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Milan Kundera, lo scrittore che temeva il mondo gli rubasse l'anima: "nome in codice Elitár I" di Ariane Chemin

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Nome in codice: Elitár I
Sulle tracce di Milan Kundera 
di Ariane Chemin
NR Edizioni, 2023

Traduzione di Francesco Maselli

pp. 145
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


"Lei è comunista, signor Kundera?".
"No, sono un romanziere".
"È un dissidente?".
"No, sono un romanziere".
"È di sinistra o di destra?".
"Né l'uno, né l'altro. Sono un romanziere". (p. 98)

Molti lettori potrebbero non sapere che Elitár I per un certo periodo di tempo è stato un altro nome di Milan Kundera. Non è uno pseudonimo letterario o un vezzo derivante da un personaggio di una sua opera: è il nome in codice che la StB, la polizia segreta cecoslovacca, ha dato allo scrittore nel periodo in cui sorvegliava quotidianamente lui e la moglie Vera Hrabanková. I verbali che parlano di loro sono ancora oggi consultabili presso l'Istituto per lo studio dei regimi totalitari di Praga. Si tratta di oltre duemila pagine di vita. Di questo (e non solo) parla Nome in codice: Elitár I di Ariane Chemin, giornalista e scrittrice francese che da molti anni lavora a Le Monde e che, da sempre affascinata dalla figura dello scrittore ceco, ha deciso di dedicargli un libro che è insieme un ritratto, una rievocazione biografica e un reportage. Al di là dei perimetri di genere, è un volume che ripercorre i punti essenziali della vita e della fortuna letteraria di Kundera, tra i veri e propri autori simbolo del Novecento europeo, attraverso le tappe di una formazione umana complessa come un prisma che filtra la luce separandola in mille diverse facce. 

Chemin, come recita il sottotitolo, si mette alla ricerca delle tracce di Kundera perché l'autore da decenni si è ritirato in un programmatico silenzio che lo vede lontano dalle scene pubbliche, dai clamori delle interviste, da fotografie e video rubati. Con quello che sembra come lo sforzo di cancellarsi dalla realtà del mondo, Kundera ha deciso fermamente di vivere nei libri che ha scritto, dei quali nel tempo ha ripreso paternità e controllo, in seguito a una storia editoriale travagliata e sospesa tra due mondi. 
Nome in codice: Elitár I racconta quella di Milan e Vera come una storia di confini d'identità in cui la definizione di un io privato e di un io pubblico passa attraverso particolari prove e prese di coscienza.
Il rapporto travagliato dello scrittore con il Partito Comunista, la revoca della cittadinanza cecoslovacca, il divieto imposto alle sue opere letterarie nel paese natale, il viaggio in Francia e l'accoglienza di una nuova patria (non senza i segni di una sofferenza interiore) sono alcune tappe del viaggio delle loro esistenze, intrecciate alla radice come rami di una stessa pianta. In mezzo sta la letteratura come processo per sua natura anti-ideologico che disvela il nascosto e attinge al senso intimo delle cose, abilitando la scoperta di nuovi territori. 

Con Vera Hrabanková Ariane Chemin ha conversato, è grazie a lei che ha avuto modo di comprendere meglio il processo di sparizione di un uomo le cui parole vengono condivise dappertutto ma che non si mostra più. Nell'introspezione massima dei suoi ultimi anni di vita parigina e di scrittura - in certi casi più di riscrittura e auto-traduzione - sta il senso di una ricerca umana che appare quanto di più distante dall'attitudine contemporanea al mostrarsi per farsi mangiare dallo sguardo altrui. Un costante lavoro di sottrazione anziché di aggiunta.
Non solo con Vera Chemin ha dialogato per accostarsi con rispetto a Kundera. Nel libro ci sono anche le voci di chi l'ha letto, conosciuto, editato, studiato. Incontrate in luoghi diversi e testimoni di anni lontani e vicini, si uniscono a comporre un ritratto che non ha nulla di voyeuristico o morboso. 
Nome in codice: Elitár I non è un libro che vuole indagare la vita e la vicenda politica di Kundera ma piuttosto vuole avvicinarci all'essenza più profonda della sua figura. 

Viene tanto esplorato anche il tema del legame tra l'opera e il suo autore come laccio di appartenenza intrecciato all'identità. Commuove immaginare lo scrittore impegnato in quella "grande campagna di riscrittura" degli anni Novanta che lo ha portato a rivedere le versioni tradotte dei suoi libri per imprimere loro un sigillo, disambiguarle nello stile e soprattutto nelle volontà. 
O anche immaginarlo pensoso, in bilico tra ceco e francese, le due lingue della sua storia.
Mentre tutto questo accade le polizie segrete distruggono delle vite, i blocchi contrapposti separano il mondo per poi crollare, i presidenti cambiano, nuovi movimenti politici e d'opinione sorgono. Nel grande trambusto del mondo Milan e Vera come "anime sorelle" si avvolgono sempre più l'una sull'altra fino a scegliere un solo destino: "vivere e morire incatenate". 

La parola chiave che userei per descrivere questo libro è intimità.
L'intimità della conversazione discreta condotta da Chemin, quella del chiuso di una stanza in cui si scrive o di un'aula universitaria in cui si insegna letteratura. L'intimità di una coppia innamorata e delle scelte condivise da cinquant'anni. L'intimità che si crea tra un lettore e l'autore che ama. 
Siamo invitati a sbirciare dentro la vita di un uomo senza invaderne lo spazio più privato, a sentirci anche noi un po' persi tra i mondi e i linguaggi. Siamo nell'intimità di un sogno e dei suoi fantasmi


Claudia Consoli