire di quello che era un periodo non facile della mia vita, c'è stato un libro che non riuscivo a smettere di leggere: Esami di empatia di Leslie Jamison. È una raccolta di saggi sui più vari modi in cui la gente affronta il dolore ed entra in relazione con gli altri.
Erano storie che non avevano quasi niente in comune con quanto avessi letto fino a quel momento a proposito dell'empatia (parola tanto abusata quanto capacità poco compresa).
Non pretendevano di spiegare o di fare da guida, semplicemente ti portavano oltre un confine, ti aprivano gli occhi su delle vite (alcune delle quali un po' bizzarre) e poi stava a te decidere cosa fare con quel materiale. 
Una volta finito, l'ho consigliato a molte persone; ho raccontato di aver trovato un'autrice in grado di suggerirmi qualcosa di diverso e di dirlo in un modo doloroso e luminoso in egual misura.   
Qualche mese fa ho riaperto Esami di empatia perché c'era una storia in particolare che mi era tornata alla mente e volevo ricordarne meglio alcuni dettagli. Racconta di un raduno letterario tra Tijuana e Mexicali e comunica un certo spirito di frontiera. Ho avuto la conferma che, come un'eco corporea, le parole di Jamison sedimentano da qualche parte e poi a un tratto risuonano di nuovo. Con questo voglio dire che Lascialo gridare, lascialo bruciare, la nuova raccolta della scrittrice, mi ha ritrovata predisposta all'ascolto e speranzosa di ricevere ancora qualcosa di così vibrante. 
"Saggi sulla bramosia di vivere e altre ossessioni", dice il sottotitolo. 
Quattordici storie, più o meno legate alle esperienze dell'autrice, che meditano su quel desiderio intenso e fremente di vivere la vita come scambio perpetuo di storie, processo costante e infinito di costruzione di connessioni che tentano di attraversare i nostri limitati sé per tuffarci in quelli degli altri. Le ossessioni di cui parla il titolo sono le forze chiare e scure che spingono allo sguardo coraggioso su vite che non sono le nostre.

In uno dei testi scopriamo la tristezza della "balena più solitaria al mondo", il cui canto sembra essere irraggiungibile da chiunque; in un altro visitiamo il Museo dei cuori infranti e la sua collezione di cimeli di vite e rotture sentimentali. Facciamo un giro notturno sulla Strip di Las Vegas innamorandoci della sua reale contraffazione; viviamo vite alternative su Second Life e prendiamo aerei su cui si incrociano i dolori di estranei. Abitiamo corpi ordinari e difficili che a volte cambiano forma per la paura, l'amore, la maternità. 
A volte l'ossessione è data dal vivere una vita o un'altra, altre è legata piuttosto al fuggire. Un'evasione che non riduce - anzi sostanzia - la pienezza dell'esperienza:
Il punto più importante è che l'impulso a fuggire dalle nostre vite è universale e difficilmente vale la pena denigrarlo. Vivere una vita implica sempre fare i conti con l'impulso di abbandonarla, attraverso il sogno a occhi aperti; attraverso il racconto; attraverso le estasi dell'arte e della musica, le droghe pesanti, l'adulterio, lo schermo di uno smartphone. Queste forme di "abbandono" non sono l'opposto della presenza autentica. Sono semplicemente uno dei suoi sintomi, allo stesso modo in cui l'amore contiene il conflitto, l'intimità contiene la lontananza e la fede contiene il dubbio. (p. 80)

La scrittura come strumento di bramosia è più volte messa in relazione con l'arte della fotografia come desiderio di immergersi nelle venature dell'esistente. In entrambi i casi c'è un'irrequietezza irrisolvibile: ritrarre gli altri inevitabilmente rende finito ciò che infinito, cristallizza ciò che è in perenne movimento, rappresenta e riduce invece di investigare e aumentare. In quest'impresa Jamison non è sola: è in compagnia della fotografa Annie Appel, dello scrittore James Agee, del fotografo Walker Evans e dei tanti che come loro si sono impegnati nel racconto delle vite degli altri come estrema forma di amore. «Impegnarsi in una storia che quando inizia non riesci a immaginare completamente».
I saggi di questo volume sono scritti in quello che sembra uno stato di malinconica grazia:

Passarono anni prima che scoprissi la seconda definizione della parola saudade. Infatti saudade non descrive solo il desiderio di un particolare oggetto, ma anche il desiderio per quello stesso stato di brama. (p. 167)

Di Jamison si è scritto che la sua voce somiglia a quella di Susan Sontag, scrittrice per eccellenza delle epifanie della coscienza, che di dolore (e non solo) ha scritto molto e in modo formidabile.
Di Sontag in questi saggi sicuramente qualcosa si ritrova: un pensiero sfidante, interpretativo, intimamente responsabile e mai semplificativo. Altruista perché naturalmente capace di donare qualcosa.
E poi l'attenzione al reale non come sfondo per una serie di ritratti ambientati ma punto di partenza per arrivare al nucleo del nostro stare qui, in questo mondo o in tutti quelli a cui la mente riesce a dare forma. 
Con grazia si parla di persone e di ferite, con grazia si scrive dei desideri, di quanto possano diventare dominanti e brucianti. Il messaggio alla fine sta tutto nel titolo: lasciamoli gridare, lasciamoli bruciare, i desideri


Claudia Consoli