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Poesie senza poesie: "Razos" di Lello Voce, un libro che si impara ad amare col tempo

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Razos
di Lello Voce
La Nave di Teseo, ottobre 2022

pp. 112
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Devo ammetterlo: con questo libro non c'è stato il colpo di fulmine. Anzi, a dirla tutta, all'inizio non l'ho proprio capito. L'ho preso e lasciato, poi ripreso, poi rilasciato, in un balletto frustrante che mi ha anche un po' stizzita. Quello che non mi era chiaro non era solamente l'intento dell'autore, ma anche il perché di quella forma "spezzettata", di quel contenuto senza contenuto.
Ora, io non sono assolutamente un'esperta di poesia, tutto ciò che so di essa viene da poeti sudamericani e dalle mie letture scolastiche di quelli italiani (per cui, nozioni insufficienti). Però mi piace leggerla, mi piace cercare di decifrarla e sulla carta, questo libro di "poesie" di Lello Voce, edito da La Nave di Teseo, mi aveva intrigata.
L'Enciclopedia Dantesca di Treccani ci dice che le razos sono "brevi introduzioni che, in alcuni canzonieri provenzali, erano premesse al testo di poesie trobadoriche al fine di chiarirne il contenuto, di esporre gli eventi che avevano dato occasione alla composizione o indicare l'identità dei personaggi ai quali l'autore alludeva nel contesto".
Dunque, se un libro di poesie viene intitolato "Razos" è piuttosto chiaro il contenuto, no? Il fatto è però che nel libro le poesie non ci sono. O meglio: nella prima parte, Voce ci presenta solamente le spiegazioni, ovvero ciò di cui queste poesie inesistenti parlano, e nell'appendice ci regala diciassette madrigali muti.
Quando ho capito questo, ovvero che è il lettore a dover diventare poeta, è stato tutto più chiaro e l'illuminazione è arrivata.
Sarà tuttavia i quell'istante che egli capirà che, anche prima di iniziare la lettura, il vero autore di questa poesia era lui. Che da lui dipendeva ogni scelta e che la sua apparente impotenza era soltanto la sua paura di smettere di essere un lettore e divenire infine un poeta. (p. 72)
Dunque le razos: ce ne sono diciassette, anche qui, e ognuna di essa introduce la poesia (che non esiste!), ci spiega come leggerla, come immaginarla, come affrontarla, perché ciascuna ha un proprio carattere e una propria natura. L'autore lascia emergere indicazioni, strategie, avvertimenti, ci parla delle sue poesie (che in alcuni casi non sono sue, hanno vita propria) come fossero esseri umani, con desideri, una coscienza e sentimenti, positivi e negativi.
Così ci saranno alcuni versi che andranno letti in piedi, altri da supini (p. 39) - Ovviamente se il lettore leggerà i versi di questa poesia nell'ordine in cui li ha messi l'autore, nulla accadrà, ma se, per caso o per scelta, egli dovesse mescolarli e variare l'ordine delle strofe, allora questa poesia si trasformerà in un'arma (p. 49) - É assolutamente necessario che il lettore di questa poesia sappia che, qualsiasi sia il libro in cui essa è contenuta, sarà necessario che esso sia riposto lontano da tutti gli altri (p. 53) - Esiste, però, un trucco per costringere questa frastornante poesia a farsi intellegibile ed è che il lettore inizi a sillabare con le labbra [...] (p. 62) 
Per fare un paragone aulico, è come se ci fosse la parafrasi alle terzine della Divina Commedia di Dante, ma non ci fossero, fisicamente, le terzine. Allora, ad esempio, grazie all'interpretazione esplicativa di Voce incontriamo diversi tipi di poesie: poesie invisibili, poesie a forma di crateri, elettriche, cieche, poesie a forma di corpi, orfane, pericolose, malate e contagiose, rumorose, imprigionate, marine, esauste. Presentano caratteri, intenzioni, persino forme completamente diverse e sta al lettore immaginarsele e perché no, trascriverle. Perché credo che una delle intenzioni dell'autore sia proprio questa: spingere chi legge a trasmutare le parole e a rendere vere. 
I madrigali finali invece, composte classicamente da due terzine e un ritornello, presentano il ritmo aa/a per le terzine e b per il ritornello, altre seguono .lo schema ABC CBA DD, ma sono tutte accomunate dallo stesso intento delle razos, ma al contrario: qui abbiamo le parole, ma non la parafrasi, quindi sta al lettore decifrarne il senso. 
Lo ritengo un libro non facile, e non perché la scrittura sia complicata, ma perché ogni lettore ha bisogno di trovare la sua strada per capirlo, per pescare il bandolo della matassa. Io ci ho messo un po', ma alla fine mi è anche piaciuto e ho apprezzato il coraggio di proporre qualcosa di originale e modernissimo, ma al tempo stesso affondato nella "letteratura" trobadorica medievale.

Deborah D'Addetta