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La parabola della vita che guarda ai fantasmi del passato: "Pietra e ombra" di Burhan Sönmez, candidato al Premio Strega Europeo 2023

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Pietra e ombra
di Burhan Sönmez
Edizioni Nottetempo, ottobre 2022

Traduzione di Nicola Verderame

pp. 368
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Guardava le tombe cercando di vedere le anime dei morti recenti, tentava di capirli, di trovare la forma insita del loro destino e con la mente già iniziava a dare una foggia alle pietre che avrebbe scolpito l'indomani. (p. 14)
Burhan Sönmez, autore pluripremiato nato vicino ad Ankara, con il romanzo Pietra e ombra si candida al Premio Strega Europeo 2023. Pubblicato in Italia da Edizioni Nottetempo e tradotto magistralmente da Nicola Verderame, il romanzo si snoda attraverso un arco temporale molto ampio, dal 1938 circa al 2002. 
Il protagonista è Avdo Usta, un intagliatore di lapidi che vive all'interno del cimitero di Merkez Efendi di Istanbul, sua casa e sua tomba, dalle quali (dopo una vita da gavsono, da errante) non vorrà mai separarsi.
La narrazione inizia alla fine del 1984 proprio nel cimitero: Avdo deve intagliare la pietra tombale del misterioso Uomo dai Sette Nomi, ma viene interrotto dall'arrivo di una giovane donna di nome Reyhan. Affamata, torturata e in preda al panico, trova in Avdo il suo salvatore, svelando col tempo un legame antico, antichissimo.
La ragazza infatti è figlia di una famosissima cantante di musica arabesk, Perihan Sultan. Quando Avdo lo scopre non può che commuoversi: la cantante è sorella del suo unico grande amore, Elif, morta tanto tempo prima in una sparatoria. Lui la accoglie, la nasconde, la protegge: difatti diventerà come una figlia, quella che lui ed Elif non hanno mai avuto l'occasione di concepire.
Si tratta di un amore immortale, mai consumato, che vive nei ricordi e nella vita presente di Avdo: il motivo per cui si è stabilito proprio nel cimitero di Merkez Efendi è la presenza della tomba di Elif sotto l'Albero di Giuda. Lui veglia su di lei, non si allontana mai.
Anch'io sono un'ombra, me ne sono reso conto solo con l'avanzare dell'età. Fatta di cuore, catturata nel vortice di nostalgia e dolore, sono un'ombra, ecco. La luna illumina la pietra che ho davanti. La mia ombra ricade sulla pietra. Questo è un sogno, nn esiste la pietra, non esisto io, esiste soltanto l'ombra. Stringo nelle mani l'ombra del mazzuolo, faccio in modo che atterri sull'ombra dello scalpello. (p. 161)
Dal 1984 si va avanti e indietro nel tempo: torniamo al 1939, quando Avdo non era che un bambino apprendista di un altro maestro intagliatore, oppure nel 1958, l'anno in cui Avdo ed Elif si sono conosciuti, e anche nel 1965, al Gazino Paris, un locale alla moda di Beyoğlu in cui la star principale è proprio Perihan Sultan, la sorella di Elif e mamma di Reyhan. 
Dunque non seguiamo solo le vicende di Avdo, ma anche quelle dei personaggi importantissimi che si legano alla sua storia. La prima parte del libro abbraccia un periodo di tempo che va dal 1939 al 1985, la seconda dal 1968 al 1973 e la terza dilata ancora di più l'arco temporale, portandoci indietro al 1938 e avanti al 2002. Inoltre, all'interno di ogni parte, ci sono salti anche nei secoli precedenti, piccole finestre che servono a contestualizzare alcuni particolari sia della vita di Avdo che della situazione politica della Turchia a quei tempi.

Proprio la questione politica è il nodo che permette ad Avdo e Reyhan di conoscersi: braccata dalla polizia per un fantomatico reato contro lo Stato, Reyhan non ha altro luogo per nascondersi che quel cimitero.
Insieme a lei, vengono altri ospiti nella baracca di Avdo: il poliziotto Capo Cobra, aguzzino (vedremo poi in che modo) di Reyhan, il Marinaio Biondo, affascinatissimo lupo di mare innamorato di una donna veneziana, l'imam Muhittin, e tutte le anime del cimitero, le cui voci Avdo può sentire: è così che intaglia le loro lapidi, ascoltando le loro suppliche.
Mentre sottoterra le anime discendevano in un universo privo di peccato, continuavano a tendere l'orecchio alla terra, nella speranza di far ritorno al mondo. La sera si lamentavano e gemevano come condannati appena finiti in prigione. Poiché si erano convinte che alla loro morte avrebbero visto Dio, scongiuravano quel Dio che non voleva saperne di venire e, a forza di attendere, finivano per credere che forse non erano davvero morte; forse per quello che Dio non veniva, forse erano finite in un incubo e si sarebbero svegliate da lì a poco. (p. 311)
A questo si riferisce il titolo: alla pietra che serve per le lapidi e all'ombra sotto di essa nascosta. Ugualmente Avdo sembra fatto di quella stessa pietra e di quella stessa ombra, senza mai arrendersi alle avversità della vita, ma abbracciandole e aiutando gli altri come può.
L'inizio e la fine del libro si congiungono in modo circolare grazie a un diario, appartenuto all'Uomo dai Sette Nomi: Avdo non sa chi sia (non lo sa davvero?) e per poterne intagliare la lapide sa che deve leggerlo. 

Semplificare in poche parole una storia così consistente non è facile: all'interno della vita di Avdo troviamo tutto ciò che è importante, l'amore, la sconfitta, la perdita, la speranza. Allo stesso modo, anche nelle vite di Elif, di sua sorella Perihan Sultan, di Reyhan, scopriamo pietre e ombre, metafore della durezza dell'esistenza e delle disgrazie che possono capitare. Ma il personaggio di Avdo, che per se stesso desidera solo una sepoltura accanto alla sua amata, rappresenta proprio la speranza, la salvezza da quelle ombre. 

La scrittura di Sönmez è scorrevole, sapiente: nonostante le tante linee temporali e le vite intrecciate, sa evitare la confusione, svelando poco a poco le trame dei legami e i misteri che riguardano i personaggi. Lo stile è elegante ma senza inutili barocchismi. Alla voce di Avdo, che pure è un uomo sostanzialmente non istruito, regala una poeticità commovente.
In realtà, tutto il romanzo è estremamente poetico: dall'immersione in una Turchia sconosciuta, ribelle, scarica di cliché al romanticismo per un amore mai vissuto, quello che in inglese viene definito come "unfullfilled love", ovvero amore "non riempito", "non soddisfatto", "inappagato".
Poetico anche se "infestato" da fantasmi del passato: insieme alla tematica dell'amore e della morte, l'autore approfondisce anche quella del ricordo incancellabile, dell'amarezza di una vita vissuta guardando indietro e non avanti. Avdo e Reyhan, legati non dal sangue ma dall'affetto, verranno influenzati dal destino di quelli prima di loro.
Ecco, il destino, altro tema portante del libro: chi è che decide il percorso da seguire? Avdo se lo domanda osservando le pietre che scolpirà per le lapidi, pensando e ripensando alla sua Elif; se lo domanda anche Reyhan, che voleva solo studiare ed essere una ragazza normale; se chiede la stessa Elif, che sceglie di seguire un cammino difficile in nome della libertà; e sua sorella Perihan Sultan, il Marinario Biondo, il maestro di Avdo, Josef Usta, il misterioso Uomo dai Sette Nomi nel suo diario, persino le anime dei morti.
Ne consiglio la lettura a chi ha amato già i romanzi di Sönmez, come Istanbul Istanbul, Nord e Labirinto, tutti editi da Nottetempo, oppure a chi ha letto i libri di Orhan Pamuk, Elif Shafak e, perché no, anche di Ferzan Özpetek.

Deborah D'Addetta